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01/04/2011 12:29 CEST - LA RIFLESSIONE

Soderling, numero uno degli altri

TENNIS - Protagonista assoluto del panorama ATP minore, tanto da avere lo stesso numero di trofei annuali di Djokovic, lo svedese è però mancato nei tornei importanti d'inizio anno, Melbourne e i primi due Masters 1000. Sembrerebbe che lo svedese non possa ambire a gradini superiori: a parlare ci sono caratteristiche tecniche e curriculum. Riccardo Nuziale

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Il passaggio da ottimo giocatore a top player è non di rado sadico e crudele. Commentare in negativo un inizio anno costellato già da tre titoli (stesso numero di Djokovic) ha infatti quasi del ridicolo.

Ma se la qualità di un anno va misurata con la qualità delle vittorie e del giocatore preso in esame, il 2011 di Robin Soderling è finora sì discreto (buono), ma decisamente monco. Cannibale nei tornei “minori” (vittorie nei 250 di Brisbane e Marsiglia e nel 500 di Rotterdam), lo svedese ha infatti fallito piuttosto clamorosamente i tre appuntamenti clou di inizio anno, l’Australian Open e i due Master 1000 statunitensi.

Il che riporta in auge una questione più volte emersa: Soderling è davvero un campione o è semplicemente un giocatore di grandissima solidità e pericolosità? C’è davvero da stupirsi delle battute d’arresto che, anche nei tornei di prima fascia, lo vedono protagonista?

Tipologia di giocatore e curriculum pendono decisamente verso la seconda opzione.
Soderling è un implacabile incontrista, straordinariamente potente e, nelle giornate in cui riesce con costanza a far prevalere il proprio gioco d’attacco, è irresistibile; le palline sembrano proiettili e l’avversario non può far altro che correre come un forsennato per poi comunque perdere spesso il punto.

La grave pecca del suo gioco è però nella sua straordinaria monotonia. In altre parole, Soderling non ha la mano e l’intelligenza tattica per attuare altri piani e stili di gioco nelle giornate in cui il piano “spara e distruggi” non funziona. Le partite perse con risultato netto proprio per questo motivo non sono rare (l’ultima contro Del Potro ma, tra quelle di quest’anno, quella contro Dolgopolov è la più lampante).

In secondo luogo, il curriculum. Che Soderling abbia raggiunto grandi risultati è sotto gli occhi di tutti, ma quanto a vittorie la sua bacheca trofei non è assolutamente di primo livello: basti pensare che fino a novembre non aveva mai giocato (e quindi vinto) una finale Master 1000.

Per scrupolo abbiamo pensato di rievocare la carriera tennistica di Soderling a partire dalla partita che ha cambiato la considerazione generale dello svedese, vale a dire ovviamente l’ottavo di Parigi 2009 contro Nadal.

2009: dopo la grande sorpresa/impresa di inizio millennio, lo svedese fu bravissimo a rimanere calmo, umiliando Davydenko e “tappando” la rimonta di Gonzalez in semifinale, riuscendo a imporsi al quinto. La pressione della finale con Federer, però, lo paralizzò e per lo svizzero non ci furono problemi, se non nel secondo set, concluso al tiebreak (forse il più grande gioco decisivo mai giocato da Federer, con quattro aces messi a segno su quattro punti giocati al servizio).
A Wimbledon e a New York sbatté sempre contro lo scoglio Federer (sul cemento rischiando prima l’umiliazione totale, poi la clamorosa rimonta), mentre negli altri tornei giocò male: vinse nel torneo casalingo di Bastad, senza però trovare avversari degni, mentre non riuscì a incidere negli altri tornei, Master 1000 in primis. Si riscattò a Londra nel Master di fine anno (il primo della carriera), confermando la supremazia temporanea su Nadal e giocando una combattutissima semifinale contro Del Potro, persa solo al tie-break del terzo set.

2010: partenza shock, con le sconfitte al primo turno di Chennai e, soprattutto, di Melbourne, dove si fece clamorosamente rimontare due set da Granollers. Riscatto a Rotterdam, vincendo il torneo, e a Indian Wells e Miami, raggiungendo in entrambi casi le semifinali (sconfitte contro Roddick e Berdych). Con la curiosità generale di rivederlo all’opera sulla “superficie del delitto”, Soderling iniziò la stagione sul rosso arrivando in finale a Barcellona (sconfitto poi in tre contro Verdasco) ma poi, esattamente come nel 2009, con l’aggravante di non aver affrontato Federer e Nadal, giocò malissimo e perse tre partite su quattro (unica vittoria contro il nostro Lorenzi).
Proprio come nell’anno precedente, però, lo svedese a Parigi si trasformò e compì un’altra impresa, battendo per la prima volta in carriera Federer nei quarti di finale e fermando così la striscia di semifinali Slam consecutive dello svizzero. In finale si sfaldò nuovamente, regalando una facile rivincita a Nadal, che dominò l’incontro in tre facili set.
A Wimbledon partì bene ma, arrivato alla muraglia spagnola, cedette: soffertissima vittoria su Ferrer al quinto e sconfitta ai quarti con Nadal in quattro. Di nuovo buio: fallita la conferma del titolo di Bastad dell’anno prima, perdendo in finale contro Almagro, giocò male a Toronto e Cincinnati (anche se il sorteggio, va detto, fu terribile, con Gulbis, Nalbandian, Hewitt e Roddick).
Un buon US Open (quarti, sconfitta netta contro Federer) sembrò poter ridare linfa allo svedese, che invece tornò a giocare come prima, se non peggio: a Kuala Lumpur, Pechino e Shangai prese tre autentiche stese contro, rispettivamente, Golubev, Ferrer e Federer, vincendo in tutto tredici giochi.
Soderling però riuscì a rialzarsi, giocando un buon torneo a Valencia (semifinale) e vincendo il primo Master 1000 della carriera a Bercy, vittoria però agevolata da un tabellone piuttosto facile, con Llodra e Monfils in semi e finale (e con Llodra si salvò per miracolo).
A Londra eliminazione al round robin: sconfitta netta contro Murray, vittoria a fatica contro Ferrer e sconfitta fatale contro Federer.

Anche guardando in dettaglio il curriculum del Soderling “campione affermato”, insomma, si arriva alla conclusione che lo svedese campione affermato non lo è. Si può dire piuttosto che sia attualmente il "numero 1 degli altri", un giocatore estremamente pericoloso su tutte le superfici, capace di grandissime imprese sporadiche, ma non in grado di sostenere né un anno a livelli stellari, né la pressione dei grandissimi momenti. Se tuttora, nel parlare di Fab Four, si include Murray e non lui, il motivo è ben chiaro: pur nelle sue periodiche crisi depressive devastanti e obnubilanti, lo scozzese ha fatto intravedere in questi anni una varietà tecnica, un potenziale nascosto, che Soderling non ha. Stesso discorso vale per Del Potro, giustamente atteso ad un pieno ritorno a quei "altissimi piani" che allo svedese sembrano proibiti.

Lo svedese il suo limite sembra averlo raggiunto da due anni a questa parte ed è quel limite che, di tanto in tanto, lo tradisce nei momenti importanti.

Riccardo Nuziale

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