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01/04/2011 22:07 CEST - La crisi di Andy

Murray, è Lendl l'uomo giusto?

TENNIS - Andy Murray, allo sbando dopo la finale persa in Australia, sarebbe sul punto di annunciare il suo nuovo coach. Nei giorni scorsi un'offerta di aiuto gli è giunta addirittura da Ivan Lendl. Ma l'ex cecoslovacco è la persona che fa al caso del numero 1 del Regno Unito? Ci siamo posti alcune domande a riguardo. Mauro Cappiello

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Nel turbinio di voci e di notizie vere o presunte che si è generato dal periodo di crisi di Andy Murray, ha destato grande sensazione un’indiscrezione del Guardian, secondo la quale Ivan Lendl si sarebbe proposto come coach allo scozzese. A Miami, dove sia Lendl che Murray hanno casa e dove il numero 1 britannico ha rimediato da Bogomolov junior la terza stesa in altrettante apparizioni dopo la sconfitta in finale da Djokovic all’Australian Open, l’ex campione avrebbe avvicinato il clan del 23enne di Dunblane per offrire il proprio aiuto a Andy e traghettarlo fuori dal buio.

Mentre Lendl aspetta di ricevere una risposta ufficiale, secondo una notizia lanciata da Tennis Talk e per ora non confermata da altre fonti, il management di Murray avrebbe espresso disinteresse verso l’offerta dell’ex campione. Al momento Murray starebbe pensando di accettare una wild card per il torneo di Monte Carlo e intanto continua ad allenarsi con Dani Valverdu, venezuelano ex numero 727 del mondo, promosso da sparring partner a coach “pro tempore”. Con il conforto di una classifica, che a dispetto delle disgrazie recenti e complici le precoci sconfitte di Soderling nei Masters 1000 americani, continua a sorridergli, perché da lunedì il finalista di Melbourne salirà di nuovo al quarto posto, spodestando proprio lo svedese.

Nell’attesa di sapere realmente come stanno le cose, noi abbiamo voluto chiederci comunque se Lendl sia proprio il successore ideale sulla panchina che fu fino al 2007 di Brad Gilbert, poi per altri due anni e mezzo di Miles Maclagan e, fino a circa una settimana fa, di Alex Corretja, ultimo coach part-time a cui si è affidato lo scozzese.

Lendl, che si è ritirato dal circuito nel 1994 con la schiena a pezzi, è stato per lunghissimo tempo lontano dal tennis, preferendo dedicarsi al golf, e sembra aver ritrovato solo recentemente un po’ di entusiasmo per lo sport che gli ha dato 270 settimane da dominatore assoluto, esordendo nel Champions Tour lo scorso ottobre a Parigi e giocando poco più di un mese fa un’attesissima esibizione al Madison Square Garden contro il suo acerrimo rivale John McEnroe.

A dire la verità, questa non è la prima volta che il suo nome viene accostato a quello di Andy Murray. I media lo fanno spesso, quando ricordano che anche l’ex cecoslovacco (cittadino americano dal 1992) ebbe a livello di Slam un inizio tribolato per poi sbloccarsi e andare a vincere otto titoli Major, tra Parigi 1984 e Melbourne 1990. Mentre Murray ha perso le sue prime tre finali Slam, Ivan “il Terribile” fu sconfitto addirittura nelle prime quattro: nel 1981 da Borg al Roland Garros, nel 1982 e 1983 a New York sempre da Jimmy Connors, e da Mats Wilander, ancora nel 1983, in Australia. Giunto nuovamente in finale, nel 1984, all’Open di Francia, quando molti già dubitavano delle sue possibilità di diventare un campionissimo, Lendl vinse il suo primo Slam a 24 anni nella maniera più clamorosa, rimontando due set di svantaggio a un John McEnroe che aveva giocato in quell’occasione, a giudizio di molti, il tennis più bello mai visto sulla terra battuta.

Chi meglio di Ivan, si dice quindi, saprebbe come affrontare le pressioni e le frustrazioni che provengono da un’attesa tanto lunga (per un talento di prim’ordine, intendiamoci)? Chi più di lui sarebbe capace di inculcare in Murray quella fiducia in se stesso che sembra essere venuta meno quest’anno (come l’anno scorso) dopo il tonfo nel match decisivo della Rod Laver Arena?

Lendl è inoltre conosciuto per la disciplina ferrea che ha applicato alla sua carriera, per il duro lavoro che ha sempre contraddistinto il suo modo quasi maniacale di approcciarsi al professionismo. John McEnroe, per esempio, ritiene che Ivan sia stato il primo nella storia ad aver fatto della preparazione fisica una componente essenziale della costruzione del tennista di altissimo livello. Sulla scorta di questa considerazione si ritiene allora che l’ex numero uno del mondo possa essere l’uomo ideale per insegnare a un talento “indisciplinato” come Murray il giusto atteggiamento mentale che lo trasformerebbe in un giocatore vincente nelle occasioni che contano.

Quando però ci si lascia andare a facili entusiasmi sulle possibilità che Lendl sia un buon coach si trascura un particolare di non secondaria importanza: il campione di Ostrava non ha mai allenato e iniziare a farlo con un giocatore del calibro e dalle aspettative di Murray sarebbe quasi come mettere una Ferrari in mano a un neo-patentato. Le capacità di Ivan di trasmettere a un allievo i concetti che hanno fatto la sua fortuna sono tutte da verificare, tanto più che i precedenti di leggende del tennis divenute coach di un certo livello non sono tantissimi: anzi, per la verità, ci viene in mente solo Jimmy Connors che, tra il 2006 e il 2008, sedette all’angolo di Andy Roddick. Più comune, invece, trovare tra gli allenatori affermati ex giocatori dall’onesta carriera, mai assurti però alla gloria tennistica. Qualche nome: Brad Gilbert, Peter Lundgren, Franco Davin.

D’altra parte è anche vera un’altra considerazione: diversamente da molte delle leggende del tennis, Ivan Lendl non era dotato di un talento eccelso e ha dovuto lavorare su se stesso molto di più di campioni suoi contemporanei (o quasi) come McEnroe, Edberg, Becker, giusto per citare i nomi di altri ex numeri 1 con i quali Ivan si giocò diverse finali Slam. È quindi lecito pensare che l’ex cecoslovacco possa sapere più di altri come estrarre il meglio da un tennista, come massimizzare il suo potenziale.

Se vogliamo trovare una differenza tra l’esperienza di Connors come coach di Roddick e quella eventuale di Lendl all’angolo di Murray possiamo risalire alle caratteristiche fondanti dei due leggendari campioni: mentre l’etica del lavoro di Lendl può essere trasmessa, è ben più difficile contagiare il fuoco agonistico che animava il grande Jimbo, e forse questa è una delle ragioni per cui quest’ultimo con Roddick non ottenne i risultati che A-Rod avrebbe sperato.

Ma siamo poi così sicuri che Lendl, noto per un carattere abbastanza spinoso, riesca a trovare i modi per comunicare ciò che intende, facendosi ascoltare da un tipo piuttosto cocciuto come Murray, senza farsi mandare a quel paese nel giro di un paio di mesi?

C’è in Rete già chi ironizza sul possibile connubio professionale tra due personaggi come il campione degli anni ’80 e la speranza “British” degli anni ‘10 del nuovo secolo. Imperversano sui forum richiami ai discutibili metodi di allenamento adottati dal duro sergente Hartman nei confronti del soldato “Palla di lardo” nel capolavoro di Kubrick “Full Metal Jacket”. Ma in fondo la personalità di Lendl e quella di Murray qualcosa in comune ce l’hanno: l’acuta intelligenza nascosta dietro un velo di scontrosità, così come una certa incapacità di far presa sulle simpatie delle grandi masse. E magari da quest’analogia potrebbe nascere un’alchimia che giocherebbe a loro favore.

Non può, però, non venire in mente un’altra obiezione: Ivan Lendl, 51 anni e cinque figlie, avrà la voglia di mettersi di nuovo a viaggiare per il mondo al seguito di un ragazzo che ha meno della metà dei suoi anni? Oppure finirà per abbandonarlo proprio nei momenti che contano, come ha fatto Corretja che non è andato con Murray in Australia, lasciandolo unicamente sotto lo sguardo ansioso e ansiogeno della madre Judy? È proprio questo il dubbio sollevato da Mark Petchey, ex tennista inglese che ha allenato lo scozzese nel 2005, secondo il quale la proposta di Lendl mirerebbe esclusivamente ad attirare pubblicità sulla “Champions Academy” da lui inaugurata negli Stati Uniti. Se Lendl deve essere un coach solo per l’apparenza, allora meglio lasciar perdere. Perché Andy ha bisogno di qualcosa di più: di un padre tennistico che gli trasmetta motivazioni e sicurezza nei momenti importanti, per non dover ripetere il comportamento tragicomico della fine del primo set della finale di Melbourne 2011, quando fu addirittura lui che dovette rivolgersi al suo angolo per fare cenno alla madre di stare calma...

E, infine, Lendl ha vinto praticamente tutto tranne Wimbledon, la sua ossessione. L’ex numero 1 arrivò al punto di snaturare quasi completamente il suo gioco pur di trionfare a Church Road, senza riuscirci. Come prenderebbero allora questo sodalizio gli inglesi, che aspettano dal 1936 di veder vincere un esponente del Regno Unito sui prati dell’All England Lawn Tennis Club? Non rischierebbe questo di diventare un nuovo tema conduttore delle conferenze stampa, finendo per mettere su Murray ulteriore pressione?

Tutte domande che attendono risposta. E che tuttavia aggiungono altro pepe a un’eventuale entrata in gioco di Ivan "il Terribile" nello staff di Murray. Se sia lui l’uomo giusto è insomma difficile dirlo, ma l’ipotesi è comunque troppo suggestiva per non essere curiosi di vederla realizzata.

Mauro Cappiello

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