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29/12/2010 12:57 CEST - L'avvocato risponde

Ecco "L'avvocato risponde"

TENNIS - Scatta una nuova rubrica targata Ubitennis: con "L'avvocato risponde..." curato da Cesare Boccio, potrete esprimere i vostri dubbi giuridici e paragiuridici legati al mondo del tennis. In questa prima puntata, un lettore esprime le sue perplessità su un Istruttore di 1° grado che si faceva passare (e pagare...) per Maestro Nazionale. Una nota sui possibili sviluppi del "Caso Pistolesi". A cura di Cesare Boccio

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29 Dicembre 2010

Egregio Direttore,

chiedo scusa se mi permetto di disturbare, per quanto accadutomi nella mia vita tennistica (sono un giocatore di tennis di classifica 4.2 in Piemonte), che passo subito ad illustrare. In relazione ad una vicenda occorsa in un circolo della città di Torino qualche anno fa (circolo affiliato FIT), di cui sono venuta a conoscenza solo ora, avrei piacere di confrontarmi con Lei in merito alla corretta interpretazione da darsi ad alcuni articoli del Regolamento dei Tecnici, carta federale della Federazione Italiana Tennis che –come noto- disciplina le diverse qualifiche e i percorsi formativi per l’insegnamento del tennis. Riservandomi di spiegarmi meglio alla prima occasione utile, mi limito per il momento a illustrare che, per ben due anni, dal 2005 al 2007, frequentai un circolo della città torinese, piuttosto rinomato, e mi affidai agli insegnamenti di un giocatore agonista di seconda categoria che si dichiarava ripetutamente come “Maestro Nazionale” nonché direttore della scuola tennis riconosciuta presso codesto circolo, sostenendo costi piuttosto ingenti (circa 10.000 euro, tramite assegni che costui intascava in proprio). Nello scorso mese di settembre, del tutto casualmente, scoprii che costui è semplicemente un “Istruttore di 1° grado” e mai e poi mai è stato un maestro, tenuto in quanto tale nello svolgimento della sua attività ai limiti, a dire il vero piuttosto stringenti, dettati in particolare dall’art. 17 del sopra indicato Regolamento. Di recente, attraverso una ricerca on line, ho trovato alcuni siti web che, riportando quanto appariva all’epoca dei fatti nella sezione tennis del sito web del circolo in questione, indicano il sopra citato giocatore come “direttore” dell’attività tennistica del circolo medesimo e come un “Maestro, giocatore professionista di classifica nazionale 2.5”, coadiuvato da un istruttore di 1° grado, che io conobbi personalmente in quegli anni e che so per certo essere stato in possesso di questa qualifica. Ora, al di la della sussistenza direi cerca di una condotta avente rilevanza penale (truffa ex art. 640 comma 1° codice penale), vorrei capire grazie al Suo aiuto i profili rilevanti nella fattispecie dal punto di vista dell’ordinamento sportivo di settore, e per quanto riguarda il “falso” maestro di tennis, e per quanto riguarda le responsabilità direttamente imputabili al circolo ed, in particolare, al suo presidente.
La ringrazio fin da ora per le Sue attenzioni e cordialmente La saluto.

Tiziano Guaschino

L'avvocato risponde

Buonasera,
cerco di esporti in termini chiari cosa ne penso di questa fattispecie piuttosto complessa (scusami se mi sono dilungato ma nella mail non sono chiariti alcuni punti).

- Bisogna partire da un elemento di fatto, secondo me fondamentale, di cui non viene fatta esplicita menzione; mi riferisco alla natura del circolo sportivo in questione.

Infatti, l'art. 2 del Regolamento dei tecnici stabilisce che:

“1.Possono insegnare tennis presso gli affiliati solamente coloro che, avendo superato i corsi organizzati dalla F.I.T., sono iscritti nell'Albo o negli Elenchi previsti dal presente Regolamento.

2. I tesserati F.I.T. che esercitano abusivamente l'insegnamento del tennis sono passibili di sanzioni disciplinari”.

Dalla norma si può desumere chiaramente che l'obbligo di avvalersi di tecnici FIT concerne esclusivamente i circoli affiliati, ossia quelli che hanno conseguito tale qualifica grazie ad una deliberazione del Consiglio Federale che attesta la sussistenza di determinati requisiti (artt 4 e seguenti dello Statuto FIT).

Non riesco a capire se effettivamente ci troviamo di fronte ad un caso simile; si parla genericamente di una “sezione tennis” del sito internet del club, il che mi fa pensare ad una struttura polisportiva che potrebbe anche non aver ottenuto l'affiliazione (lo Statuto richiede come requisito principale che i circoli “abbiano come finalità precipua la pratica sportiva ed agonistica del tennis o del beachtennis o del paddle”).

- Perciò, dalla qualifica del circolo possono discendere due conseguenze diametralmente opposte.

1) Se non è affiliato, non si applica nessuna delle norme federali (in tal caso né il club, né tantomeno il maestro sarebbero passibili di alcuna sanzione disciplinare), proprio per espressa previsione di queste ultime; quindi chiunque, anche se non iscritto negli Albi o Elenchi FIT, potrebbe legittimamente insegnare tennis e conseguire anche lauti guadagni (tutto sommato questo coach è stato un discreto giocatore...quindi ha delle buone credenziali per esercitare questa professione). Non solo, secondo me sarebbe difficile configurare anche una responsabilità penale perchè la controparte potrebbe asserire che il prezzo concordato è stato frutto di una libera trattativa.

2) Se, al contrario, il circolo è affiliato, il discorso è completamente diverso. Entrano in gioco tutte le normative FIT, più precisamente, oltre al Regolamento dei Tecnici (come spiegherò, anche l'esito del caso Pistolesi potrebbe avere la sua incidenza) anche il Regolamento di Giustizia.

Bisogna tornare all'art. 2 del Regolamento dei Tecnici, dove si affermava che i tesserati FIT che esercitano abusivamente l'insegnamento del tennis sono passibili di sanzioni disciplinari mentre, per quanto concerne il circolo, il successivo art. 3 prevede che:

“1. Agli affiliati è vietato rigorosamente utilizzare tecnici non qualificati dalla FIT sia per corsi

collettivi sia per lezioni singole.

2. Gli affiliati inoltre non debbono consentire sui propri impianti l’insegnamento che il presente regolamento vieta, sia con riferimento al tecnico sia alle modalità di svolgimento.

3. La trasgressione comporta, a carico dell'affiliato e dei suoi dirigenti, l'adozione di sanzioni disciplinari”.

Ebbene, a questo punto è necessario andare a verificare cosa prevede il Regolamento di Giustizia in termini sanzionatori.

L'art. 46, riguardo ai tecnici, stabilisce che:

“1. A carico dei tecnici, iscritti nell'Albo o negli Elenchi, possono essere adottati i seguenti provvedimenti, per fatti connessi alla loro attività di insegnamento:

a) sanzione pecuniaria;
b) sospensione dall'attività a tempo determinato;
c) cancellazione dall'Albo o dagli Elenchi;
d) radiazione”.

Invece, in base all'art. 42, a carico del circolo affiliato potrebbero essere adottate queste sanzioni:

a) sanzione pecuniaria;
b) confisca parziale o totale dei premi;
c) non assegnazione o revoca di un titolo;
d) perdita di uno o più incontri in un incontro intersociale;
e) perdita dell'incontro intersociale;
f) squalifica del campo di gioco;
g) penalizzazione;
h) esclusione dal Campionato a squadre, per un periodo da uno a cinque anni consecutivi;
i) retrocessione nell’ultima divisione regionale della Serie D nel campionato degli affiliati;
j) sospensione a termine dalle attività federali;
k) radiazione”.

E' evidente che, tra queste sanzioni, bisogna prendere in considerazione quelle afflittive in relazione al caso di specie, ossia la sanzione pecuniaria, la sospensione dalle attività federali, o addirittura la radiazione (le altre sanzioni a mio parere sono del tutto inconferenti rispetto alla tipologia dell'infrazione perchè sembrano connesse a degli illeciti commessi nello svolgimento di competizioni).

Infine, l'art. 44 del Regolamento di Giustizia dispone anche in merito alle sanzioni a carico dei dirigenti degli affiliati (oltre che di quelli federali).

“1. A carico dei dirigenti federali, nazionali e periferici, e dei dirigenti degli affiliati possono essere adottati i seguenti provvedimenti, per fatti connessi all'esercizio delle loro funzioni:

a) sanzione pecuniaria;
b) sospensione del diritto di rappresentanza di affiliato;
c) interdizione temporanea dalla carica di dirigente federale;
d) inibizione perpetua a ricoprire cariche federali;
e) radiazione”.

Inquadrato il lato normativo l'organo di giustizia federale, nel valutare la sanzione appropriata al caso, prende in considerazione diversi fattori quali: la gravità del fatto, l'eventuale reiterazione nel tempo ecc..

Nella situazione prospettata a me pare che non ci sarebbero dubbi in ordine alla responsabilità disciplinare di tutti i soggetti coinvolti: tecnico, circolo e dirigenti. Il primo avrebbe utilizzato, abusivamente, una qualifica non spettantegli; gli altri si sarebbero avvalsi consapevolmente della sua prestazione d'opera come Maestro Nazionale e direttore del circolo, pur conoscendo il suo reale status di Istruttore di I grado.

Però...come ti anticipavo, entra il gioco il caso Pistolesi.

Come ricorderai, la sentenza del TAR Lazio non si è limitata ad accogliere la domanda di annullamento del provvedimento sanzionatorio a carico del tecnico, ma ha annullato anche le norme considerate illegittime, tra cui anche gli articoli 2 e 3 del Regolamento dei tecnici (sopra citati).

Nel dispositivo della Sentenza si legge infatti “definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla la decisione della Corte Federale della F.I.T. n. 25/09 del 3 dicembre 2009 e, nei limiti di cui alla parte motiva, il Regolamento dei tecnici del gennaio 2010”.

Come avevo già scritto in un mini-commento all'articolo di Ubaldo Scanagatta e Riccardo Bisti, considerato che le sentenze del TAR sono immediatamente esecutive, ritengo che in attesa della pronuncia del Consiglio di Stato la FIT sia obbligata sin da ora a disapplicare queste norme. Cosicchè il maestro torinese sarebbe esente da qualunque sanzione vista la sua assoluta libertà di esercitare anche nei circoli federali denominandosi anche maestro (ricorderai certamente tutto quel discorso del TAR sulla libertà di svolgimento di attività professionale in ossequio alla normativa comunitaria).

Ma i colpi di scena non sono finiti!!

Infatti, dalla lettura dell'e-mail non riesco a capire se il tecnico abbia continuato ad assumere questa condotta anche dopo il 2007 (si parla infatti di alcuni siti web che, riportano quanto appariva all’epoca dei fatti nella sezione tennis del sito web del circolo e questo mi fa sorgere dei dubbi); quindi se si fosse trattato di un comportamento cessato nel 2007, il sedicente Maestro nazionale ed il circolo beneficerebbero della prescrizione disciplinare prevista dall'art.48 I comma del Regolamento di Giustizia il quale fissa in due anni il termine medesimo (già ampiamente decorso).

- In conclusione penso che, allo stato attuale e stante la prescrizione, sia difficile ipotizzare un provvedimento disciplinare a carico di questi soggetti, a meno che tuttora non persistano nell'adottare la condotta illegittima. Inoltre anche in tale ultima ipotesi, considerata la sentenza del caso Pistolesi, la FIT medio tempore non avrebbe nemmeno il potere di irrogare una sanzione.

- Esaurito finalmente questo parere, volevo comunicarti una notizia interessante che potrebbe incidere in modo determinante sempre sul giudizio di Pistolesi.

Infatti, sono venuto a conoscenza che la Corte Costituzionale, nell'udienza dello scorso 14.12.2010, ha esaminato una questione di illegittimità costituzionale concernente l'art. 2 del Decreto Legge 220 / 2003 che, come noto, prevede i limiti della giurisdizione dei Tribunali amministrativi sui provvedimenti sanzionatori sportivi e la conseguente sfera di autonomia delle federazioni. Il caso riguarda una controversia tra un dirigente di una società cestistica italiana che chiede l'annullamento di una sanzione comminata dalla Federbasket. Devi sapere infatti che c'è una forte disputa giurisprudenziale tra TAR Lazio e Consiglio di Stato circa i limiti della loro giurisdizione; da un lato il TAR amplia notevolmente tale sfera, mentre il Consiglio di Stato ha assunto sempre un atteggiamento restrittivo tale da assicurare una piena autonomia agli organi di giustizia sportiva.

Se la Corte Costituzionale prenderà posizione su tale dibattito, ciò potrebbe condizionare inevitabilmente anche il processo d'appello di Pistolesi (la FIT eccepì il difetto assoluto di giurisdizione del giudice amministrativo), anche se ritengo che molto probabilmente la Corte dichiarerà l'inammissibilità o la manifesta infondatezza della questione senza entrare nel merito (per ragioni giuridiche che per ora evito di spiegarti per non confonderti troppo le idee). In genere i tempi per il deposito della deliberazione della Corte Costituzionale sono brevi, non più di un mese o al massimo un mese e mezzo dalla data di udienza; perciò, se saprò qualcosa ve lo comunicherò subito.

A cura di Cesare Boccio

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