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19/11/2010 11:30 CEST - LA PROVOCAZIONE

E se ci fosse il Masters degli altri?

TENNIS - Un gioco, nient'altro che un gioco: un Masters ad inviti in cui non contano le classifiche e i risultati ma le emozioni che giocatori di regola sconfitti e destinati alle file secondarie della griglia hanno saputo dare. Questi sono i miei otto... Le convocazioni sono aperte, voi chi avreste selezionato? Per non dimenticare che il tennis vive soprattutto di emozioni. Gianluca Comuniello

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Otto giocatori si dividono le luci dell'atto finale della stagione atp. Altri sono in giro per il mondo a raccogliere gli ultimi punti e spiccioli nei circuiti minori. Altri ancora sono in vacanza. Ma l'attenzione è tutta concentrata sugli otto primi della classe. Quelli che, a rigor di classifica, hanno giocato meglio. Ma siamo sicuri che siano loro che hanno dato un significato a questa stagione?

Intendiamoci: Nadal ha scolpito la stagione con un'impresa inedita nel tennis moderno, quella di vincere 3 slam di fila nello stesso anno solare. Federer ha sempre e comunque fatto notizia, per la scintillante vittoria australiana, per i balbettii di primavera, per le serie record interrotte e per il ritorno prepotente con un nuovo coach. Djokovic si giocherà la coppa Davis, la prima della Serbia ed ha dimostrato di poter tornare ad una finale Slam. Tutti e otto hanno qualcosa per cui quest'anno per loro non può essere catalogato come “another day at the office”.
Ma ci sono altri giocatori che hanno dato colore a questa stagione, che non avranno nessuno passarella finale ma le cui imprese hanno riempito i mesi di tennis. E allora ho provato ad individuarne otto, di questi “diversamente campioni” per costruire una specie di “master degli altri” non basato sulla classifica ma sulle sensazioni. Questi sono i miei otto, ma voi potete cambiarne qualcuno. O addirittura tutti. Il gioco è bello proprio perchè non ha statistiche oggettive a cui aggrapparsi. Eccoli, quindi, i “Diversamente Campioni” del 2010

Jurgen Melzer. Paris è sempre Paris. A volte c'è qualcosa nell'aria, nei monumenti, nella gente, che ti spinge ad essere migliore. E' quello che è successo a Jurgen Melzer, una carriera da talentuoso senza successo. Come Robert Horry al tempo dei Los Angeles Lakers sentiva l'aria di maggio e improvvisamente si accendeva, così per il tennista austriaco è stata l'aria di maggio parigina a fare il miracolo. Da meteora abituata ai terzi turni Slam, grazie alla simpatica collaborazione di Novak Djokovic, si trasforma in credibile semifinalista al Roland Garros. Vince in rimonta con il serbo, si fa picchiare ma non macellare da Nadal in semifinale. Passa ad un altro livello. Si innamora di Petzschner e il loro amore (tennistico, per carità) sfocia nella vittoria del torneo di doppio di Wimbledon. Regala lampi in giro per il mondo e poi a Shangai batte per la prima volta in carriera il numero uno del mondo. Bastonandolo, senza tante storie. Poi si scioglie il giorno dopo, ma che tennis che sa regalare l'ispettore Melzer (autocit.)

Gael Monfils. Fra un infortunio e l'altro, fra un'acrobazia e una castroneria, la stagione del francese di gomma stava passando abbastanza in sordina. Un quarto a New York, poco altro. Poi, proprio sui titoli di coda, si inventa un sabato pomeriggio da raccontare ai nipoti nella sua Parigi. Paris, si sa, è sempre Paris. Cinque match point annullati a Roger Federer. Il tutto dopo esser stato sull'orlo del baratro contro Verdasco ed aver battuto Murray. Dopo una settimana così, ovvio che arrivi alla finale svuotato di tutto. Intendiamoci: il suo tennis stilisticamente è un cazzotto in un occhio. Però è come quei film brutti che ti fermi comunque a vedere, vergognandotene un po' e facendo fatica ad ammettere che ti divertono. Avrà l'occasione di vincere una Davis, ma Belgrado non è Parigi.

Mardy Fish. Mercoledì 17 novembre passerà alla storia come il giorno in cui l'UNESCO ha dichiarato la dieta mediterranea patrimonio dell'umanità. Presto toccherà anche al fish&chips, non temete. Fish senza chips pare che abbia molto apprezzato la decisione dell'organizzazione internazionale con sede a Parigi (perchè Paris, si sa... insomma avete capito). Lui ha scoperto la dieta mediterranea in ritardo, ma la sua preparazione atletica ne ha risentito immediatamente in maniera positiva, così come i suoi risultati. Ha anche quasi vinto un torneo 1000, facendo sudare Federer. E ha sopportato con stoica buona educazione tutta una serie di domande su cosa aveva mangiato il giorno prima. Ci vorrebbe un premio alla carriera solo per questo. Se continua a star concentrato a tavola, può essere protagonista anche l'anno prossimo.

Ivan Ljubicic. Vi ricordate l'inizio della primavera, quando i cosiddetti big sembravano non prenderne più mezza? Beh, ci ha pensato il buon vecchio Ljubo a darci qualcosa di cui stupirci e scrivere. Vince Indian Wells, lui che ai Master series aveva sempre trovato, quando era giovane e forte un Nadal o un Federer o addirittura un Berdych a sbarrargli la strada. Ci è riuscito nel 2010. Vecchio, ma ancora forte.

John Isner. Non ci sarebbe da aggiungere neanche il perchè. Mette insieme in una sola partita più aces di quanti Olivier Rochus ne ha fatti nell'intera carriera. Gioca una partita che dura più dell'intero torneo di Serena Williams. Una partita che dura tre giorni, una sorta di massimalismo tennistico riempito del tennis più minimale che si possa concepire. Dà l'idea di voler vomitare in campo e di essere nauseato dallo sport che gli dà da vivere. Tiene duro e vomita negli spogliatoi. Vince la partita e non si riprende più. Ma chi se ne frega: è stato uno spettacolo sia orrendo che bellissimo, quindi grazie.

Michel Llodra. Santo subito. Incanta alla Us Open, dopo un'estate di amabile cazzeggio con Federer nei 1000 americani. Raggiunge la sua miglior classifica. E poi arriva l'epifania di Parigi Bercy. Se si decidessero a fare dei campi veramente veloci, questo succederebbe. Che gente come Llodra potrebbe arrivare ad un passo dal paradiso. Che i tornei non sarebbero automaticamente dominio dei soliti quattro, perchè anche se ti chiami Federer su una superficie veloce ti può succedere di tutto. Il francese gioca un tennis che sembra quasi un altro sport, tanto non ci siamo più abituati. E diverte molto. A quei soloni che dicono che con le superfici veloci il tennis diventa una roba da tiro al piccione alla Karlovic. A quei soloni che dicono che Roddick-Soderling è stata una partita orrenda e che il tennis sul veloce rischia di diventare solo quello. A loro dedico Michel Llodra. E dico che posso sopportare anche qualche partita in cui piovono aces, se la ricompensa è un torneo come quello visto a Bercy. (Perchè Paris, si sa...) E mi accodo con entusiasmo alla petizione di Federico Ferrero per riavere campi veloci.

Ernst Gulbis. Convocato al master degli altri per poter avere l'occasone di picchiarlo selvaggiamente. Fa vedere ciò che potrebbe essere in un umido pomeriggio a Roma contro Federer. Da filo da torcere anche al gran visir spagnolo, il sabato successivo. Poi, complice un infortunio, perde la poesia e torna il solito scialacquatore con qualche lampo qua e là. Due meriti, ai miei occhi: un tennis che sa essere stellare. E la simpatica tendenza a perdere regolarmente da Gasquet.

Nicolas Mahut. Se c'è Isner, non può non esserci Mahut. The Unlucky Side of the Moon. Il lato B di una storia epica. Perde una partita che dura tre giorni. Si svuota di aces e risposte mancate. Gioca undici ore e cinque minuti e guadagna quanto una tennista che ha giocato 48 minuti, vedi un po' come sono sballati i tassametri alle volte. Pochi giorni dopo lo trovo al ristorante impegnato a mangiare pizza. Per quanta ne mangi, da l'idea che non riuscirà mai a recuperare i chili persi sul campo 18 di Wimbledon. E' l'attore non protagonista senza il quale un film non arriva all'Oscar. E' Kevin Spacey ne “I Soliti Sospetti”. E' Robin Williams in “Will Hunting- genio ribelle”. Colui senza il quale non c'è la storia. La sua estate è un lento e tutto sommato triste naufragare fra wild card mancate e sconfitte evitabili e domande su Isner. Poi si prende il challenger di Orleans, battendo Dimitrov. Orleans, a poche ore da Paris. Avrà sentito l'aria. Perchè si sa...

Gianluca Comuniello

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Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker