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04/03/2011 19:02 CEST - Il racconto

Sempre più "Occhi" di falco

TENNIS - Manca ormai poco all'inizio del primo Masters 1000 della stagione, il torneo di Indian Wells, in cui, grazie a un notevole sforzo economico, tutti i campi saranno dotati dell'Hawk eye. Un trattamento uguale per tutti i tennisti, dal n.1 Atp ai qualificati, con l'auspicio che sempre più eventi (e soprattutto gli Slam) seguano quest'iniziativa. Ecco un racconto-riflessione sugli effetti che questa decisione porterà con sé. Francesco Pagani

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Campo secondario. Pochi spettatori sugli spalti: si tratta di ragazzi e appassionati. Il sole picchia duro, lo sforzo è molto. A volte sento gli applausi del pubblico venire da qualche campo principale. Me ne infischio, resto concentrato sul mio incontro, mi batto punto su punto per poter passare questo maledetto primo turno. Voglio vincere. L'avversario però è forte, forse più forte di me, sto faticando parecchio. Se non vinco oggi non vinco più, mi dico. Ho trascorso una carriera nell'indifferenza generale che un best ranking di 70esimo posto dà.

Ma oggi è diverso, i colpi scorrono come non mai, oggi è la mia giornata, non posso sprecarla. Così continuo a fare a pallate, a sforzarmi oltre i miei limiti per raggiungere il quasi irraggiungibile obiettivo. La partita si porta al tie-break del terzo set. Ottengo un mini-break e vado a servire sul 6-5 a mio favore. Equilibrio instabile. Sento che il campo si è riempito di più, gli applausi sono aumentati, sono corposi. Devo servire per chiudere, ho un match-point. Servo la prima centralmente, all'incrocio delle righe, il più forte possibile. Un istante e sento l'urlo del guardalinee, è fuori. Era molto vicina, penso. Abbasso la testa, come per servire la seconda palla. Poi un lampo, ho la chiamata, posso usare il falco!

D'improvviso un pensiero, più di mille parole, mi passa per la mente. Sono solo pochi istanti. Un articolo non basterebbe a descrivere la quantità di informazioni associate a quel pensiero che mi passano in quei secondi per la mente; mi ricordo alcune vicende dei mesi e giorni precedenti...

La notizia era diventata ufficiale il 2 novembre 2010: finalmente l'occhio di falco (Hawk eye) non sarebbe più stato appannaggio di pochi campioni, degli dei della racchetta scesi dall'Olimpo. Steve Simon, direttore, aveva affermato: “Lo renderà il torneo arbitrato con la maggior precisione al mondo”. Si trattava degli otto campi del torneo di Indian Wells in California, Master 1000 combined in programma dal 7 al 20 marzo 2011. Sì, ciò che diceva il direttore del torneo era vero, si trattava di un vero e proprio cambiamento: significava avere la possibilità di dubitare sulla chiamata e magari avere ragione, conquistandosi il punto. Finalmente avrei giocato un torneo in cui il tennis e le sue regole erano applicate in modo uniforme, senza più una netta distinzione (almeno apparentemente) tra partite di serie A e di serie B, di cui da tutta la carriera faccio parte.

L'investimento che il torneo si proponeva di fare per essere all'avanguardia era incredibilmente alto, da quanto si vociferava (70000 $ a campo?). Uno sforzo economico tale significava voler bene al tennis e ai tennisti, per prima cosa. E poi essere da traino, sì, essere l'avanguardia di una nuova democrazia tennistica: gli Slam si sarebbero adeguati (anche se con fatica...a Wimbledon 18 campi da coprire sarebbero tantissimi) alla trovata americana, pensavo.

Il maggior azionista del torneo (51%, Indian Wells è uno dei pochi tornei considerabili privatizzati), Larry Ellison, aveva dichiarato: “Mi sono chiesto perché un tennista che gioca sul campo 6 non debba avere le stesse possibilità di vincere la partita chiamando la moviola che ha il campione scendendo sempre sui centrali”. “Voglio far crescere il tennis” aveva poi aggiunto il 66enne magnate del software.

Un altro lampo, un flash, il secondo successivo. Pochi giorni fa mi era stata comunicata un'altra notizia. Belgio-Spagna con l'Occhio di falco. Anche quella vicenda era stata parecchio curiosa. La federazione di tennis spagnola, pur trovandosi in una situazione di netta superiorità tecnica, aveva fatto di tutto per poter mettere (riuscendoci) l'occhio di falco a Charleroi, in Belgio, con Nadal, Ferrer, Lopez e Verdasco pronti ad affrontare Malisse, Bemelmans, Darcis e Rochus. In quel caso il falco era diventato quasi protagonista: la federazione spagnola aveva affrontato uno sforzo economico incredibile per poter installare l'impianto nello stadio belga, senza alcun tipo di collaborazione da parte della federazione ospitante e dell'Itf. Il falco dunque, da mera comparsa, era diventato attore principale. Talmente protagonista da (forse!) togliere una grossa fetta di responsabilità agli arbitri, che ora non sono più inappellabili. Mi ricordo di aver pensato che, di fatto, se fossi stato arbitro non avrei gradito molto l'invasione dei falchi, macchinari freddi e pronti a smentirti con autorevolezza.

Tutto questo avviene in due piccoli secondi, incredibile quanto la nostra mente funzioni in fretta. O il nostro comunicare sia lento. Allora alzo il dito verso l'alto, chiedendo il falco. Il servizio è dentro, sorrido. Game, set, match. È oggi, sì, è oggi la mia giornata. Oggi sono un campione anch'io.

Francesco Pagani

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