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15/04/2011 00:20 CEST - MASTERS 1000

Gil, il vicino povero degli spagnoli

TENNIS - Frederico Gil viene da un paese tennisticamente periferico, ma è già nei quarti può vantare già uno scalpo eccellente come quello di Gael Monfils. Oggi sfida Murray. E ha portato il suo Portogallo nella geografia del tennis mondiale. Vediamo tutti i risultati dei portoghesi nell'Era Open con le statistiche di Stefano Rosato. Gianluca Comuniello

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Là, molto ad ovest: una terra dove l'Europa si affaccia a pensare di diventare qualcos'altro. Una terra che ha sempre avuto davanti un mare che per secoli è stato immaginato come la fine del mondo. Una terra di gente che per forza di cose ha imparato ad andar per mare, ad esplorarne le possibilità e i pericoli. Una terra di gente capace di dominare il mondo e poi finire giù, paese che fa fatica a stare al passo con i migliori al giorno d'oggi, paese che (è proprio cronaca di queste ore), rischia di finire nel gorgo della recessione economica come e più di altri. Una terra di grandi uomini con la penna in mano: Pessoa, Saramago... naviganti e poeti, quasi più di noi.  Anche tennisti, quasi più di noi. Almeno questa settimana. Anche se noi nel 2002 li battemmo 4-1 in Davis a Follonica con Sanguinetti e Galvani, Bertolini e Galimberti. Anche se a luglio i portoghesi si candidano come la vittima predestinata della nuova voglia di Davis di Federer.

Il Portogallo è tradizionalmente considerato periferia del mondo del tennis. Una periferia scomoda, una di quelle periferie che stanno vicino ai quartieri più ricchi. Li vedono, ma non li possono toccare. Li invidiano, ma non sanno come fare a diventare come loro. Mica semplice, essere il Portogallo, anche nel tennis. Se smetti di guardare il mare e ti giri, ecco che ti si presenta la Spagna. Dico: la Spagna. Nadal, Moya, Ferrero, Bruguera e tutto il ben di dio che hanno confezionato negli ultimi venti anni. Tu invece, sei lì vicino che non vinci mai. Non giochi neanche negli stessi tornei, spesso.
Se ti chiedono di nominare le tue glorie tennistiche nazionali, il nome più vicino che c'è ad una tennista conosciuta a livello planetario è Michelle Larcher de Brito, la Grande Urlatrice. Poi? Pedro Cordeiro. Emanuel Couto. Cunha-Silva. Machado. Marques. Mota. Verrebbe da parafrasare don Abbondio: “chi erano costoro?”
Erano alcuni dei tennisti che la prestigiosa scuola portoghese ci ha offerto fino ad oggi. Oggi che possano sperare che Gastao Elias combini qualcosa di buono, ma senza esagerare.

Oggi che, soprattutto, hanno Frederico Gil nei quarti del 1000 “farlocco” (ma sempre di 1000 trattasi, anche se non “mandatory”) di Montecarlo. Gil il pedalatore, Gil il cagnaccio. Un giocatore che sembra uno degli spagnoli degli anni Novanta: quelli che ancora non avevano imparato ad attaccare, ma che di concederti facilmente la partita sulla terra non ne volevano nemmeno sentire parlare. E' un po' un tipo così, Gil: il suo servizio non ti rimane impresso (tranne che a Bolelli a Casablanca: 17% di punti raccolti, ancora non ci credo), i suoi colpi di rimbalzo nemmeno. Il suo fisico nemmeno. Però lui sta lì. Rema, suda. Ti fa sputare sangue. E nel giovedì monegasco ha costruito una ragnatela attorno a Monfils e ce lo ha strangolato, complici le non perfette condizioni fisiche del francese. LaMonf, che dicono fosse abbastanza seccato di non essere sul centrale. Magari sul centrale andava diversamente. Ma erano sul campo dei Principi e se c'è una cosa brutta in un torneo sulla terra, è essere un vip del circuito (o presunto tale) e affrontare un pedalatore su un campo secondario. La partita andava in contemporanea a quella sul centrale fra Federer e Cilic. Almeno all'inizio, perchè in reatà l'andatura dei due match era quanto di più diverso si potesse concepire. Roger e Marin si sbrigavano, chiudevano in un'ora e dieci la pratica. Gael e Frederico in un'ora non erano buoni a chiudere il primo set. Ovviamente, facendo zapping da un campo all'altro sembrava di assistere a due sport diversi. Ovviamente, era più facile farsi accarezzare gli occhi dalla pur non eccelsa partita fra lo svizzero e il croato che da quella di Gil e Monfils. Ma a Gil questo, quasi sicuramente, non interessava.

La sua missione era mandare ai matti Monfils. Non impossibile, direte voi. Ma provateci, con un fisico normale, con dei colpi normalissimi, a battere Monfils sul suolo patrio. Gil è uscito da quel primo set maratona con le ossa meno rotte del francese, che ha preferito mollare lì la questione. Non così disposto a lottare nella polvere, come invece il portoghese è abituato a fare, su palcoscenici meno prestigiosi.
Per Gil ora ci sarà il centrale. Doveva esserci Monfils, a vendicare Simon, contro Murray. Ci sarà Gil: probabilmente un'altra pillola ricostituente per lo scozzese. Ma una di quelle pillole che ti fanno sudare sette camicie per andar giù. Quarti a Montecarlo: in fondo, un posto come un altro per guardare il mare e pensare alle sue infinite possibilità.

I PORTOGHESI NELL'ERA OPEN: Nuno Marques è ancora il più "vincente" (clicca sull'immagine per ingrandirla)


Gianluca Comuniello

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