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12/03/2011 07:07 CEST - Masters 1000

È già tempo di “March Madness”

TENNIS - Anche il tennis, come il basket universitario Usa, ha la sua "follia di marzo", che si consuma nei primi e più prestigiosi Masters 1000 dell’anno, Indian Wells e Key Biscayne. I favoriti della vigilia sono sempre loro, il trio Rafa-Roger-Djoker. L’anno scorso però nessuno dei tre riuscì ad arrivare in fondo a questi due appuntamenti. Teo Gallo

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Dopo i quattro tornei dello Slam, Indian Wells e Miami sono storicamente considerati i tornei più importanti dell’anno per diverse ragioni: Si giocano in cornici tennisticamente storiche, California e Florida. Non c’è pausa tra un torneo e l’altro e le condizioni di gioco, pur essendo la superficie la stessa, sono piuttosto differenti. Clima secco e cielo solitamente azzurro in California, umidità e vento a Miami. Sono i primi Master 1000 della stagione e vincerne almeno uno significa un "boost" in termini di punti, guadagni e visibilità spendibili durante il resto della stagione. Vincerli entrambi nello stesso anno è impresa mostruosa riuscita a pochi eletti: Courier (1991), Chang (1992), Sampras (1994), Rios (1998), Agassi (2001) e Federer (2005-2006).

L’anno scorso a Indian Wells si è consumata la più grande sorpresa dell’anno, per non dire della storia del torneo: la vittoria di Ljubicic che sconfisse prima Djokovic negli ottavi (in "straight sets") e poi Nadal in semifinale, per poi imporsi anche sull’idolo di casa Roddick. Il croato mostrò una condizione sublime e quel rovescio a tutto braccio che pochi hanno, rimontando Rafa dopo essere stato sotto un set e un break e vincendo i due tie-break della finale.

A-Rod si rifece della delusione la settimana successiva, vincendo il secondo titolo della carriera in Florida. Se i favoriti d’obbligo anche quest’anno sono Nadal, Federer e Djokovic (non necessariamente in questo ordine) , un gruppetto di outsider può sognare di imitare l’exploit di Ljubicic.

Roddick è un giocatore che nei tornei di casa ha numeri davvero importanti: dei 30 titoli vinti in carriera, 20 li ha conquistati negli Usa. Le ragioni sono abbastanza ovvie: superficie, clima, pubblico amico. Certo. Ma giocare in casa vuol dire anche avere la pressione delle aspettative. Le stesse diecimila persone che vanno a vedere Roddick giocare e sono pronte ad esultare per le sue vittorie saranno deluse e poco accondiscendenti se dovesse uscire al primo turno. Andy ha dato prova più volte di saper gestire perfettamente questa situazione e la vittoria in Davis dello scorso weekend gli ha dato ulteriore morale e fiducia in sé. Più che un outsider è il primo della seconda linea.

Un altro giocatore che basa tutta la stagione e la preparazione sui tornei di casa e avrà dalla sua parte tutto lo stadio è Mardy Fish, amico intimo di Roddick che lo accolse a casa sua per un intero anno nel 1999. Fish è uno che attacca la rete come pochi ormai hanno il coraggio di fare. Gli infortuni lo hanno perseguitato più volte, in questo momento si trova al numero 15 del ranking e se riesce a battere Raonic (prima o poi perderà una partita il canadese!) può arrivare a sfidare Federer nei quarti. Nessuna speranza? Occhio perché lo scorso anno si arrampicò fino alla finale a Cincinnati e perse 6-4 al terzo e Roger riuscì a strappare un solo turno di servizio all’americano, quello decisivo. Federer dovette tirare fuori dal baule tutti i colpi migliori.

Se il talento da solo bastasse a vincere tornei come Indian Wells, Baghdatis sarebbe tra i pretendenti; lo si ricorda prevalere su Federer proprio l’anno scorso in una partita tiratissima. Peccato che manchi di continuità e spesso mostri una pancetta poco compatibile con il tennis d’eccellenza. Vedremo se sarà inspirato contro Tsonga, probabile avversario al terzo turno: i due non si sono mai incontrati.

In realtà guardando il tabellone, la sensazione è quella del "dejá-vu". Il Nadal visto in Davis pochi giorni fa ha il servizio e la forma fisica per arrivare senza problemi in semifinale; se trovasse Ferrer nei quarti poi, la vendetta sarebbe scontata. Murray sembra essere nello stesso stato mentale di dodici mesi fa: un’altra finale persa in Australia con relativa pioggia di critiche e la mediocre apparizione a Rotterdam.

Anche Soderling sembra tracciare le stesse linee di un anno fa; nel 2011 ha giocato un ottimo tennis e vinto tre tornei minori: ripensandoci, la sconfitta a Melbourne con Dolgopolov (pur essendo quest’ultimo brillante, imprevedibile, tutto quello che volete) stona con la solidità mostrata a Rotterdam. Ma giocare indoor è un altro sport. Fin troppo facile dire che lo svedese abbassa l’asticella nei tornei che contano. C’è chi lo paragona alla Wozniacki. Sarà così anche quest’anno?

Teo Gallo

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