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16/02/2011 17:54 CEST - IL PERSONAGGIO

Bum Bum Raonic, nuovo fenomeno

TENNIS - La vittoria di Milos Raonic al torneo di San Josè regala al mondo del tennis un nuovo talento, dotato di un gioco che sicuramente farà divertire. Il canadese (nato in Montenegro e allenato da Galo Blanco), vincitore in finale su Verdasco, ha sfondato il muro della sessantesima posizione ma punta alla top ten. In America è sbocciata una nuova stella? Claudio Maglieri

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Diciamolo subito senza giri di parole: l’ascesa al grande tennis di Milos Raonic è, insieme all’avvento di Dolgopolov, la notizia più lieta di questo inizio di 2011. Quante volte abbiamo detto o sentito negli ultimi anni “il tennis moderno è come la sabbia negli occhi”, “i giocatori di oggi non fanno tennis, praticano lo sparapallismo”, “quello li è un boscaiolo”, “nessuno sa più giocare a rete”, “abbasso i pallettari” e “ah, i favolosi anni ‘80”? Bene, è arrivato il tempo di lustrarci gli occhi e lodare le gesta di questi due nuovi profeti, portatori sani di un gioco frizzante che sicuramente ci farà divertire parecchio.

Di Dolgopolov si è già detto abbastanza, per cui è il caso di concentrarci su Raonic, perticone di 196 cm naturalizzato canadese (in realtà è originario del Montenegro). Il giovanotto, classe 1990 (è nato il 27 dicembre), è con tutta probabilità il “prescelto”, colui che sta bruciando le tappe nella scalata ai vertici di questo sport. Un po’ come quegli attori agli esordi che, già dai primi film girati, mettono in mostra un talento cristallino, che nella maggior parte dei casi rappresenta il preludio ad una carriera ricca di soddisfazioni. Raonic ha compiuto vent’anni da poco e già può vantarsi di aver fatto centro in un torneo ATP: nel weekend si è aggiudicato il suo primo titolo a San Josè (proprio come fece Andy Murray nel 2006) e lo ha fatto da gran campione, demolendo la resistenza di un top player come Fernando Verdasco. La lista di giovani tennisti che vincono precocemente il primo torneo è tuttavia lunga, tra l’altro molti di loro non hanno mai dato un seguito al primo exploit: anche se è presto per lanciarsi in previsioni, siamo pronti a scommettere che per Raonic non sarà cosi. Intanto il destino ha piazzato l’ennesimo coup de theatre: a Memphis, Raonic e Verdasco sono stati sorteggiati uno contro l’altro già al primo turno, per cui la finale di San Jose avrà subito un gustoso seguito. Vedremo come si disimpegnerà il canadese dopo la sbornia del primo titolo.

Il nostro Roberto Paterlini, per inquadrare il ragazzone, ha coniato una frase assolutamente azzeccata: “Con quei pantaloncini corti, la maglietta polo e (soprattutto) la tendenza all'attacco quasi su ogni punto, Milos Raonic crede forse di essere negli anni ottanta?” Chapeau. Del resto, Raonic sta facendo notizia proprio per questo: non è un giocatore “comune”, pratica un tennis estremamente aggressivo, spettacolare. Di spilungoni che si presentano in campo e iniziano a tirare noci di cocco il tour è pieno, anche Raonic in un certo senso fa parte di questa schiera, ma il suo modo di farlo è assolutamente inconfondibile: possiede un ottimo servizio, con il dritto sarebbe capace di decapitare l’avversario, soprattutto non ha paura di scendere a rete per mettere pressione al rivale di turno. Inoltre, particolare non da meno, il ragazzo ha gli “attributi”: in partita non si fa mai prendere dal panico e gioca bene tutti i punti, anche quelli più scottanti. Un esempio? A San Josè Milos ha vinto il torneo senza concedere mezzo set (ok, in semifinale ha usufruito di un walkover causa il ritiro di Monflis ma, come si dice, la fortuna aiuta gli audaci) e soprattutto si è imposto in tutti e quattro i tie-break che lo hanno visto protagonista. Due di questi gli hanno consentito di aggiudicarsi la finale: Verdasco, che tanto pivello non è, ha giocato un buon match, senza concedere palle break, ma al momento della verità si è fatto infinocchiare da questo sbarbato, davvero eccellente nello sferrare il colpo del ko al momento giusto (dopo 112 minuti di contesa). Quando vinci un tie-break a 6 ed uno a 5, del resto, c’è poco da commentare. Oltre allo spagnolo, Raonic ha messo in fila una lista di avversari mica da ridere: Malisse e Blake sono due vecchie volpi del circuito, mentre Richard <Ricardas> Berankis (sconfitto nei quarti) è anche lui uno dei giovani in rampa di lancio. Questi due, insieme al tanto decantato Grigor Dimitrov, rappresentano il futuro del tennis maschile.

Molti di voi avranno visto Raonic per la prima volta in azione lo scorso anno, al torneo di Tokyo: il canadese, dopo aver passato le qualificazioni, superò il primo turno e perse al secondo contro Rafael Nadal (poi vincitore del titolo). Il numero 1 al mondo si impose con un doppio 6-4 ma non fu una passeggiata: già quella volta Raonic fece vedere, seppur a sprazzi, la grande qualità del suo tennis e nel dopo gara Rafa dichiarò più o meno "Può diventare un gran bel giocatore. Non so quando, ma raggiungerà presto le prime posizioni del ranking". Da quel momento, il nome di Raonic si è espanso a macchia d’olio ed ora tutti lo tengono d’occhio: ai recenti Australian Open ha superato la giungla delle qualificazioni, nei primi due incontri ha demolito Phau e Llodra in tre set (con quattro tie-break su quattro vinti, manco a dirlo), al terzo turno si è mangiato Youzhny in quattro parziali ma agli ottavi ha dovuto soccombere alla maggior esperienza di David Ferrer (poi semifinalista). E adesso il titolo a San Josè, arrivato davvero in pompa magna.

Più che le vittorie, come detto, esalta il suo modo di giocare: come si fa a non apprezzare un tennista che nella sezione “colpi preferiti” mette “servizio e smash”? Per uno cosi, l’idolo di gioventù non poteva che essere Pete Sampras (“registravo tutti i suoi match che passavano in tv” ricorda Milos). Per chi ancora non lo avesse capito, parliamo di un tipetto che non va tanto per il sottile: la sua struttura fisica è possente, i colpi da fondo sono delle botte terrificanti (il dritto, in particolare, è più efficace del rovescio bimane), il gioco di volo promette bene, soprattutto vanno rimarcate la sua fame di vittorie e la sua forza mentale. Non può che essere cosi per un ragazzo costretto a soli tre anni a lasciare il natio Monenegro per trasferirsi con la famiglia nel più tranquillo Canada. A otto anni Milos ebbe i primi approcci con il tennis, sotto la supervisione del padre Dusan. “Usavamo una macchina sparapalle – continua Raonic - andavamo in campo alle 6,30 di mattina o alle 9 di sera, perché a quelle ore i campi costavano meno”. Investimenti e sforzi che hanno portato a qualcosa: a distanza di anni si è materializzato un giocatore di livello, che nel 2010 ha fatto l’esordio in Coppa Davis e che da questa settimana è alla posizione 59 della classifica (ma con grandi aspirazioni ad un posto nella top ten).

Lo vedi giocare e pensi “Wow, ma quanto è aggressivo questo ragazzo?”. Poi vai a vedere chi è l’allenatore e leggi Galo Blanco, ex professionista spagnolo che faceva della regolarità il suo punto di forza. Un “pallettaro” da terra rossa, dotato di rovescio ad una mano, che siede nella panchina di un colosso di quasi due metri che con lui, a livello di gioco, ha pochissimo in comune (e infatti Raonic predilige i campi veloci): stranezze del tennis, certo è che il sodalizio sta portando ottimi frutti. Chissà che Raonic non si riveli il “newcomer of the year”.
 

Claudio Maglieri

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