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28/12/2010 22:42 CEST - TENNIS E SOLIDARIETA'

I tennisti sono i più generosi?

TENNIS – Le fondazioni promosse dai tennisti sono davvero innumerevoli, soprattutto se confrontate alle poche iniziative benefiche sostenute dai campioni di altri sport. All’opinione che siano solo degli stratagemmi per accedere a agevolazioni fiscali, c’è chi ribatte che ci siano motivazioni ben più profonde e nobili. Qual è la verità? Noi proviamo a dare una risposta. Claudio Gilardelli

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Quasi due milioni di euro raccolti nella sola sfida di Zurigo tra Federer e Nadal. Altrettanti nella rivincita di Madrid del giorno dopo. Ai quali si aggiungono i 750 mila dollari in donazioni della serata di gala del 5 dicembre scorso organizzata dalla Andy Roddick Foundation.
Non proprio bruscolini.
Già questi dati da soli dovrebbero far svanire i dubbi sulla bontà delle Fondazioni benefiche.
Tuttavia c’è ancora qualcuno che crede che siano solo dei mezzi utilizzati per usufruire di agevolazioni fiscali e che non facciano davvero sul serio. Ma è davvero così o semplicemente i tennisti hanno un grande senso della solidarietà?

 

Fondazioni e tasse
Precisiamo subito un punto: che ci siano delle agevolazioni fiscali per chi decida di costituire una fondazione è indubbio. Che queste siano così vantaggiose è tutto un altro discorso. In Italia, ad esempio, le possibilità sono due: si può detrarre dall’imposta sul reddito il 19% della somma devoluta ma esiste un tetto massimo di circa 2 mila euro. Facendo due conti, su 100 mila euro ipotetici donati non ne ritornano indietro 19 mila ma, appunto, solo 2 mila. In alternativa si può optare per la deduzione dal reddito: “la quota deducibile – spiega l’avvocato Nicola Ferrante, esperto in enti no profit ( http://www.associazioni.avvocatoferrante.it ) – è nell’ordine del 10-15%” del reddito del donatore. Ad esempio, per un reddito ipotetico di 100 mila euro all’anno, nel caso di una donazione cospicua, si scalano 10-15 mila euro e le tasse saranno calcolate su un ‘capitale’ di 90-85 mila euro. In questo caso però, la detrazione massima consentita per legge è fissata a 70 mila euro.
È chiaro che, almeno per quanto riguarda la legislazione italiana, per personaggi con redditi che si aggirano intorno a i milioni di euro, il vantaggio è davvero minimo e esistono di certo strategie migliori che permettano una maggior detrazione fiscale e in ultima analisi un maggior risparmio. Non a caso moltissimi sportivi (non solo giocatori di tennis) preferiscono abitare a Montecarlo o in altri paradisi fiscali, come la Svizzera, dove – è storia dei nostri giorni – anche il francese Gael Monfils sta pensando di trasferire la residenza.
Inoltre, “il denaro messo a disposizione dal giocatore per creare la fondazione è a tutti gli effetti una somma ‘a perdere’ in quanto entra a far parte del patrimonio dell’ente che è diverso dal quello del fondatore”, chiarisce Ferrante. E tale capitale deve essere “destinato e strettamente vincolato al conseguimento di uno scopo preciso, di pubblica utilità: quello che anima la fondazione stessa, creata infatti per perseguire fini di interesse comune”.
Se a questo si aggiunge che il fondatore non può partecipare direttamente alla gestione dell'ente, che sarà invece delegata ad amministratori di fiducia, si capisce che ci devono essere davvero motivazioni più profonde del vile denaro alla base della decisione di creare un ente di beneficenza. E ci permette di comprendere anche un altro aspetto a prima vista curioso: il motivo per cui la maggior parte delle fondazioni siano in mano a genitori o parenti stretti del fondatore. Se decideste di impegnare una grossa cifra di denaro in una fondazione (per legge deve essere adeguato al perseguimento dello scopo della stessa) senza avere la possibilità dell’ultima parola sulla sua gestione, non preferireste anche voi che a capo di questo ipotetico ente ci sia una persona di cui vi possiate fidare ciecamente piuttosto che uno sconosciuto, seppur molto qualificato?
Infine, “va precisato che esistono fondazioni che non sono mere ‘camere’ di raccolta e distribuzione di donazioni a terzi ma che sono impegnate nella ricerca e nella creazione di fondi anche attraverso imprese originate e controllate dalla fondazione stessa. In questo caso, le imprese collegate all’ente non sono soggette ad alcun tipo di agevolazione fiscale, mentre i loro utili, che vanno solo e soltanto alla fondazione e non al fondatore, non sono tassati” conclude Ferrante.
E all’estero? Le regole sono ovviamente diverse da paese a paese. Ma, senza entrare nei dettagli delle legislazioni fiscali, possiamo dire che, ad esempio, “il mondo anglosassone è avanti anni luce rispetto all’Italia: basti dire, ad esempio,che la Fondazione Rockefeller, una delle più importanti e antiche, ha una storia di quasi cento anni alle spalle. Per gli anglosassoni è soprattutto un dovere morale reinvestire per la società parte della ricchezza accumulata. Aspetto poi non secondario è il ritorno in termini di immagine e di pubblicità e la possibilità, tramite le fondazioni, di avvicinare e entrare in contatto con istituzioni, imprese e altri enti e associazioni. È chiaro che le eventuali agevolazioni in materia di fisco non sono l’aspetto al quale dare maggior peso”.

 

Dal tennis un forte impegno sociale
Fatte salve queste considerazioni e osservando che né Federer, né Nadal hanno bisogno di questo tipo di pubblicità e che sono poche o nulle le fondazioni promosse da campioni di altri sport, dobbiamo dedurre che i tennisti davvero sono, tra gli sportivi, quelli col cuore più grande?
In effetti sembrerebbe proprio così. Da una rapida ricerca su internet salta subito all’occhio quante siano le fondazioni… di tennisti!
Oltre a Nadal, Federer e Roddick ci sono quelle di André Agassi, Michael Stich, Vincent Spadea, Malivai Washington, Tim and Tom Gullikson, Chris Evert, Boris Becker, Arthur Ashe, Althea Gibson, Vijay Amritraj, Andrea Jaeger, Vitas Gerulaitis, Maria Sharapova, Chanda Rubin, Johan Kriek, Billie Jean King, Bill Tilden, Serena William, Gigi Fernandenz, Anna Kournikova, Tommy Robredo, Richard Gasquet, Maureen Connolly, Tim Henman, Somdev Devvarman.
E questo solo per fare alcuni esempi. Senza contare chi non ha una propria fondazione ma le sponsorizza come Vera Zvonareva.
In questa selva di enti di beneficenza però, quelle più conosciute sono la Rafa Nadal Fundacion, la Roger Federer Foundation, la Andy Roddick Foundacion e la André Agassi Foundation for Education.

Dammi un’opportunità
È il motto della fondazione di Nadal. Dice Rafa dalle pagine del sito ( http://www.fundacionrafanadal.com ): “Mi sento un privilegiato e una persona fortunata che lavora facendo ciò che gli piace di più. Viaggiando per il mondo ho avuto esperienze uniche e ho visto molte persone bisognose di aiuto. Credo che questo sia il primo passo per mettere in pratica il nostro aiuto”.
Ambiziosi sono i progetti portati avanti: una collaborazione con la Fondazione Vicente Ferrer che prevede la realizzazione di una scuola e un centro di formazione e pratica base di tennis ad Anantapur, in India. L'obiettivo è migliorare le opportunità per il futuro e la qualità della vita di 150 bambini attraverso lo sport ma anche con lezioni in lingua inglese e corsi di matematica e di informatica. ‘Más que tennis’, invece, è un progetto a lungo termine che vuole promuovere lo sport e soprattutto il tennis tra i giovani con disabilità intellettiva. Senza dimenticare i giovani spagnoli in condizioni di difficoltà.

La mia Africa
“Nello sport impariamo a combattere per la vittoria, per il nostro team, con l’obiettivo di raggiungere i nostri obiettivi. Nella maggior parte dei paesi del mondo, nonostante gli sforzi, non c’è accesso all’istruzione ed allo sport. Sono felice di essere in gradi di fare la differenza grazie alla mia fondazione”. È questo il Federer-pensiero per quanto riguarda la solidarietà e l’impegno sociale. Creata nel 2003, la Roger Federer Foudation (http://www.rogerfedererfoundation.org) è un ente che funge da collettore di fondi che sono poi ‘girati’ a ONG operanti in Tanzania, Etiopia, Zimbabwe e Sud Africa. I progetti supportati sono in preferenza a lunga scadenza (5-8 anni), che abbiano caratteristiche di duplicabilità in diversi contesti sociali e rivolti alla scolarizzazione e all’educazione di bimbi e ragazzi della scuola primaria e secondaria, con un occhio di riguardo al genere femminile.
In Tanzania, ad esempio, la RF Foundation sta cercando di aumentare il numero di ragazze diplomate nella scuola secondaria in grado poi di intraprendere un percorso professionale che dia loro di che vivere. Dal 2008 la fondazione ha devoluto 134 mila CHF all’anno e ha aiutato 260 ragazze.
Dal 2007 invece, gli aiuti annuali di 170 mila per l’Etiopia sono rivolti al miglioramento della qualità delle lezioni per quasi 1600 bambini della scuola primaria, attraverso lezioni private e la formazione e l’aggiornamento degli insegnanti e… l’installazione di ben quattro nuove toilette!
In Zimbabwe la fondazione dell’ex n.1 del mondo ha supportato il progetto ‘teacher-for-teacher’, mirato alla costruzione/riparazione di infrastrutture dedicate alle scuole, alla formazione di 64 insegnanti di scuola primaria, all’educazione dei bimbi, fin da piccoli, al rispetto per l’ambiente e all’acquisto di materiale per la didattica.
Infine, il progetto ’Growing to Read Programme’ è rivolto invece a bambini sudafricani in età prescolare ed è finalizzato ad affinare il loro potenziale di apprendimento nella lettura e nella aritmetica, coinvolgendo anche i genitori nella loro educazione.
Non dimenticando però la natia Svizzera: la RF Foundation finanzia dal 2007 venticinque giovani e talentuosi atleti in difficoltà in qualsiasi disciplina sportiva che non siano però il tennis, lo sci e la vela.

Aiutare i bambini oggi per domani
È l’obiettivo della Andy Roddick Foundation (http://www.andyroddick.com/charities/): migliorare la qualità della vita e le opportunità educative ed economiche di tutti i bambini in base al principi del rispetto per la famiglia, l'educazione e la moralità.
La fondazione, nata nel 2001 a Boca Raton, in Florida, è costituita esclusivamente da volontari non pagati che lavorano instancabilmente per tutto l'anno, e recupera fondi, attraverso serate di gala, da destinare a organizzazioni che aiutano bambini abusati e trascurati e famiglie a rischio.
I progetti sostenuti dalla fondazione sono innumerevoli: ‘Kids in deistress’, ‘A safe haven for newborns’, ‘Children’s diagnostic and treatment center of South Florida’, ‘Sun-sentinel’s children’s fund’, ‘Here’s help’, ‘Settlement home and Austin Children’s Hospital’.
Dal 2007 è partito poi l’Andy Roddick Youth Tennis Program, sostenuto anche dalla Fondazione René Lacoste con l’obbiettivo di educare, attraverso il tennis e con l’aiuto di coach professionisti, bambini svantaggiati alla competizione, ai valori dello sport e a uno stile di vita sano.
“Il nostro obiettivo”, dice Andy “non è quello di un anno, o cinque o dieci anni... è l’obiettivo di una generazione. Mi ispiro ogni giorno con il coraggio e la volontà che questi bambini incarnano, che è a dir poco sorprendente”.

La madre di tutte le fondazioni
“Il mio sport mi ha dato l'opportunità per avere un impatto sulla gente. Adesso la mia vita è un’opportunità per avere un impatto ancora più grande”. Sintetizza in questo modo André Agassi la necessità, che nasce forse da un sentimento di riconoscenza, di restituire alla società una parte di ciò che ha ricevuto in dono.
L’André Agassi Foundation for Education (http://www.agassifoundation.org) è stata creata nel lontano 1994 ed è forse, tra quelle dei tennisti, la più vecchia. Il suo scopo? Contribuire all’educazioni di bambini del Nevada in condizioni disagiate, rendere la gente consapevole delle esigenze dei bambini di Las Vegas e sostenere in generale altre iniziative caritatevoli.
In sedici anni la fondazione ha raccolto circa 150 milioni di dollari e Agassi ci lavora dal 70 all’80% del suo tempo.
Nello specifico la fondazione si dedica alla trasformazione del sistema scolastico pubblico americano a favore dei bambini più svantaggiati promuovendo riforme, iniziative e collaborazioni che si traducano in opportunità educative e di sviluppo personale per gli studenti dell'André Agassi College Preparatory Academy, una scuola gestita privatamente ma integrata nel sistema pubblico. L’Academy ha sede in uno dei quartieri più poveri di Las Vegas e sostiene l’educazione di giovani provenienti da situazioni di emarginazione, accompagnandoli, attraverso moduli didattici personalizzati, dalla scuola primaria fino all'università.

E in Italia?
Esiste la Fede Lux “Insieme per Federico Luzzi”, che però non è una fondazione ma una associazione: l'elemento centrale non è il patrimonio, messo a disposizione dal fondatore, ma il vincolo tra un gruppo di persone che con le loro decisioni gestiscono l'ente e mirano al conseguimento di uno scopo. Creata dai genitori e dalla sorella di Federico Luzzi, ha lo scopo primario di onorare e mantenere vivo il suo ricordo organizzando e patrocinando eventi non solo di carattere sportivo per promuovere la raccolta di fondi a favore della ricerca contro le leucemie, il male che si è portato via il povero tennista italiano a soli 28 anni.

Insomma, in conclusione, sembrerebbe davvero che quello degli enti benefici sia un impegno vero e ‘sentito’ dai nostri beniamini. E alla fine, forse, la domanda giusta da porci non riguarda i presunti vantaggi economici per i promotori di tali iniziative ma se questi siano davvero importanti davanti all’aiuto reale e concreto che le fondazioni danno a chi è bisognoso.

 

 

Oltre all’avvocato Ferrante, un ringraziamento va anche al nostro Cesare Boccio per l’aiuto nel districarmi nel complicato mondo della legislazione fiscale.


 

Claudio Gilardelli

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