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18/02/2011 17:16 CEST - Esclusiva

«Quel giorno che vinsi con Nadal...»

TENNIS - A tu per tu con Guillermo Garcia-Lopez, lo spagnolo salito alla ribalta quando a Bangkok batté il numero 1 e poi vinse il torneo. «Rafa ha energie inesauribili, ma Roger è un angelo». Il n. 26 ATP ci racconta i segreti dell’armata spagnola, che vince senza montarsi la testa. E se gli chiedi quale giocatore preferisca evitare, ti risponde: «I top four, ma anche Frederico Gil…». Teo Gallo

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Questa settimana siamo andati ad Alicante a trovare uno dei tanti giocatori spagnoli che hanno fatto parlare di sé negli ultimi mesi. Guillermo Garcia-Lopez (Albacete, 1983) divenne famoso nell’ottobre scorso quando eliminò dal torneo di Bangkok l’onnipotente Rafa Nadal e proseguì portandosi a casa il trofeo. Lo incontriamo nel Club Atletico Montemar, dove la settimana prossima verrà presentato il turno di Coppa Davis contro il Belgio. Guillermo probabilmente non ci sarà. Il suo gentilissimo coach, Juan Manuel Esparcìa, ci spiega che se tutto va come previsto giocheranno Rafa e Ferrer i singolari e la coppia Verdasco-Feliciano Lopez il doppio.

Allora cominciamo parlando di questa invincibile armata spagnola: come vivete questi successi continui, qual è l’ambiente che si respira tra di voi?
Beh, quando ci incrociamo negli spogliatoi siamo molto amici, c’è un rapporto ottimo. Che io sappia non ci sono attriti personali tra nessuno di noi: è vero che stiamo vincendo molti tornei e siamo messi bene nel ranking, ma credo che siamo rimasti con i piedi per terra. A volte ci capita di vedere insieme qualche match di giocatori che hanno una classifica peggiore della nostra e ugualmente diciamo: “ Ragazzi, come gioca questo!” C’è molto rispetto per tutti gli avversari.Quando poi uno di noi vince un torneo e la settimana dopo capita di ritrovarci, lo festeggiamo di cuore.

L’umiltà è dunque il vostro segreto?
L’umiltà e il duro lavoro di tutti i giorni. Non so se i giocatori di altri paesi vanno d’accordo tra di loro, noi ci intendiamo a meraviglia, da sempre. Inoltre in Spagna nessuno ti regala niente e non è come in certe nazioni dove gli sponsor si fanno vivi da subito e ti aiutano ad andare avanti. Credo che la fame di risultati e di vittoria sia fondamentale, è quello che ti porta a lottare e correre in campo.

A Rotterdam non ti è andata molto bene (fuori al primo turno con Berdych 1/6 2/6). Puoi dirci cosa non ha funzionato?
Innanzitutto la superficie lo favoriva, e poi non dimentichiamo che si tratta del numero 7 del mondo e finalista a Wimbledon. Già nei primi games è riuscito a scappare via nel punteggio e questo lo ha caricato, mentre io non riuscivo a recuperare, non mi dava margini di movimento. Quando è iniziato il secondo set pensavo di poter rientrare in partita ma il break in apertura mi ha tagliato le gambe. Comunque negli scontri diretti siamo 2-2, non così male.

Parliamo della vittoria su Nadal in Tailandia (2/6 7/6 6/3 ). Pensi che la chiave sia stata la maggior tenuta fisica? Durante il tie-break del secondo set Rafa appariva stanco mentre tu sembravi molto più fresco.

Nel secondo set di quel match Rafa ebbe moltissime palle-break e non averne trasformata nemmeno una forse lo ha reso un po’ nervoso. Quando abbiamo iniziato il tie-break deve aver pensato che fosse un po’ strano essere ancora lì con tutte quelle occasioni mancate. Io ne ho approfittato, sapevo di non aver niente da perdere e ho giocato rilassato. Poi nel terzo credo semplicemente di aver giocato il mio miglior tennis e ho vinto. Un paio di settimane dopo a Shangai, Rafa mi confessò che si era sentito un po’ stanco, pur riconoscendo che avevo meritato di vincere.

Domanda per entrambi: come si vive la vittoria più importante della carriera?
J.M. Esparcìa: Al di là del risultato che in quel caso ci è stato favorevole, credo che quando ci si trova di fronte ad un numero 1 del mondo è importante cercare di godersi quel momento e far uscire il meglio di sé, senza paura, come ha fatto Guille quel giorno. A volte ci si riesce, a volte no. Credo che nel tennis il lavoro duro e la gioia di giocare debbano andare di pari passo, e a seconda delle situazioni può risultare più utile una o l’altra cosa.
G.Lopez: Io quel giorno sapevo di stare bene, e dopo aver perso il primo set vedevo che Juan mi spronava a continuare così: ero felice di giocare contro Rafa e ho pensato prima di tutto a godermi la partita, senza pensare troppo al risultato e…è andata bene. Per battere uno come Nadal ogni cosa deve andare nel modo giusto fin da quando ti svegli la mattina: sentirsi bene fisicamente, senza troppi pensieri, senza pressione.

Quali sono i giocatori che preferisci non incrociare, che danno più fastidio al tuo gioco per qualche motivo tattico?
Ovviamente ci sono i Top 4, Federer, Nadal, Djokovic e Murray, che la maggior parte delle volte non ti lasciano giocare. Un altro che preferisco evitare è Ferrer, perché fisicamente è fortissimo e devi correre il doppio per fare il punto.. Lo stesso Juan Carlos Ferrero se è in giornata può battere chiunque. Uno che mi ha sempre fatto soffrire pur non essendo un top player è Frederico Gil. Anche Tsonga e Troicki preferisco evitarli.

Hai giocato più di una volta con Federer. Raccontaci un po’ le tue sensazioni.
La prima fu a Basilea. Ricordo che c’era moltissima gente e io entrai in campo per primo; ero lì seduto ad aspettare e quando arrivò Roger un boato riempì il palazzetto. Mi sentivo un po’ intimorito e quel giorno mi massacrò. Poi ho giocato contro di lui a Indian Wells nel 2008 e a Wimbledon l’anno passato. Personalmente credo che sia il miglior giocatore della storia del tennis e giocare con lui mi ha dato sensazioni assolutamente uniche. E’ come se avesse un’aurea, una energia che lo circonda, una luce. E’ come un angelo.

Rafa non ti fa lo stesso effetto?
Sono diversi. Rafa è un gran lavoratore, un lavoratore nato, e ha una mentalità che nessun altro possiede nel circuito. Non sono certo il primo a dirlo, ma la forza mentale di Nadal è impressionante. Quando si mette in testa un obbiettivo, non si ferma finchè non lo raggiunge. Dal punto di vista tecnico può non essere il migliore, c’è chi dice che alcuni suoi colpi non sono stilisticamente perfetti, però fa correre la palla ed è fortissimo fisicamente. Rispetto moltissimo entrambi, sia Roger che Rafa.

Nadal è davvero semplice e disponibile come sembra?
Vorrei dire innanzitutto che non sono amico intimo di Rafa, però posso dirti che l’immagine che si ha di lui corrisponde perfettamente alla sua persona. Ha molto rispetto di tutti gli avversari e non l’ho mai visto fare un gesto sopra le righe. E’ davvero una persona aperta, accessibile.

(J.M. Esparcìa) Di tutti i numeri 1 che ho avuto il piacere di incrociare nella mia carriera, Rafa è sicuramente il più accessibile. Alcuni grandi giocatori non danno molta confidenza ai colleghi per non perdere il loro rispetto, per mantenere una distanza che poi cercano di tradurre in campo. Rafa no. Rafa riesce a rimanere semplice e aperto, pur non perdendo lo “status”, il “fisic du role” del numero 1.

Ti alleni con lui ogni tanto? Come ci si mette d’accordo per palleggiare con Rafa?

Più di una volta ci siamo allenati insieme. E’ più semplice di quanto si possa pensare, è successo che ci trovassimo nello stesso torneo e in quel caso si parla tranquillamente con lui o con lo zio Toni e tutto avviene in modo molto semplice. Da quel punto di vista è un giocatore come gli altri. Poi entra in campo e si trasforma in una bestia.

Credi che sia cambiato rispetto a 5-6 anni fa?

L’unico cambiamento che mi sento di sottolineare è una evoluzione nel modo in cui si relaziona con gli altri, una evoluzione professionale che ammiro molto ; teniamo presente che la pressione a cui è sottoposto Rafa è enorme, molteplice e non paragonabile con altri giocatori spagnoli. Interviste, sponsors, iniziative benefiche, gli incontri coi tifosi…Rafa muove le masse. Eppure la disponibilità è sempre quella, forse è addirittura aumentata! Dopo il tour in Asia lo scorso autunno siamo tornati qui ad Alicante per riposare un po’, ne avevamo bisogno; e invece Rafa prese un aereo e andò in India ad inaugurare una scuola i tennis! Le sue energie sembrano infinite, è impressionante.

Qualcosa di Rafa che ti ha colpito particolarmente

Posso dire che più di una volta l’ho sentito parlare con i suoi e dire : “Questa cosa non mi piace, dobbiamo migliorarla”. Parlo di aspetti tecnici. Un colpo, una situazione di gioco. Se si rende conto che ha qualche debolezza, subito la mette al centro di una discussione con i suoi e poi comincia a lavorare per migliorarla. E la migliora. Colpi di fondo, servizio, volèe. Io credo che tutti i suoi colpi siano migliori oggi rispetto a 5 anni fa e questo significa passare ore e ore ad allenarsi, senza lasciare niente, ma proprio niente, al caso.

Quale colpo ti piacerebbe prendere a Rafa, a Federer e a Djokovic.

Di Rafa prenderei volentieri la forza mentale, è ovvio. A Federer il dritto e la scioltezza con cui gioca. Di Djokovic mi piace il rovescio e l’agilità con cui si muove in campo.

Pensi che Djokovic diventerà numero 1?

Personalmente credo che sia il migliore, dopo i due fenomeni. In Australia ha vinto giocando ad un livello tremendo e ha perso un solo set in tutto il torneo. Sta dimostrando di essere un grande tennista e penso che prima o poi supererà in classifica sia Roger che Rafa. E`solo questione di tempo.

Sei numero 26 del mondo, il tuo best ranking. Essere così in alto cambia qualcosa in termini di preparazione, di obbiettivi. Come vivi la classifica Atp?

Nei primi anni della mia carriera ci ponevamo sempre un obbiettivo di ranking all’inizio della stagione, come fanno un po’ tutti. Mi succedeva però che magari a metà stagione mi ritrovavo lontano da quel numero che avevo in testa e questo mi metteva sotto pressione e creava dei problemi nella seconda parte dell’anno. Così da un po’ di tempo ho deciso di non pormi un obbiettivo di classifica: è ovvio che vogliamo salire il più possibile, ma preferisco non pensarci troppo e concentrarmi su ogni partita al 100%. Quando poi le cose vanno bene il ranking è una conseguenza, il ranking non mente mai.

Gli allenamenti sono uguali a prima o hai cambiato qualcosa? (risponde J. M. Esparcìa)
Lavoriamo di più su aspetti specifici del gioco rispetto a prima, aspetti tecnici e fisici. Essere numero 26 significa affrontare più spesso grandi giocatori ed è necessario e utile sapere come vanno affrontati ,quindi lavoriamo su alcuni dettagli che possono fare la differenza in certi match.

Ti piace giocare il doppio?
In effetti sì, cerco di giocarlo sempre. Non c’è un giocatore con cui faccia coppia fissa, quest’anno però ho parlato con Montañes e tutte le volte che saremo nello stesso torneo giocheremo il doppio insieme. Giocare in doppio mi aiuta ad allenare alcuni colpi e lo faccio volentieri. E’ anche vero che se vado avanti nel singolo fino al sabato può capitare che mi ritiri dal doppio per non stancarmi troppo.

Ci sono giovani teenager spagnoli che promettono bene?
Si dice che la prossima generazione non sarà all’altezza di questa, ed è possibile che sia così visto il livello che si è raggiunto. Il fatto è che tutti vogliono un nuovo Nadal, ma di giocatori come Rafa ne nascono uno ogni 30 anni; comunque il lavoro che si sta portando avanti è ottimo, se devo fare dei nomi dico Javier Martì e Roberto Bautista.

Parliamo un po’ delle scuole tennis in Spagna. Quali sono le migliori secondo voi? Bruguera, Ferrer, Sanchez&Vicario….
Io personalmente sono cresciuto nella accademia di Ferrero a Barcellona, ma credo che non sia facile dire: “Questa è meglio di un'altra”. Io mi sono trovato benissimo, ma penso che molto dipenda dal feeling che si crea con i coach. E’ importante che ci sia empatia, che i passi da seguire siano concordati. A quell’età è molto importante sentirsi a proprio agio con gli allenatori.

J.M. Esparcìa:  - In Spagna si lavora molto bene in tutte le strutture che hai nominato; per come la vedo io si tratta di rispettare i tempi di crescita dei ragazzi. Non aver fretta di passare dal club a una accademia. Fare in modo che i giovani siano in grado di terminare il ciclo di studi nel caso in cui la carriera tennistica non funzioni. Sono tutti aspetti che nel nostro paese si curano molto bene e i risultati si vedono. Una volta presa la decisione di entrare in una di queste strutture, il mio consiglio è di andare a visitarne due o tre, conoscere un po’ l’ambiente che si respira e le persone che vi lavorano per poter fare una scelta ragionata. Una volta scelta l’accademia, è importante avere fiducia nei coach, ascoltarli, anche quando dicono cose che certi genitori non vorrebbero sentire. E a quell’età è fondamentale avere un piano B che prescinda dal tennis; questo permette anche di giocare con meno pressione. Da questo punto di vista il modello Usa è molto efficace, perché prevede una tappa universitaria ad un livello agonistico notevole e il salto al professionismo avviene dopo, quando il ragazzo ha concluso gli studi e quindi sa che un giorno potrà dedicarsi ad altro. Il tennis non è tutto.

Teo Gallo

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