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07/03/2011 18:05 CEST - Tennis italiano

Gianluigi Quinzi: io non ho paura

TENNIS - Campione di precocità con la testa sulle spalle, il 15enne marchigiano è indicato come il nuovo Panatta o il nuovo Nadal ma rifugge i riflettori. Numero 2 del ranking ETA, ha avuto il coraggio e la possibilità di andare all'estero e ha battuto avversari più grandi di lui. "Se vinci tutto a 12 o 14 anni non vuol dire che diventerai un top player. Ma tutti i big hanno vinto tanto da ragazzini". Alessandro Mastroluca

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″Ho sognato una strada″, canta Ivano Fossati, ″che si ferma su un ponte / e che di là da un muro alto / corre l'orizzonte″. Gianluigi Quinzi, la grande speranza per gli appassionati italiani di tennis ancora in attesa di un nuovo messia dai tempi di Panatta, sta provando a bruciare le tappe per scalare il suo di muro alto e conquistare un orizzonte di successo.

Il quindicenne nato a Cittadella e cresciuto a Porto San Giorgio ha appena vinto la sua ventottesima partita di fila, trionfando all’Uruguay Bowl, torneo under-18 Grade 2 sulla terra rossa partendo dalle qualificazioni e senza perdere un set. Il successo, in finale sul 17enne giapponese Kaichi Uchida, n.99 del ranking ITF under 18, porta Quinzi alla posizione 108 del ranking U18 con 231,5 punti e gli vale lo special exempt per il main draw dell’Asuncion Bowl, Grade 1 paraguayano cui partecipa questa settimana (un’eventuale vittoria gli farebbe aggiungere 150 punti), oltre alla quasi certezza di entrare nelle quali del prossimo Roland Garros junior.

Uno dei complimenti più interessanti gliel’ha fatto Nick Bollettieri parlando qualche mese fa con Charles Bricker: ″quel ragazzino è uno che non ha paura″. Non ha paura di lottare in campo, soprattutto non ha paura di partire, andare all’estero e confrontarsi con chi ha due o tre anni in più di età e di esperienza tennistica. Non ha avuto paura nemmeno di tentare il triplo salto mortale delle qualificazioni in un challenger, a Cancun in Messico, ma ha raccolto tre giochi contro il francese Michon, 20enne allora n.426 del mondo.

Quinzi, secondo italiano a vincere gli Europei Under-14 dopo Luzzi (battendo in finale il patavino Filippo Baldi, anche lui considerato molto futuribile da tecnici e sponsor dopo essersi salvato al primo turno da uno svantaggio di 2-5 al terzo set contro il lettone Slobookins), l’estate scorsa ha tentato il salto negli Itf Grade 5 in Sudamerica. Risultato? Quattro tornei giocati, quattro tornei vinti senza perdere un set, con una media di tre game persi a incontro, rifilando dieci 6-0 e giocando un solo tiebreak, vinto 7-3 contro l’indiano Abhishek Alla in semifinale a Santo Domingo.

L’aspettativa è tanta, ma queste due serie non bastano da sole queste due serie di successi a preconizzare un futuro da numero uno per l’azzurro che, mancino come il campione di Manacor (″ma io lo sono in tutto, lui solo a tennis″ tiene a specificare), è già da molti (troppi?) considerato il nuovo Nadal. Anche se, rispetto al maiorchino, ha colpi più piatti perché cresciuto giocando sul duro.

Esaltarsi per un Grade 2, definire prodigio assoluto un ragazzino che sta entrando nei primi 100 della classifica Itf, vuol dire far pesare sulle sue spalle, ancora strette nonostante un fisico cresciuto di 15 centimetri nell’ultimo anno, una responsabilità eccessiva. Un peso, quello della notorietà precoce, che ha rovinato tanti attesi campioni, da ultimi Gasquet e Donald Young.

D’altra parte, non è da tutti essere notati a sette anni da Adriano Panatta, con cui ha scambiato qualche palla durante un evento benefico a Macerata. Quando anche lo storico maestro Antonio Di Paolo, del circolo di Porto San Giorgio, consiglia ai genitori: ″Portate Gianluigi in giro, è un fenomeno. Vede la palla prima″, papà Luca e mamma Carlotta prenotano un biglietto per Bradenton.

Luca, ingegnere e proprietario di un’azienda di costruzioni, è stato un tennista di modesto livello, arrivato al massimo alla C2; la mamma aspirante campionessa di sci tradita da un ginocchio troppo fragile, quasi che nel suo cognome (Baggio, da nubile) ci fosse già scritto il suo destino sportivo, e poi nazionale di pallamano.

La prima leggenda di questa storia vuole che Bollettieri noti il giovane Quinzi a cinque campi di distanza. Gianluigi si ritrova davanti al "papa" e lo conquista con i suoi colpi mancini. Nick lo allena per qualche mattina, dalle 4 e mezza alle 8 e mezza, e decide di assegnargli una borsa di studio: dunque niente retta né foresteria da pagare.

I genitori, che hanno la disponibilità economica di coprire gran parte dei 100 mila dollari l’anno necessari per sostenere la carriera di Gianluigi, capiscono di voler sognare la sua stessa strada. ″In questo sport ci sono troppe pressioni, troppa attesa, troppi eccessi, e troppi mostri. Ma Gianluigi ha talento e dovevamo dargli questa possibilità. Non provarci sarebbe più grave″, hanno spiegato in un’intervista alla Gazzetta dello Sport.

Ma rifuggono riflettori, prime pagine, copertine. Sanno che una crisi di rigetto è sempre possibile, e insistono sull’importanza dello studio e del corretto comportamento dentro e fuori dal campo.

Agli italiani piace dormire, gli americani vogliono sempre accelerare″ spiega papà Luca. Gianluigi è una sorta di ibrido, un melting pot sempre curioso di sapere, di capire, che combina il tennis con la passione per il sushi e le sessioni di Playstation con l’amico Ricky Kendler.

Quinzi, che sogna di avere la mentalità di Nadal, ha le idee chiare da subito: sa quello che vuole e sa come ottenerlo. ″Non so ancora tanto di tecnica, devo sviluppare il gioco, e mi devo irrobustire. Ho battuto tutti quelli della mia età, sono fra i primi 10 d'Europa under 16, ma devo lavorare sulla mente. Non spacco racchette, ma se non gioco bene mi arrabbio″.

E’ uno a cui non piace perdere, e anche per questo interrompe il suo rapporto con Piatti (″non ci stava a perdere per crescere e vincere domani″ spiega mamma Carlotta) e decide di affidarsi a Infantino e Eduardo Medica.

In effetti, Gianluigi perde poco e brucia le tappe. E’ il primo italiano a vincere il Master Internazionale del Nike Junior Tour under 12, dove la Sharapova si è imposta nel 1999, Nadal ha trionfato tre volte e in finale sono arrivati Murray nel ‘99 e Del Potro nel 2000. E’ il primo a conquistare il Grand Slam Kids, che raggruppa i più importanti tornei di categoria. A 13 anni è il più giovane classificato nel ranking Itf junio; l’anno scorso, oltre al titolo europeo (già vinto in passato da Tommy Robredo, Mario Ancic, Richard Gasquet, Novak Djokovic e Marin Cilic) conquista il prestigioso BNP Paribas. A gennaio di quest’anno viene eletto Giocatore dell’anno della Federazione europea, come già Gasquet e Djokovic.

Come valutare queste vittorie? Il consiglio migliore lo dà proprio Quinzi, in un’intervista a Tennis Europe Magazine. ”Non dare troppa importanza ai primi risultati ma concentrarsi solo sul migliorare il proprio gioco. E poi dare zero importanza alla gente che dice che i risultati non significano nulla: lo sono ma solo se vengono valutati nel modo giusto, prendendo in considerazione anche la tecnica, la forma fisica e la personalità. In poche parole se vinci tutto a 12 o 14 anni questo non significa che diventerai sicuramente un top player. Però è abbastanza vero il contrario, cioè che la maggior parte dei grandi giocatori di oggi hanno vinto molto da ragazzini”.

Alessandro Mastroluca

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