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27/02/2011 01:47 CEST - L'intervista

Brett Connors: “Io, il tennis e papà”

TENNIS - Una lunga intervista con Brett Connors (per Tennis-Prose.com): la sua relazione con il tennis e un tuffo nel passato in alcune delle più straordinarie imprese del padre, l’immenso Jimmy. Il confronto col presente: "Nell'era moderna i giocatori sono piuttosto protetti e lontani dai fans". E poi una confessione: “Oggi tifo Nadal...”. Traduzione di Danilo Princiotto

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Brett Connors, quali sono i tuoi ricordi sul tennis?
"I miei primi ricordi sul tennis risalgono agli Us Open, a Flushing Meadows. Camminare in città insieme a mio padre, vedere la gente avvicinarsi di corsa a lui per chiedergli autografi e dargli sempre un supporto incredibile. Posso ancora ricordare l’odore del suo spogliatoio e i trattamenti che i fisioterapisti e l’allenatore, Bill Norris (fondamentale nella carriera di mio padre) effettuavano su di lui. Ma il mio più bel ricordo è il lungo corridoio che portava dallo spogliatoio al campo centrale. La folla sembrava impazzita come un mare in tempesta, soprattutto se i giocatori fossero due “big” in grado di prepararsi ad una vera e propria battaglia. La gente acclamava e sosteneva il giocatore che preferiva tra i due. Io sentivo che tra mio padre e la folla di New York ci fosse un rapporto speciale, una sorta di consanguineità; penso inoltre che questa sia una caratteristica che manca oggi, un’era in cui i giocatori sono piuttosto protetti e lontani dai fans. Senza di loro il tennis non sarebbe così incredibile."

"Posso inoltre ricordare i momenti in cui, seduti sui seggiolini del Louis Armstrong Stadium con mia madre e i miei amici a guardare mio padre giocare in alcuni dei suoi match e a sostenerlo senza sosta. C’era inoltre un tunnel che portava dallo stadio all’esterno, era una facile via di fuga e io la utilizzavo nel momento in cui non avevo più voglia di seguire il match per andare a giocare con una pallina e una racchetta contro un muro. Pretendevo, d’altra parte, che il pubblico sostenesse me invece di mio padre, e quando sentivo “Game Connors” pensavo di giocare bene e di avere buone chance per battere il muro! Andavo poi a mangiare qualcosa e tornavo a vedere mio padre che finiva la vittima del giorno. Andavamo poi tutti insieme ad assistere all’intervista TV con Brent Musburger, e poi tornavamo in città. La stessa situazione si ripeteva al prossimo turno."

Perché Brett Connors ama il tennis?
"Oltre al fatto che la mia vita è sempre stata circondata dal tennis, io penso che ciò che veramente mi appassiona sia il fatto che il tennis è uno sport individuale. Essere intorno a mio padre ha installato in me una mentalità per cui non amo molto gli sport di gruppo, una sorta di ‘io contro il mondo’. Quando sei sul campo, esisti soltanto tu e l’avversario al di là della rete, non ci solo altre scusanti. Solo tu e la tua racchetta. Oltre ad essere uno sport fisico, il tennis è inoltre mentale, ed è questo che differenzia i grandi giocatori dai campioni, l’abilità di pensare e risolvere i problemi in fretta."

"Un giocatore può essere in grado di fare qualsiasi colpo, servire bene e avere un ottimo dritto o rovescio ma ciò che cambia veramente il corso delle partite è essere fluidi con il proprio gioco e non cedere mai. Di solito mi piace dire che il tennis sia una sorta di ‘pugilato con la racchetta’ poiché ciò che fa l’avversario ha effetti diretti su di te. Negli sport di squadra non sono mai chiare le responsabilità per un’eventuale sconfitta o vittoria del team."

Quali sport pratichi più spesso?
"Io sono un grande fan degli NFL, ma più che altro sono soprattutto un giocatore occasionale di tennis e, ancora oggi, seguo mio padre quando è in viaggio per il Team Tennis o per il Senior Tour. Ho imparato a giocare da mia nonna Gloria che tra l’altro ha insegnato molto anche a mio padre. E’ lei che ha inoltre dato un certo tipo di mentalità a noi Connors. (“la parola sconfitta non esisteva nel nostro vocabolario” ndr.). Ho giocato a livelli junior fino a 13 anni ma poi ho scoperto il golf e praticamente me ne sono innamorato. Al college tra tennis e golf, ho scelto quest’ultimo ma un pesante infortunio ha bloccato i miei sogni di gloria. Ciononostante gioco ancora molto soprattutto nei weekend."

"Naturalmente, come ho già detto, mi diverto molto anche a giocare a tennis e penso che sia uno sport che unisce socialmente e porta la gente a passare del tempo insieme. Cerco di giocare il più possibile, con i miei amici o con mio padre. Ancora oggi mi dice dove migliorare e su cosa lavorare; soprattutto sul rovescio e sul footwork."

Ci sono alcuni giocatori in particolare, nel tennis contemporaneo, che ti piace guardare?.
"Ora come ora mi diverto molto nel guardare Nadal perché da sempre l’anima. Lui lascia tutto ciò che ha in campo e, in un certo qual modo, mi ricorda spesso il modo di giocare di mio padre. Rafa ha capito che la gente ama questo negli atleti; ha capito ciò che i tifosi vogliono: un emozione sempre maggiore, perché oltre a essere sport, il tennis è anche intrattenimento per i fans. Nadal sembra inoltre un ragazzo molto umile, vicino al cuore della gente ed è per questo che mi piace sostenerlo."

"In realtà ammiro anche Juan Martin Del Potro. Lui colpisce la palla incredibilmente forte ed è in assoluto il migliore dal fondo. Sono stato veramente contento di vederlo trionfare a New York un paio d’anni fa. Il suono che produce quando colpisce la palla è pazzesco; sembra che qualcuno stia colpendo un sacco di patate con una mazza. Spero di vederlo al 100% al più presto perché manca alla sport.
Mi piace anche Cilic anche se sembra avere molti alti e bassi con il suo gioco, ha bisogno di lavorare per essere più continuo e consistente. Un giocatore con il suo talento non può non andare al di là dei quarti di finale nella migliore delle ipotesi. Penso inoltre che questo giovane ragazzo canadese, Milos Raonic abbia delle ottime possibilità per arrivare al vertice e restarci per molto tempo. E’ divertente vedere che ci sia un nuovo talento promettente, provenire dal Nord America ma non dagli Stati Uniti. Ha un ottimo servizio, e un dritto particolare con un buon taglio all’indietro. Detto ciò i giocatori così alti e robusti hanno spesso dei problemi sui tempi e sui movimenti rapidi ed è anche il suo caso. E’ comunque un ragazzo che va veramente tenuto d’occhio, soprattutto sull’erba di Wimbledon.

Cosa ricordi dell’indimenticabile corsa di tuo padre agli Us Open del 1991?
"Ricordo molto di quelle settimane, avevo 12 anni ed ero rimasto diverso tempo a New York prima che il torneo iniziasse. Eravamo sempre insieme alla famiglia di Vitas Gerulaitis mentre quest’ ultimo si allenava tutti i giorni con mio padre per abituarsi al caldo e alla temperatura. L’anno prima mio padre aveva saltato gli open a causa di un infortunio, ma molti hanno scritto che si trattasse di una futile motivazione per nascondere l’età che avanzava. Non posso negare che questa sia stata un’ulteriore motivazione per mio padre. Qualche giorno prima dell’inizio degli Open, lui mando a casa me, mia sorella e mia madre, in modo da non avere distrazione per il suo torneo. Io fui molto contrariato di allontanarmi da mio padre, ma solo adesso sono in grado di accorgermi quanto sia stata importante quella decisione."

"Ricordo di aver guardato i primi due set della partita contro Patrick McEnroe. Dopo aver visto la fine del secondo set (a favore di Patrick) e l’inizio del terzo (Connors sotto di un break) ho chiuso la TV e sono andato a giocare da un vicino di casa per distogliere la mia mente dal match. Dopo un paio d’ore però, è stata mia madre a chiamarmi e a dirmi che mio padre stava per chiudere il match in 5 set con circa due milioni di fans ad attendere la sua vittoria."

"Ho in mente abbastanza chiaramente anche le vittorie al secondo e terzo turno, ottenute in maniera abbastanza agevole ma i miei pensieri si fanno molto più chiari quando si parla dello storico match di quarto turno contro Aaron Krickstein, che mio padre aveva già battuto in precedenza a Wimbledon. Quello che molti non sanno è che lui e Aaron erano molto amici; qualche anno prima quest’ultimo aveva passato diverse settimane nel nostro ranch e aveva seguito insieme a noi il Super Bowl. Ma ovviamente non erano amici in quel giorno, su quel campo; ricordo di aver gridato insieme a mia madre su ogni punto seguendo il match da casa. La tensione era alta al punto che dopo un colpo sbagliato da parte di mio padre, mia madre chiuse la TV e mi chiese di andare in Chiesa insieme a lei e di pregare per far si che mio padre potesse avere un buon regalo per il suo trentanovesimo compleanno. Ritornati a casa Aaron conduceva 5-2 nel quinto. Ma il match girò e sappiamo tutti come andò a finire, con l’epica vittoria di mio padre nel tie-break decisivo. Non dimenticherò mai il canto di ‘buon compleanno’ che la folla dedicò a lui alla fine del match e il suo abbraccio all’amico di sempre: Vitas Gerulaitis."

"Il match con Haarhuis, l’ho visto con un amico di lunga data Jonh Heller a Los Angeles. Mio padre aveva perso il primo set e Paul serviva per il secondo set. Papà gioco però due ottime risposte e si procurò una palla break: forse uno dei punti più belli della storia del tennis. Quando il pallonetto di mio padre partì dalla racchetta, io pensavo che il punto fosse già chiuso ma Paul non era dello stesso avviso, mio padre però che mai avrebbe ceduto in un punto del genere, colpì un’altra volta quella palla con un grande rovescio e si issò sul 5-5. Dopo questo punto la folla era al 100% contro Haarhuis e in un certo senso, l’esito della partita era già segnato. L’avversario aveva subito il colpo e dopo aver ceduto il secondo set al tie break, finì per perdere abbastanza facilmente il terzo e il quarto set."

"La sua corsa finì però, in semifinale contro Jim Courier, forse l’unico dei rimasti con cui mio padre non avrebbe veramente avuto nessuna chance. Jim era giovane e avrebbe potuto giocare per ore e ore, gridando su ogni punto. Per mio padre era naturalmente più dura alla veneranda età di 39 anni. Nonostante una buona prova perse in tre set e Jim sembrava quasi scontento di essere in finale agli Us Open poiché era consapevole di aver interrotto una delle più grandi storie d’amore nel mondo dello sport, tra mio padre e la folla di New York. Ho sempre sperato di vedere Edberg in semifinale contro mio padre poiché certamente avrebbe avuto qualche possibilità in più. Ciononostante non dimenticherò mai in tutta la mia vita, quelle due splendide settimane ed è come se io fossi stato lì con lui ad incitarlo."

Quali giocatori hai incontrato nella tua vita?
"Naturalmente ho conosciuto molti dei quali giocarono nell’epoca di mio padre non prima però del momento in cui lui stesso iniziò il Senior Tour. Ho conosciuto un pò McEnroe e Borg ed entrambi si sono sempre comportati bene con me; abbiamo inoltre trascorso diversi momenti piacevoli. Ho recentemente lavorato su un documentario riguardante la vita di Gerulaitis e sia io che mia padre abbiamo parlato di Vitas e del significato della loro profonda amicizia stroncata nel 1994 a causa della morte di quest'ultimo a soli 40 anni per esalazione di gas tossico da una stufa. Ho conosciuto anche diversi altri giocatori come Jonh Lloyd, Jose Louis Clerc. Li incontro ogni volta che posso e vado spesso a cenare con loro. Ilie Nastase e la sua ex moglie mi hanno battezzato per cui cerco di andarli a trovare più spesso possibile. Tra i giocatori in attività conosco Andy Roddick: una persona veramente positiva."

Quali giocatori ti ricordano lo stile di tuo padre?
"Direi certamente ragazzi come Nadal e Ferrer per la loro capacità di stare in campo per delle ore e cercare di portare a termine il loro lavoro in ogni situazione. A livello tecnico potrei dire anche Nalbandian o Del Potro poiché entrambi hanno degli ottimi colpi di rimbalzo e colpiscono la palla forte e piatta. Dal lato femminile trovo alcune somiglianze anche in Serena Williams, poiché lei pretende sempre molto da se stessa ma qualunque cosa accada, l’unica cosa che vuole è battere l’avversario."


Parole significative quelle di Brett Connors, soprattutto nell’emozionale descrizione del percorso del padre agli Us Open 1991. Al di là dei paragoni che lo stesso ha fatto con diversi giocatori del Tour di una cosa possiamo essere abbastanza sicuri: giocatori come Jimbo Connors, con la sua combattività e l’incredibile longevità, difficilmente si potranno ammirare ancora sui campi da tennis. Oltre che una semplice intervista, questo articolo vuole rendere omaggio, attraverso le parole del figlio, a un grande campione qual è stato Jimmy, che ha reso grande il suo sport attraverso imprese memorabili e match indimenticabili, fino ad arrivare ad una delle sue ultime partite in uno slam al Roland Garros 1991, prima della clamorosa scalata agli Us Open, contro Michael Chang all’età di 39 anni, in cui dopo aver vinto il quarto set allo stremo delle forze decise di non andare al quinto e ritirarsi per impossibilità fisica; nonostante la sconfitta, eloquente fu quell’enorme ovazione dedicata allo statunitense da parte del Philippe Chatrier e il commento dei telecronisti francesi alla fine di quel match: "In assoluto il primo ritiro seguito da una standing ovation; Jimmy Connors alla soglia dei 40 anni non può più vincere ma si è guadagnato il rispetto di oguno di noi!"

Qui l'intervista in originale

Traduzione di Danilo Princiotto

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