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22/12/2010 17:43 CEST - TENNIS E CALCIO

Così vicini ma così distanti

TENNIS - Calcio e tennis sono due sport agli antipodi: al contatto fisico in uno si contrappone la distanza tra i giocatori nell’altro, al dress code di Wimbledon fanno eco i tatuaggi esibiti durante (e dopo) le partite più importanti nel calcio. Eppure, nonostante le diversità, i due opposti sembrano almeno apparentemente attrarsi. Sarà tutto vero? Claudio Gilardelli

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“Credo che Maradona fosse più entusiasta di conoscere me di quanto lo fossi io di conoscere lui”. Un modo un po’ presuntuoso, forse lievemente irrispettoso, anche se sicuramente ironico, quello scelto da Roger Federer per salutare uno dei più grandi calciatori di tutti i tempi, Diego Armando Maradona. Teatro dell’episodio: l’ultimo Master a Londra, durante il quale Dieguito è stato praticamente in prima fila in tutti i match del torneo, per tutta la settimana. Un commento che è sembrato inopportuno a molti, soprattutto se si considera la provenienza (un re del tennis, dentro e fuori dal campo) e a chi era rivolto (un re di un altro sport, sicuramente in campo) ma che nasconde dietro l’irriverenza qualcosa di più: un amore non completamente ricambiato?
Nulla di scabroso, mi spiego subito meglio.
Che il calcio sia lo sport seguito dalla stragrande maggioranza della gente è risaputo, non lo svelo io ora. E che tra questi ci siano numerosi tennisti è cosa altrettanto nota. Fiumi di inchiostro sono stati spesi sulla passione per il calcio di Rafa Nadal, che ha, se vogliamo, il pallone, nel DNA, considerato lo zio ex giocatore del Barcellona, di Nole Djokovic, che sogna di giocare una partita nella Stella Rossa di Belgrado, o dello stesso Federer, che afferma di tifare per il Basel FC, di ammirare Zinedine Zidane e Francesco Totti. O, in campo femminile, della… Wozniacki! “Da piccola, a 7 anni, avevo iniziato a giocare seriamente a calcio, anche perché la Danimarca ha una buona nazionale. Avrei potuto fare la calciatrice, chissà… Mio padre è un ex calciatore del Boldklubben 1909, mio fratello Patrik gioca nel Bronshoj BK ma la mia squadra del cuore è il Liverpool e il mio giocatore preferito è Steven Gerrard. Io appena posso guardo le partite in tv e l'anno scorso sono andata a vedere i Los Angeles Galaxy e mi sono allenata con Beckham: è molto simpatico”.
Pochi però sospettano che il tennis sia praticamente il secondo sport di numerosi calciatori, ben di più di una passione, un amore autentico. E non solo alla Playstation, se è vero che esiste un torneo di tennis per calciatori di serie A organizzato a Milano Marittima.
“Mi è sempre piaciuto, ma da autodidatta. Se vado a rete? No, anche se mi piacerebbe. Diciamo che se il più scarso dei professionisti giocasse con la mano sbagliata forse giocherebbe come me. Di mio ci metto molta corsa, e molto divertimento” confessò Alex Del Piero durante lo spareggio di Davis Italia-Svizzera a Genova dell’anno scorso, quando, come un tifoso qualsiasi, corse in Liguria per ammirare e incontrare il suo idolo tennistico, il campione che nella sua autobiografia ha inserito tra i dieci atleti più apprezzati, Roger Federer. Amato al tal punto da dire, tra il serio e il faceto: “Roger l'ho scoperto io al torneo di Milano, nel 2001. Io sono cresciuto guardando l'ultimo McEnroe, e Noah che mi piaceva molto, ma Roger ha sempre impressionato per la facilità, la naturalezza con cui gioca, la semplicità con cui esegue tutti i colpi. Un fuoriclasse completo. E poi è un ragazzo piacevolissimo”.
Ma le dimostrazioni di affetto sono innumerevoli: Thierry Henry che fa capolino tra il pubblico durante la finale tra Federer e Nadal al Master di Londra, calciatori affermati come Figo, Batistuta, Panucci, Cambiasso, Totti, e Perrotta che fanno a gara per incontrare Roger sono solo alcuni esempi. E proprio Totti, habitué degli Internazionali d'Italia a Roma insieme alla moglie Ilary Blasi, fu protagonista di un divertente quanto esplicativo siparietto: vedendo passare vicino Perrotta mentre chiacchierava con Federer gli gridò “Aho, vieni qua che ce sta uno che sa giocà a tennis un po' mejo de te”.

Per contro, accanto alle foto dello scorso anno di Nadal con la Coppa del Mondo vinta dalla Spagna che hanno fatto il giro del globo, abbiamo recenti dichiarazioni à la Federer di Nole Djokovic, ancora nei confronti dell’ex Pibe de Oro: “quando ho visto arrivare Maradona alla metà del primo set (il match è quello di round robin contro Berdych alle Finals di Londra, ndr) mi sono chiesto se dovevo giocare con le gambe o con le mani”, alludendo alla famigerata “mano de Dios”.
E ancora: “Maradona è il mio nuovo coach. Stiamo lavorando sui dettagli, tipo come colpire la pallina con la mano”. Insomma, essere ricordati per uno dei più clamorosi furti della storia del calcio non è proprio una dimostrazione di stima.
Stima del tutto persa invece dal nostro Starace, quando, nel 2008, durante i quarti dell’ATP di Buenos Aires, fu letteralmente coperto di insulti dall’ex CT della nazionale Argentina, solo perché stava vincendo contro l’idolo di casa David Nalbandian. “Lo stadio era strapieno – raccontò Potito a una nota radio napoletana all’epoca del fattaccio – e sugli spalti c’era anche Maradona, molto amico del tennista argentino. Mi ha insultato appena è iniziato il match e c’è voluto l’intervento dell’arbitro per farlo smettere. Sono sempre stato un tifosissimo del Napoli e di Maradona, addirittura prima del match avevo detto ai giornalisti che mi avrebbe fatto piacere incontrarlo. Ma Maradona per un set e mezzo mi ha riempito di insulti, poi quando ho perso il secondo set ero troppo arrabbiato. Già prima della partita l’arbitro si era accorto delle sue intemperanze, chiedendomi se volevo che lo facessi allontanare, ma io ho lasciato stare. Poi con i suoi reiterati insulti, di cui molti impronunciabili, Diego mi ha fatto perdere la testa, sono andato dal giudice di sedia e gli ho detto: o lo sbatti fuori o vado da lui e gli tiro una racchettata nei denti”.
Ovviamente “sono rimasto delusissimo dal suo comportamento: ho provato un’amarezza allucinante, pazzesca. So che a fine partita è sceso negli spogliatoi, ma ero già andato via perché la rabbia era tanta”.

Ma quali sono le ragioni di un amore? Come si fa a spiegare una passione? Semplice: non è possibile. Si può provare però a ipotizzare delle motivazioni, senza avere la presunzione di elevarle a verità.
Si potrebbe dire, ad esempio, che, fatte salve alcune eccezioni, la passione per il calcio dei tennisti (come anche di alcuni di noi) non nasce da una vera e propria scelta ma sovente ce la si ritrova cucita addosso, alla stregua di una eredità che spesso segue una linea genealogica paterna e che in fondo non senti del tutto tua. Che, più in generale, il calcio non è uno sport ma un aspetto quasi quotidiano della vita: se ci sono alcuni che lo abbracciano come una fede, una religione (alle quali frequentemente e non a caso è paragonato), ce ne sono però molti altri ne stanno a distanza “di sicurezza”, ma tutti, chi più chi meno, prima o poi ci devono fare i conti. È forse banale dirlo ma chi da piccolo non ha mai tirato calci a un pallone semplicemente per stare con gli amici? Chi non si è mai scaldato o entusiasmato davanti a una partita importante della nazionale? E forse per questa seconda categoria di persone, mettere in discussione questo sport e i suoi protagonisti è più semplice. Anzi a volte è quasi automatico: come è possibile non farlo quando è all’ordine del giorno vedere giocatori che si buttano a terra appena sfiorati nel tentativo (imbrogliando) di ottenere un calcio di rigore? E constatare che tutto ciò è tollerato? Davvero non un esempio di sportività.
Per quanto ci siano scorrettezze anche nel nostro sport, mai Nadal o Federer o lo stesso Djokovic, spesso tacciato di “simulare”, metterebbero in scena sceneggiate da area di rigore.
Per i calciatori invece non è così: il tennis è una scelta fatta con consapevolezza. Loro ammirano davvero Federer, Nadal o Murray. Ne apprezzano, come tutti noi, la sportività, certo, (una compensazione?) e le qualità e le caratteriste individuali che rendono ciascuno di loro personaggi unici e ben delineati. L’essere sport individuale, poi, amplifica l’eco delle loro imprese: non dividono gioie e dolori con nessuno, sono responsabile in prima persona dei successi o delle sconfitte, e, consentitemi un’altra piccola provocazione, in ultima analisi la loro ricchezza, seppur eccesiva, è proporzionale a meriti reali espressi in campo.
Infine - ultima provocazione - l’aura di sport d’élite che, a ragione o a torto, il tennis possiede ha presa su una categoria di persone che tentano di affrancarsi da un’immagine non proprio elegante?
E voi che ne pensate?

Per concludere, una curiosità. Se non si conoscono tennisti che si sono convertiti al calcio, si sa di un calciatore almeno che poi si è dato al tennis: è Giovanni Balbi di Robecco, un nobile genovese che negli anni ’20, dopo una breve carriera calcistica come portiere e poi ala destra con il Genoa, si dedicò al tennis, entrando nel Tennis Club Genova 1893. Da tennista vinse nove titoli italiani, quattro in singolare e cinque in doppio, i campionati italiani assoluti di tennis in singolare nel 1914, 1921, 1926 e 1927 e in doppio nel 1914, 1920, 1921, 1922 e 1926. Nel 1914 vinse anche il Torneo Internazionale di Napoli, partecipò, con due presenze, alla Coppa Davis e alle Olimpiadi di Anversa 1920, non vincendo però alcuna medaglia.

Claudio Gilardelli

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Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker