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01/02/2011 14:22 CEST - AUSTRALIAN OPEN

Australian Open dalla A....alla Z

TENNIS - Un piccolo bignami delle due settimane di Slam australiano, per chi l'ha visto, per chi non c'era e per chi, quel giorno lì, inseguiva una sua chimera. Non svegliatemi (ho ancora il fuso australiano, con l'aggravante di dover andare a lavorare). Dalla "A" di asciugamani alla "Z" di Zvonareva, passando per Clijsters, Djokovic e altro ancora. Massimo Garlando

Speciale Rassegna - Il bis di Djokovic signore in Australia

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A come ASCIUGAMANI: non è mia intenzione sfottere, ma vedere un miliardario come Roger Federer che piazza nella sacca con aria furtiva 4 asciugamani del torneo a partita, come un qualunque parvenu in viaggio di nozze a Sharm el Sheikh, mi ha fatto sorridere. E mi ha divertito ancora di più la sua reazione infastidita, quel “credo di potermene portare a casa qualcuno”, candida e involontaria dichiarazione di superiorità, al di là dell’intenzione di
regalarli. Roger Federer uno di noi: chissà, magari per uscire dall’hotel ha fatto pure il rigatino, come il Conte Mascetti.

B come BALTACHA: primi turni della settimana iniziale, Eurosport all’una trasmette praticamente sempre partite scontatissime della disciplina sportiva simile al tennis praticata dalle donne. Compare, in apertura di nottata, questa ragazza inglese votata al sacrificio contro la Henin. Un’inglese che si chiama Baltacha è già, di per sé, cosa strana, poi ci pensa Federico Ferrero a rivelare che la pulzella è figlia di un ex calciatore degli anni ’80, nazionale dell’Unione Sovietica, e a me viene subito in mente l’album Panini dei Mondiali ’82, il primo evento sportivo che ho seguito in maniera maniacale. Mi pare di vedere la figurina del babbo, insieme a quelle del portierone Dasaev e del compare di difesa Demjanenko. Bei ricordi.

C come CLIJSTERS: anche lei è figlia di una “figurina” dei Mondiali, quel Leo Clijsters scomparso nel 2009 (l'anno del ritorno di Kim), colonna dei Diavoli Rossi sia a Mexico '86 che a Italia '90. Devo confessare che, oltre ai doverosi ringraziamenti perché le sue vittorie nobilitano l'albo d'oro dei tornei in questi tempi grami (per poco, peraltro, ha annunciato che il 2011 sarà, probabilmente, la sua ultima stagione intera), mi ha fatto piacere vederle alzare la coppa, visto che ad ogni trionfo mi ritorna in mente la premiazione degli US Open 2009, con la sua bimba biondissima in campo. Ebbene sì, lo confesso, anch'io in fondo - ma proprio in fondo - ho il cuore tenero.

D come DJOKOVIC: disputa un torneo sottotraccia, la gente si accorge di lui in semifinale, quando deve affrontare Federer (che sconfigge meritatamente, giocando meglio). La verità è che il buon Nole esiste solo in funzione antinadaliana o antifederiana, a questo punto non ci sono più dubbi. Vince il suo secondo Slam (e, grazie a Dio, mi vien da dire, Murray non è ancora pronto), col sottofondo delle grida di dolore per i malanni del maiorchino e delle strazianti litanie per la morte del tennis dei gesti bianchi. Eppure lui ci ha sempre provato, poveraccio, sono anni che tenta disperatamente di costruire un terzo polo facendo il simpatico, l’amico di tutti, l’imitatore e il cabarettista in campo e fuori (stavolta è stato coinvolto dalla star australiana di Ballando con le Stelle e ha girato un video delirante con la Petkovic). Ma niente, il popolo del tennis continua ad azzuffarsi su Federer e Nadal (o, al limite, cerca personaggi alternativi consumando gli occhi sul video del pc, grazie ad improbabili streaming). Contrappasso orrendo, da girone dantesco, per una potenziale primadonna: cercando di piacere a tutti si finisce per non piacere a nessuno.

D (bonus track sacrosanta) come DOLGOPOLOV: tagliamo corto, lasciamo perdere gli inni al Guru e alla Luce (che altri, fortunatamente meglio di me, hanno già fatto). Il Dolgo è una benedizione perché con il suo tennis scentrato e privo di canoni stilistici, rappresenta qualcosa di nuovo, un alieno, un virus capace – a detta degli stessi colleghi – di mandare in tilt molti meccanismi in apparenza perfettamente oliati. Ne sa qualcosa Soderling, che non riusciva a credere ai suoi occhi quando beccava vincenti in risposta a una sua poderosa
prima di servizio (e pure Pistolesi, che sognava un esito diverso per il suo primo Slam da big). La sua comparsa (ad alti livelli, eh, c’è chi lo seguiva in streaming da 3 anni) arriva a un anno esatto dal ritiro del Mago Santoro. Forse non è un caso.

D (bonus track bis) come DEL BONIS: see, buonanotte.

E come EUROSPORT: direi bene, nel complesso. La regia internazionale privilegia il tennis femminile (e lo sappiamo) e ha un debole per la Radwanska (e sappiamo pure questo). Ma l'aneddotica colta e brillante del nottambulo Federico Ferrero e la precisa lettura tecnica del mattiniero Jacopo Lo Monaco hanno generato un mix stilistico piacevole, che è valso senz'altro il prezzo del biglietto. Sono lontani quei momenti, quando uno sguardo provocava turbamenti (durante le repliche, che già erano rarissime, il segnale audio era sfasato rispetto al segnale video e arrivava "in differita"), quando la vita era più facile e si potevano mangiare anche le fragole (ah no, chiedo scusa, le fragole sono a Wimbledon). Oddio, Wilander non azzecca un pronostico neanche quando si sbaglia, ma adesso non esageriamo.

F come FERRER: lo avevo dato per bollito, non lo amo (eufemismo), in rete circola un mio pezzo di qualche anno fa, nel quale lo definivo il male assoluto o qualcosa del genere. Gli devo delle scuse. L’umile pedalatore che si
autodefiniva come “il peggiore top 100 di sempre” è tornato, ha disputato il suo secondo Masters, è riuscito a conquistare la sua seconda semifinale Slam (a prescindere dagli infortuni altrui) e ha venduto cara la pelle contro Murray. Probabilmente non ce ne libereremo mai; l’anno scorso perse al secondo turno da Baghdatis e, negli Slam, non andò mai oltre il quarto turno, scommettiamo che quest’anno andrà diversamente?

G come GASQUET: che ha fatto? Niente di che, ha superato due turni facili facili e si è sciolto come neve al sole al primo, vero ostacolo. Ormai una vittoria Slam (ma anche una finale. Ma anche una semifinale. Probabilmente
anche un quarto di finale) la può sognare solo alla playstation, ma perlomeno stavolta non ha perso nel solito modo fantozziano, al quinto da due set a zero. E questa è decisamente una notizia.

H come HENIN: si ri-ritira, stavolta definitivamente, credo. Non è stato il ritorno che avrebbe voluto, ma il suo rovescio a una mano ci mancherà (meno, decisamente meno, il suo carattere)

I come ITALIANI (maschi): niente di nuovo sotto il sole australe, uno Slam durato quattro giorni, ma solo perché Seppi, dopo una partita vinta in rimonta contro nonno Clement (che in Australia ha fatto finale. Quindi Seppi sarebbe potenziale finalista. Però al turno successivo ha perso da Tsonga, altro runner up, quindi sarebbe meno di finalista potenziale. Aiuto, mi sono bloccato, sono in un circolo vizioso), si trovava nella parte di tabellone dei giorni pari. Il più in forma, Starace, ha beccato un ingiocabile Soderling: sfortuna, certo, ma qui l’anno scorso Potito ha perso da Robert, non esattamente Mandrake. Bravi Cipolla e Crugnola a passare le quali, meno bravo Fognini a perdere (male) da Nishikori. Desolante il tabellone junior, neanche un italiano ai nastri di partenza. Ma il movimento è in salute.

J come JIM COURIER: è bravo, davvero brillante nelle interviste del dopo match. Decisamente meglio di quando brandiva la racchetta come una mazza da baseball e, a Melbourne, batteva in finale Edberg, coronando il trionfo con un bel tuffo nel fiume Yarra.

K come KVITOVA: si affaccia a buoni livelli anche quest’altra sparapallova (o –eva, variazione sul tema). Non ne sentivo la mancanza. Ferma, giocando meglio di lei, il cammino della Pennetta, prima di arrendersi alla Zvonareva. Da segnalare una curiosità, che ha ovviamente fatto il giro della rete: pare che il suo decolleté prosperoso abbia turbato i sonni degli australiani, tanto da obbligare la regia televisiva a limitare i primi piani in risposta. Strani, questi australiani.

L come LI: Na Li o Li Na? Mah? Datemi il suo codice fiscale e, forse, vi svelerò l’enigma. La Cina è vicina (al suo primo Slam) e vicina ci è andata sul serio, stavolta. Per più di un set, Na Li (o Li Na) è stata bravissima a realizzare sul campo quello che a nessuna era riuscito nel torneo, ossia togliere l'iniziativa alla Clijsters. Sento la necessità di lanciarmi in una profezia (mi piace vincere facile...), ho la sensazione che l’appuntamento sia soltanto rimandato di qualche mese.

M come MURRAY: tabellone da Masters 1000 (ma di quelli deboli, quelli della seconda settimana di fila, dove i big si rilassano): sulla carta sembrava terribile, ci riflettano, federiani e nadaliani, quando si scanneranno al momento del sorteggio del prossimo Slam; il moloch che avrebbe dovuto sbarrargli la strada (o, almeno, ostacolarla) esce regolarmente nel turno precedente. Eppure non ce la fa neanche questa volta, non riesce a portare a casa la finale del terzo polo. Che sia un po’ colpa sua? Forse, alla fine, la scelta (perché di scelta si tratta) di fare il pallettaro, affidandosi ciecamente a Santa Prima di Servizio come il peggior Monfils, permette soltanto di arrivare a un passo dal traguardo. La pazienza degli dei del tennis ha un limite e, con un Djokovic così centrato, nulla hanno potuto i corvi che lo hanno salvato al momento di servire sulla palla break, nel secondo set con Ferrer.

N come NADAL: tendine del ginocchio? Stiramento (stiramento???)? indigestione di paella? Sinceramente non sono ancora riuscito a capire l’entità dell’infortunio, e le parole dello zio Toni non sono state esattamente illuminanti. Fatto sta che c’è stato un problema in uno dei primi, interminabili giochi del match con Ferrer, con corollario di maschera sofferente e medical time out. Purtroppo, a forza di gridare “al lupo, al lupo” si finisce per non essere creduti, anche quando il lupo c’è davvero. Qualcosa aveva, di sicuro, magari solo i bioritmi bassi, capita a tutti; di certo, in conferenza stampa, ne è uscito con una certa classe, evitando di attaccarsi al malanno e facendo i complimenti all’amico-rivale (anche se le parole che ha usato, tradotte, suonano come un modo per accampare scuse dicendo di non volere accampare scuse). Si ferma ai quarti, come l’anno scorso, niente Nadal Slam e progetto di Slam 2011 abortito in partenza. Ma si rifarà, oh se si rifarà.

O come OLTRALPE (cugini d’): se Atene (italtennis maschile) piange, Sparta ride poco. L’armata della Marsigliese, partita con altri obiettivi rispetto alla nostra gioiosa macchina da guerra, se ne torna a casa con un risultato alquanto magro: 3 rappresentanti al terzo turno e basta. La sensazione è quella di una generazione avviata verso l’inesorabile declino, nonostante l’età media non elevatissima. Non vedo tra i cugini il potenziale vincitore di Slam, a volte per guai fisici, a volte per testa, a volte per mancanza oggettiva di mezzi. Difficile, poi, smaltire le tossine della finale Davis.

P come PENNETTA: poteva arrivare ai quarti, la vittoria in doppio con l’amica Gisela la ripaga della (parziale) delusione, capita spesso ultimamente. L’impressione è che patisca non poco (anche se non lo ammetterà mai) la maggiore sostanza della Schiavone, più brava di lei a sfruttare la situazione favorevole in quest’interregno senza padroni. Rientrerà, comunque, nelle top 20.

Q come QUERREY: perfetto, lo yankee, per raggruppare tutti i big (o semi-big) caduti al primo turno, lui – giustiziato da Kubot: i polacchi, si sa, non muoiono subito - insieme a Hewitt (sconfitto al quinto da un Nalbandian in condizioni fisiche devastanti), Gulbis e, soprattutto, Davydenko, per il quale tutti prevedevano ben altre sorti nel torneo. Certo, a rileggere con attenzione l’elenco, devo dire che non è stato poi un gran male.

R come RAONIC: la vera rivelazione del torneo, Dolgopolov, pur di nicchia, era già un personaggio. Servizio devastante (ha vinto la classifica del numero di ace, Karlovic si è piazzato nei top10 con un solo match disputato), buoni fondamentali e discreta propensione al gioco di volo. Nel match con Llodra è sceso a rete lo stesso numero di volte del transalpino, facendo più punti (con meno eleganza, per carità, ma intanto). Non so ancora dire se sarà il prototipo del giocatore vincente (e bellino da vedere) del nuovo decennio, il nuovo Ivanisevic o l’ennesimo figlio di dio minore incompiuto; la risposta arriverà nei prossimi anni.

S come SCHIAVONE: brava. Nient’altro, hanno già detto tutto tutti. Brava (e peccato per le poche energie rimaste dopo quel match con la Kuznetsova che è, comunque, già nella storia).

T come TANASUGARN: la prima immagine di questi Australian Open, lunedì 17, ore 1.00. Per motivi inspiegabili e insensati, in apertura di collegamento da Melbourne, prima giornata, mi aspetto sempre Tommasi e Clerici che cantano bongo bongo bongo. E, invece, compare la silhouette un tantino in sovrappeso della Tamarinda, tailandese un po’ diversa da quella immaginata da Lucio Dalla in Disperato erotico stomp. Il tennis femminile (la disciplina sportiva simile al tennis praticata dalle donne) mi lascia sempre più perplesso.

U come URLATRICI: la Sharapova saluta relativamente presto la compagnia (contro la Petkovic, personaggio curioso, la “Petkorazzi”), la Larcher de Brito, grande futuro dietro le spalle, non partecipa neanche al torneo. Ogni tanto una buona notizia, le mie orecchie ringraziano sentitamente.

V come VENUS WILLIAMS: schedina alle scommesse, sei su sei presi, manca solo l’ultimo match del giorno, la Venere, alla pari contro la Petkovic. La partita inizia e, dopo un game, l’americana si ritira: tanto basta per rendere valida la puntata e farmi perdere tutto. Ecco, Venus, volevo solo ringraziarti, seguirò il crepuscolo della tua carriera con molta partecipazione (ok, era mezza infortunata e sono stato un badola a prenderla, ma era per sfogarmi).

W come WOZNIACKI: se la Wall-Zniacki è una numero del mondo, il tennis femminile non è alla frutta, ma proprio all'ammazzacaffè (Enzo Cherici)

X come X-MAN MALISSE: non vede la pallina con Federer, ma quando Malisse travolge Montanes è sempre festa per grandi e piccini.

Y come YZAGA: con la Y mi viene in mente solo il prode peruano Jaime Yzaga, che ha pure battuto Sampras a New York, qualche anno fa (lo so che c’è Youzhny, è pure uno dei miei prediletti; fatemi fare un po’ il cazzaro, dai)

Z come ZVONAREVA: beh, che c’è di strano, mica potevo mettere Zivoijnovic. E’ arrivata in semifinale e, di qui a qualche mese, potrebbe anche conquistare la palma di numero uno del mondo. D’altronde, dopo Safina e Wozniacki, una settimana da numero uno WTA non si nega a nessuno (oltretutto, da qualche tempo, ha pure smesso di piagnucolare. Sarà la maturità).

Massimo Garlando

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