26/12/2010 20:54 CEST - Profili
La Stosur prepara l'assalto al vertice
TENNIS - Dopo un 2010 terminato a ridosso delle top 5, l’australiana ha l’obiettivo di salire ancora nel ranking. I pregi e i limiti di Sam, il botta e risposta con Newcombe sul suo rovescio, il ricordo della finale persa a Parigi contro la Schiavone: «Nessun rimpianto, quel giorno Francesca giocò alla grande». A Melbourne potrebbe arrivare anche come testa di serie numero 4. È pronta per uno Slam? Mauro Cappiello
Dove può arrivare Samantha Stosur? Dopo il primo anno chiuso tra le top ten con una finale Slam e le migliori soddisfazioni di una carriera da singolarista forse iniziata sul serio troppo tardi, è lecito che l’unica stella del tennis australiano alzi ancora un po’ l’asticella o i risultati fin qui ottenuti hanno già premiato i suoi sforzi più del dovuto? La 26enne di Brisbane propende per la prima ipotesi e prepara il 2011 sotto il sole australiano con il pallino di portare a casa la sua prima vittoria in un Major. E non è detto che non possa riuscirci in un Australian Open in cui forse è giusto annoverarla tra le favorite, visto che le due giocatrici più forti dell’ultimo decennio, Serena Williams e Justine Henin, saranno una assente e l’altra all’ennesimo rientro.
Del resto Sam ha già dimostrato di poter battere anche loro all’ultimo Roland Garros, dove le ha messe in riga negli ottavi (la belga) e nei quarti (l’americana) prima di annichilire la Jankovic in semi e di arrendersi solo allo stato di grazia di Francesca Schiavone all’atto conclusivo. Avrebbe meritato il premio della critica, Samantha, per la qualità del tennis espresso in quelle due settimane, se solo questo premio fosse esistito. Pochi giorni fa la sua straordinaria cavalcata parigina le è valsa la consegna della prima Medaglia Newcombe, che da quest’anno viene assegnata al miglior tennista australiano della stagione (e la concorrenza non era poi così aspra in un Paese dalla grande tradizione, ma dal disastrato presente). Ora, però, l’unica giocatrice capace di battere entrambe le numero 1 del 2010 è stanca di riconoscimenti platonici o poco significativi: vuole collocarsi stabilmente tra le big, rimpolpando un po’ il suo palmarès, che al momento conta appena due titoli Wta.
È stato proprio John Newcombe, il vincitore di 26 titoli del Grande Slam tra singolare, doppio e doppio misto, a pungolare la Stosur in questa off-season: «Penso che potrebbe puntare anche al numero uno se solo riuscisse a migliorare il rovescio – ha dichiarato il grande australiano proprio poco prima di consegnare a Samantha il premio intitolato a suo nome –. Darei al suo rovescio un 6,5, ma se riuscisse a portare questa valutazione a un 7,5/8, potrebbe arrivare al vertice della classifica». Forse il rating di Newcombe è addirittura generoso per quel colpo della Stosur, una vera macchia in un arsenale che punta soprattutto sul dritto letale e sul migliore servizio kick del circuito. La versione slice del rovescio, poi, è addirittura brutta da vedere, ancor prima che inefficace, nonostante Samantha ci abbia lavorato molto soprattutto a fine 2009, adottando come modello nientemeno che l’ex re di Flushing Meadows Pat Rafter.
La risposta della numero sei del mondo alle critiche costruttive del grande campione suo connazionale, però, non è stata, per così dire, delle più accomodanti: «Certo che posso migliorare il rovescio, ma se vinco dei match è per i miei punti di forza, non certo perché i miei punti deboli migliorano del 5 per cento», ha detto al quotidiano australiano “Herald”, dopo una sessione di allenamento a Sydney.
Una teoria vecchia quanto il tennis, o forse quanto lo sport: non sprecare tempo sulle tue debolezze, ma perfeziona quei lati del tuo gioco già baciati dal talento e dalla predisposizione. Del resto, non è forse vero che, nell’ossessione di migliorare il rovescio, Andy Roddick abbia perso incisività sul dritto, diventando un giocatore più completo, ma anche meno efficace? Chissà che non sia proprio l’esempio dell’americano a rendere scettica Samantha sulla possibilità che il completamento del suo repertorio da fondocampo possa trasformarla in una tennista migliore.
Quel che è certo è che questa visione le viene proprio dal suo coach, quel Dave Taylor capitano anche del team australiano di Fed Cup che affronterà le nostre ragazze a febbraio. È stato lui a iniziare, tre anni fa, la conversione che avrebbe portato Samantha al numero 5 in singolare, dopo una prima carriera che le aveva dato soddisfazioni soprattutto in doppio. Un processo iniziato con una rivelazione: «Hai un dritto come quello di Steffi Graf ed è ora che tu inizi a farlo fruttare». «Sam pensava di dover giocare sempre il rovescio incrociato per poter battere le migliori – ricorda Taylor –. Io, invece, le ho detto: “Giocalo lungolinea o nel centro del campo, in modo che le tue avversarie ti facciano colpire più dritti”. È una cosa così semplice che mi stupisce nessuno gliel’abbia detta prima. La Graf ci ha costruito sopra una carriera…».
Sam si fida ciecamente del suo coach, col quale ha iniziato a lavorare in un momento particolarmente difficile della sua carriera. A inizio 2008 stava ancora recuperando dalla sindrome di Lyme, una malattia originata dal morso di una zecca, che le aveva fatto perdere la seconda metà della stagione precedente e l’aveva fatta precipitare nel ranking. Taylor è l’artefice della sua resurrezione, che però sarebbe stata impossibile senza la grande forza di volontà della sua allieva. Una vera dura, che ha saputo migliorarsi costantemente attraverso tanto sudore e fatica.
La corsa verso il vertice passa, però, anche da un altro tipo di miglioramento, quello nella gestione mentale del match: a dispetto del suo fisico muscolare e della sua ostinazione, Sam ha spesso tremato in passato quando si è trattato di chiudere i match importanti. Lo abbiamo visto anche quest’anno, nella sua stagione migliore, quando alcune partite le ha proprio gettate al vento. Una su tutte, quella nei quarti di finale degli US Open contro Kim Clijsters, contro la quale era stata tre volte in vantaggio di un break nel set decisivo, senza però mai riuscire a tenere il servizio. E che dire della finale di Parigi, dove è stata di certo lei a patire maggiormente il peso della pressione? Su quel match, però, Samantha non ha grossi rimpianti: «Non c’è molto che possa rimproverarmi in quella finale del Roland Garros. Sono soddisfatta del modo in cui ho preparato il match e ho provato a giocarlo. Francesca mi ha respinto e ha giocato una gran partita. Io mi sono presa una piccola rivincita battendola a Doha. È sempre una dura avversaria».
Ora la numero 1 australiana guarda con fiducia al primo Slam dell’anno, dove spera di essere la prima giocatrice di casa a sollevare il trofeo dal 1978, quando ci riuscì Chris O’Neil. «Di certo ho il vantaggio di essere una delle poche tenniste che al momento si stanno allenando nelle condizioni in cui si giocherà il torneo. Non è facile per le europee che hanno affrontato l’inverno o si sono allenate da qualche altra parte. Devono fare un lungo viaggio per arrivare qui e hanno poca preparazione alle spalle per i primissimi tornei della nuova stagione. Spero che questo mi metta in una buona posizione». A Melbourne Sam arriverà almeno come testa di serie numero 5, data l’assenza della minore delle sorelle Williams, ma non è detto che, prima della compilazione del tabellone, non riesca anche a superare Venus, dalla quale dista appena tre punti in classifica. Teniamola d’occhio.
Mauro Cappiello
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Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker