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19/01/2011 17:44 CEST - Rassegna Stampa del 19 Gennaio 2010

Vita da convalescente. Del Potro lotta ancora (Clerici), Pistolesi: "Alleno Soderling ma il tennis italiano mi fa la guerra" (Semeraro), Il furbo Daniel in campo zoppo solo per soldi (Tommasi), Giganti, ma d’argilla (Azzolini)

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Rubrica cura di Daniele Flavi


Vita da convalescente. Del Potro lotta ancora

Gianni Clerici, la repubblica de 19.01.2011

Dopo una vita in cui una provvidenziale malattia mi aiutò,a soli 24 anni, nel mascherare un fallimento tennistico, e passare all'attività sedentaria, non riesco a non incuriosirmi e ad identificarmi agli infortunati. Sul programma di oggi ce n'erano, tra gli altri, due capaci di attrarmi per la loro peculiarità, e le personalità delle vittime. Si trattava di una ragazza italiana di 24 anni, Romina Oprandi, e di un ragazzo che, di italiano, aveva i bisnonni, tanto dimenticati da non ricordarne più i luoghi d'origine: Del Potro, di nome Juan Martin. Avevo ammirato ben cinque anni addietro il talento di Romina, riconsegnata sorprendentemente al paese d'origine, in un più che inatteso percorso negli Internazionali d'Italia, nei quali, dal nulla, era salita ad un match point contro una vincitrice di Grand Slam quale la russa Kuznetsova, per un possibilissimo accesso alla semifinale. Spuntata la Oprandi, ripeto, dal caso, o almeno uscita da un matrimonio elvetico tra papà bergamasco e mamma bemese, recuperata da un ottimo tecnico federale, Graziano Risi, ci aveva permesso non solo di sorprenderci e di applaudirla, ma di sperare per il futuro. Ipotesi presto interrotta da una tale serie di incidenti alla spalla da scoraggiare anche un coraggioso. Ora, dopo una ripresa trapunta di delusioni e addirittura ipotesi di abbandono, la rivedevo quasi guarita, contro un russetta a nome Kirilenko che pare la copia di Lolita Kournikova, e ne rammenta non solo le mossette, mal'ottimo tennis. Arrivo giusto al periferico campo 18 in tempo per vedere Romina annullare un match point, iniziare una diversa partita dominata dal tocco e dalle invenzioni, e perdersi infine, sembra il destino, in una improvvisa un'altalena di errori e sconforto. Nel rincuorarmi, almeno un pò, ha sofferto a una mano ma è di nuovo protagonista. Come la Oprandi, pensando a come sia, quantomeno, uscita indenne, in risalita verso le prime cinquanta del mondo, mi sposto alla Rod Laver Arena dove, di fronte ad un doveroso tutto esaurito, ritrovo un altro convalescente di maggiore notorietà, che ha addirittura vinto due anni fa lo US Open, battendo uno sull'altro Nadal e Federer, semi credete. La mano sinistra. non meno utile dell'altra nel rovescio bimane, ha sofferto molteplici cedimenti, e alfine rieccolo, Del Potro detto Palito, in tutta la sua statura (1,98), in tutta la sua potenza. Contro un tipetto parsimonioso quanto l'israelita Dudi Sela, l'ex infortunato contrasterà non meno di cinque set point nella prima partita, per poi staccarsi via via, ma sempre a fatica. Non è ancora ritornato quella che i miei onorevoli colleghi definirono l'alternativa a Federer-Nadal. Ma, mi domando, nessuno di questi ragazzi pensa mai a una puntatina a Lourdes? Oh tempora.

Intervista a Pistolesi: "Alleno Soderling ma il tennis italiano mi fa la guerra"

Stefano Semeraro, la stampa del 19.01.2011

Sonno iniziati gli Australian Open e lei è il coach del n. 4 Robin Sòderling. Come vede il tennis da lassù? «Il tennis maschile sta attraversando un grande momento, da Federer e Nadal in giù ci sono grandi talenti. Fra le donne il livello è più basso». Motivi? «Poca personalità, sembra un tennis part-time. Le Williams entrano ed escono, altre fanno figli e tornano. E forse non sempre le ragazze sono consigliate al meglio». Tira acqua al suo mulino? «Un buon coach è importante, anche per i migliori. Guardate Federer: dicevano che non ne aveva bisogno, invece con Annacone è rinato». Ci spiega che cosa si può insegnare a un top-4? «Spesso si tratta di ripulire tatticamente il gioco, di dare tranquillità. Poi c'è la preparazione, l'allenamento, che in tv non si vedono». Con Soderling, primo torneo a Brisbane e subito vittoria. Dove è intervenuto? «Un po' di lavoro su rovescio, gioco d'attacco e servizio, senza toccare il suo gran dritto». Sóderling ha appena demolito Starace: potrà battere Federer, Nadal e Djokovic? «Penso al prossimo match in Australia, con Muller,.. ma il mio sogno è Wimbledon». Perché il coach italiano del n. 4 del mondo non ha la tessera della Federtennis? «L'ho restituita, non voglio avere nulla a che fare con questa dirigenza. Mi hanno anche fatto causa, mi sono difeso da privato cittadino e ho vinto». Grazie al suo ricorso il Tar del Lazio ha anche abolito l'obbligo per i circoli di utilizzare solo maestri Fit. Perché la Fit ce l'ha con lei? «Dicono che sono polemico, ma io faccio gli interessi dei miei giocatori: con me Sanguinetti è arrivato ai quarti di Wimbledon, la Smashnova fra le top 16, Bolelli da n. 200 a 36 e ora n. 107. Berrer ha guadagnato 100 posizioni. Nel tennis valgono i punti, non i capricci dei dirigenti». Perché l'Italia non produce più tennisti di livello? «Il centro tecnico maschile di Tirrenia non ha creato neanche un giocatore fra i 250 del mondo. E andata meglio con quello femminile: forse perché non esiste. Ecco, magari la Fit potrebbe seguire solo le donne, le riesce meglio...». Dice poco: Schiavone e Pennetta ci tengono a galla. «Fortissime. Flavia per me aveva un potenziale da n. 3 o 4 del mondo, ma tennisticamente deve molto alla Spagna». Pistolesi, che cosa cambierebbe nel tennis italiano? «C'è troppa diffidenza verso i coach privati, uno scollamento fra i professionisti e i dirigenti dilettanti. E due mandati per una dirigenza dovrebbero essere il limite. C'è poca cultura e dall'alto arrivano segnali sbagliati».

Il furbo Daniel in campo zoppo solo per soldi

Rino Tommasi, la gazzetta dello sport del 19.01.2011

C’era naturalmente grande curiosità per l’esordio nel torneo di Rafael Nadal e per verificarne la condizione dopo la sconfitta di Doha contro Davydenko, soprattutto dopo che Roger Federer aveva dimostrato una forma quasi perfetta nel suo primo incontro.
Il sorteggio aveva offerto a Nadal un avversario piuttosto comodo il brasiliano Marcos Daniel, 32 anni numero 93 in classifica, più pericoloso sulla terra battuta che sul cemento. Tuttavia dopo 46 minuti Daniel, che due giorni prima si era infortunato ad un ginocchio, dopo aver raccolto 12 punti (tre su altrettanti doppi falli di Nadal) sul 6-0, 5-0 decideva di ritirarsi.
Ci si può chiedere perché mai avesse deciso di giocare, dal momento che era evidente che non era in grado di farlo. La risposta è semplice, Daniel è andato in campo per incassare il compenso previsto anche per gli sconfitti al primo turno. In altri tempi Daniel avrebbe rinunciato lasciando il posto da uno dei giocatori eliminati nelle qualificazioni ma avrebbe perso 20.000 dollari.
Si conoscono casi di giocatori che nell’ultimo turno delle qualificazioni abbiano barattato la vittoria con il loro avversario.
Il mondo del tennis professionistico ha compiuto molti progressi da quando si è affidato alla tecnologia per mettere ordine nelle classifiche, nelle teste di serie e nell’ammissione ai tornei più importanti.
Nei tornei del Grande Slam, come questo, chi perde al primo turno incassa 20 mila dollari australiani che sono circa 15 mila euro, più che sufficienti per coprire le spese anche per un viaggio così lungo e per il soggiorno. Nadal e Daniel non c’entrano ma bisognerebbe evitare che la ricchezza diventi un inconveniente.
Succede così che un giocatore classificato tra i primi cento e che entra direttamente in tabellone senza passare dalle qualificazioni è sicuro di cavarsela bene anche se non vince una partita.
Tuttavia può capitare (e purtroppo capita sempre più spesso) che un tennista possa infortunarsi in allenamento o in uno dei tornei che precedono una prova dello Slam che garantisce a chi entra in tabellone una cifra importante. Il problema esiste l’ATP farà bene a preoccuparsene.

Giganti, ma d’argilla

Daniele Azzolini, tuttosport del 19.01.2011

Ora sembra anche più grosso. Più dei suoi due metri Più del suo nome a quattro ante: Juan Martin Del Potro, Palito solo per gli amici, Delpo per chi abbia molta fretta. Grosso come il magone che si porta dietro da dieci mesi, e lo obbliga a chiedersi se e quando tornerà come prima, come gli altri. Il tennis è crudele. Il più crudele fra tutti gli sport. Si concede, poi ti uccide. A Delpo ha dato uno Dinara Salina, 24 anni Slam, poi l'ha spinto giù. Un Open di New York in cambio di due operazioni al polso, di un ritorno nel circuito a dir poco frustrante, di esami clinici che volgevano al peggio. Quasi un patto con il diavolo. RICOMINCIARE Oggi Juan Martin scopre di dover ricominciare da capo. Gli allenamenti che faceva da ragazzo, quelli per rinforzare le spalle, per crescere i muscoli. I cesti infiniti di palline, per forgiare la pazienza e fortificare la mente. Le sedute estenuanti su un solo colpo. «Datemi tempo», dice.«Servono settimane, tornei, mesi». Aveva colpi devastanti, un servizio a catapulta che fondava meteoriti, un dritto anomalo che pochi riuscivano a intuire e solo i campioni a ribattere, ma non sempre. Ora non fa male. E lento. Grosso, appunto. Ma è tornato. L'attesa è finita, le risposte sono arrivate. Juan Martin sarà di nuovo un tennista. Il tennis è crudele. Sfilano sui campi azzurri di Melbourne le vestigia dei forti di un tempo. Delpo è tra questi, accanto a Dinara Salina, ad Ana Ivanovic. Lui, Juan Martin, il ragazzo di'Pandil, è uno dei due ad aver sottratto uno Slam all'egemonia Federo-Nadaliana che dura ormai da 23 Major, quasi sei anni. Ce l'hanno fatta Del Potro e Djokovic, gli altri ventuno li hanno intascati i due ingordi. Dinara, la sorella di Marat Safin, un altro record. E stata numero uno senza aver vinto uno Slam. Ci ha provato, ma le altre erano più forti. Alla fine si è rotta, prima la schiena, poi dentro, nell'anima. Ieri è finita sbranata dalla Clijsters, sei zero sei zero in meno di 50 minuti, manco fosse una dilettante. Capita, le hanno detto. Ha scosso la testa «Un po' troppo spesso, qui non ho fatto un game, la scorsa settimana uno solo. Non so. Eppure mi sembra persino di giocare bene». Ana, la croata che ha scoperto il tennis sotto i bombardamenti, oggi recita nei panni di chi ha visto tutto, e non si stupisce più di niente. Nemmeno del suo gioco, che da rotondo e veemente s'è fatto di carta velina. «Sono convinta che un giorno tutto tornerà come prima», dice con calma, e viene voglia di crederle, bella com'è. Ma quando? Di certo non subito. Ieri ha lottato contro la Makarova, ha mancato chance invitanti, e alla fine è scivolata. Come le capita ormai da mesi. Anche lei è stata numero uno, ha vinto Par, qui a Melbourne. Sembra passato un secolo. Delpo, se non altro, ha vinto. Ha fronteggiato in un lungo tie break (15-13) il tennis spara-gnino dell'israeliano Dudi Sela, poi si è tranquillizzato. Ma ha vinto con la pazienza, non con la forza «Quella tornerà», assicura. E ringrazia chi .lo ha aiutato. La lista è lunga e comincia con i primi nomi del tennis: Roger, Rafa, Noie, e gli altri. «Mi hanno telefonato, scritto mail, sostenuto, si sono informati sulle mie condizioni. Mi hanno fatto sentire uno di loro. Spero di tornare a esserlo davvero». RISCOPERTA L'Italia riscopre Andreas Seppi, e si tiene stretta alle sue poche certezze. Lunedì Schiavone, ieri Pennetta l'aggiunta di Seppi, se non altro, fa sangue, restituisce quel po' di linfa Tanto più che la vittoria arriva in rimonta. Due a zero e 5-3 per Clement, il nonno di Francia. Poi, d'improvviso, Seppi si è messo a giocare, e ha chiuso al quinto. «Vittoria che dà fiducia Ho trovato i colpi al momento giusto». Serve la controprova, ma arriverà presto, contro Tsonga «Sarà dura, ma quattro anni fa l'ho battuto». Seppi ha buona memoria Le altre ci provano, ma non hanno lo stesso passo di Francesca e Flavia, e nemmeno le stesse sicurezze. Romina Oprandi, ricca di talento; trascina la bella Kirilenko al terzo set (dal 63,5-3 perla russa), ma poi cede sul più bello. Lo stesso fa Roberta Vmci, con la Molik, mentre Starace misura la forza d'urto di Soderling, oggi allievo di Pistolesi, e ne esce a pezzi. «Giocava ace e vincenti. Ditemi voi che altro potevo fare». Niente. Perdere è già più che sufficiente.

 

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Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker