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02/02/2011 14:47 CEST - AUSTRALIAN OPEN

Hall of Fame
per Davidson

TENNIS - Mi ha fatto effetto vedere Owen Davidson, classe 1943, premiato con l’ingresso nella Hall of Fame australiana e un busto di bronzo scoperto che lo affianca ai grandi aussies che “arredano” Melbourne Park, Laver, Rosewall, Hoad, Goolagong, Court, Emerson, Stolle, Roche, Newcombe, Cash, Rafter e …non sto a citarli tutti. Un bel ricordo di Ubaldo. Ubaldo Scanagatta

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Il baffuto e burbero Owen, pur essendo stato semifinalista un anno a Wimbledon, non valeva gli altri grandi aussies come singolarista, ma è stato un fortissimo doppista capace di vincere un Australian Open con Rosewall e un US Open in coppia con Newcombe, e di giocare diverse finali all’open d’Australia, Wimbledon e US Open al fianco dello stesso Newcombe e di Bill Bowrey. Ma era formidabile soprattutto in doppio misto, tanto da vincere ben 8 Slam al fianco di Billie Jean King oltre che uno con Lesley Turner Bowrey: “A Billie Jean King devo molto, moltissimo _ ha detto Owen nel ricevere l’ambita onorificenza sulla Rod Laver Arena prima ancora di scoprire lui stesso il proprio busto _ anche se all’inizio mi “ingaggiò” per un solo torneo, forse perché non si fidava troppo. Lo vincemmo, e ne vincemmo altri, anche il primo e il secondo Slam…ma lei continuava a dire “ok, giochiamo anche il prossimo torneo, sempre rifiutando l’idea di prendere un impegno a più lunga scadenza. Mi teneva sempre sulla corda…”

Davidson aveva un servizio pazzesco: le donne non riuscivano proprio a risponderlo. E molti uomini neppure. Fra questi, uno degli avversari più scarsi che Owen deve avere incontrato nei tornei internazionale, fui certo io. Non ricordo perché Owen fu costretto a giocare le qualificazioni del torneo internazionale di Firenze. Le fecero giocare anche a me (e quello era più giusto). Giocammo sul campo n.5 del Circolo Tennis Firenze. Un campo con poco out. Non dimenticherò mai il…tragico inizio. Vinse il sorteggio, servì lui per primo. Il suo primo servizio non lo vidi nemmeno. Il secondo per poco non mi bucò la pancia (che non era ancora quella di oggi). Sul terzo, grazie a Dio, Owen mancò la “prima”. Tirai un sospiro di sollievo. Ma solo perché non conoscevo la sua seconda. Questa ebbe un rimbalzo che finì, non esagero, sopra la mia testa. Stavo comunque per tentare di colpirla, magari per azzardare un pallonetto difensivo, quando la palla all’ultimo fece una deviazione di mezzo metro sulla destra: a quei tempi avevo buoni riflessi, avevo giocato e risposto ai servizi di John Alexander, Franulovic e Jovanovic, Loyo Mayo, …a quelli dei migliori tennisti italiani…beh, presi a malapena la palla con il legno (già, la Dunlop Maxply di legno…ne è passato del tempo) e la steccai inviandola fuori dal campo e dal circolo, nel vialetto adiacente. Un vero home-run. Sconcertato mi apprestai, non senza patema, a rispondere al quarto servizio. Di nuovo non entrò la prima a Owen, ma la seconda. Di nuovo, mai visto prima e mai visto poi, quel diabolico effetto con la palla liftatissima che prima si alzava e poi schizzava a destra o a sinistra con un effetto spaventoso. Toccai anche quella, perché non era fortissima, era soltanto ingiocabile. C’era un sacco di miei consoci a vedermi. Ero giovane, se non di belle speranze. Non vi dico l’imbarazzo. Persi 6-1,6-2, forse anche 6-1,6-1, augurandomi che gli entrasse la prima perché se mi faceva un ace non facevo certo una figuraccia, ma se metteva la seconda e tute le volte mi costringeva a goffi salti per buttare la palla nel campo sei alla mia sinistra, o nelle siepi dell’altro lato, beh c’era da vergognarsi. Ogni volta che Davidson serviva non si giocava e non vedevo l’ora che finisse il suo game. Feci miracoli sui miei games di battuta, lottando orgogliosamente per cercare di strappare più punti possibile, ma nemmeno un piccolo prodigio sui suoi. Pensai dentro di me che cosa avrebbe mai significato affrontarlo sull’erba… Sul cemento allora non si giocava quasi. E pensandoci non mi meravigliai affatto per la semifinale da lui raggiunta a Wimbledon. Né mi stupii per il fatto che le donne che lo affrontavano in misto lo vedessero come uno spauracchio e non riuscissero a rispondere al servizio. Del resto, sennò, perché mai Billie Jean King avrebbe scelto proprio lui? Portava gli occhiali Billie Jean, ma aveva la vista lunga. Meglio averlo come partner che come avversario.

Ubaldo Scanagatta

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