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21/05/2011 18:06 CEST - IL PERSONAGGIO

Djokovic, nome da numero 1

TENNIS - Può un nome celare nel proprio acronimo le stimmate del fuoriclasse? In alcuni casì, sì. Abbiamo “sviscerato” la parola Djokovic scoprendo che ciascuna lettera nasconde una dote che il campione di Belgrado ha portato ai massimi livelli. Doti che in questo momento lo rendono il n. 1.  Dalla D di duttilità alla C di cultura, Nole sembra averle proprio tutte. Stefano Bolotta

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D come DUTTILITA'. Inizialmente si pensava che Djokovic, per caratteristiche tecniche, potesse imprimere la propria forza soprattutto sulle superfici veloci, in particolare sul cemento outdoor. I risultati sino a questa stagione confermavano la tesi. L'ultima versione di Nole, però, ha scombussolato qualsiasi previsione: il ragazzo conosce la terra battuta e vi si adatta al meglio, grazie a una capacità aerobica fuori dal normale e a una naturale elasticità muscolare che lo fa muovere, a parità di chilometri macinati, con minore dispendio di energie e logorio fisico (il confronto è lampante con Nadal). Manca l'appello dell'erba, ma la domanda è lecita: se a Wimbledon hanno vinto Agassi, Hewitt e Nadal, pur con differenze fra loro, perché non potrà farlo Djokovic? In questo momento la duttilità di Djoker è da n. 1, perché Federer è sceso di rendimento sia sul cemento che sulla terra, Rafa sul veloce nel 2011 ha macinato molti meno punti mentre a livello indoor non ha mai incantato (e Djokovic ha dalla sua la Master Cup).

J come JOLLY. Sarò franco. Essendo difficile trovare un sostantivo che inizi per J, mi gioco il Jolly come espediente. Anche se, a ben guardare, nessun termine descrive meglio Nole e riassume tutte le sue doti! Il serbo ha faccia e verve da istrione, tant'è che il soprannome "Djoker" gli è universalmente riconosciuto. Per sfondare come terzo incomodo fra due giganti del tennis, nei tabelloni, negli albi d'oro e nel cuore dei tifosi, occorreva proprio giocare il Jolly. Proporsi con freschezza e valore come alternativa a un duopolio da leggenda. Novak ci sta riuscendo.

O come OSTINAZIONE. Che caratterino, il serbo. Due anni fa pareva perduto: il cambio di racchetta, le difficoltà a reimpostare l'impugnatura sul dritto, la consapevolezza di dover scalare una montagna per raggiungere i primi due. Ma Nole ha pelle d'acciaio. Non si è abbattuto, ha rimesso in piedi una squadra vincente in grado di supportarlo, ha lavorato sulla componente atletica e sull'atteggiamento in campo. I 20-25 rimbalzi prima di servire sono diminuiti, segno evidente di un'attitudine diversa e più sicura. Novak non molla un quindici. Non si abbatte dopo un controbreak subito, come la finale di Roma dimostra. Rimane sul pezzo, conscio che prima o poi si presenterà un'altra occasione. Superare Nadal con le sue stesse armi - forza, vigore, rapidità - sembrava a tutti utopia. Djokovic l'ha trasformata in realtà. Adesso c'è la voglia-necessità di vincere tornei che ancora mancano al suo palmares, e rincorrere il numero uno nel ranking. Rispetto agli altri due fenomeni del tennis mondiale, Nole ha più fame, e visti i 24 anni, ha bisogno di farlo piuttosto in fretta.

K come KILLER INSTINCT. Se batti Nadal nelle ultime quattro sfide dirette, significa che se hai un solo colpo in canna non esiti a premere il grilletto quando l'avversario mostra il fianco. Appena il serbo vede un pertugio, vi si infila. Per esempio uno che potrebbe avere più tennis di lui nella testa (e nelle braccia?), Murray, in quel pertugio rimane sempre incastrato. La parola alle statistische: 39 partite di fila non le vinci se non hai l'istinto del sicario. E non fermi la leggenda della terra rossa come fosse cosa scontata. A livello di trasformazione di palle break, nel 2011 Djokovic vanta il 50% (Nadal 46, Federer 38); le palle break salvate sono il 70% (Nadal 66, Federer 65). Nessuno è tanto concentrato e letale.

O come OSTENTAZIONE. Una qualità che potrebbe apparire negativa, ai limiti dell'arroganza. E che invece su quella faccia e quel fisico da trasformista diventano un'arma spietata. Djokovic ostenta la sicurezza del campione, ha l'atteggiamento del cannibale. La possedeva anche prima, ma essendo il livello su cui si esprimeva più basso, spesso era fraintesa. Adesso è un'altra storia. Ricorda il primo Nadal che saltava, faceva pugnetti e gemeva a suon di “come on!”. A Madrid e Roma i cambi di campo sono stati show. Anche così si spaventano gli avversari, è una banale legge di psicologia applicata allo sport. Chiedete a Contador che sul traguardo spara colpi di pistola, a Lebron James che dopo una schiacciata emette urli da 9.3 della scala Richter, a Valentino Rossi e alle sue scenette, o ad Alberto Tomba che al parterre pareva un attore del circo. Roba da numeri uno.

V come VELOCITA'. La trasformazione vera il serbo l'ha compiuta a livello fisico. Ha aggiunto all'elasticità una punta superiore di velocità, che lo rende ingiocabile sul cemento ma anche sulla terra. Ciò gli ha permesso di migliorare la già ottima fase difensiva, e incrementare il suo gioco d'anticipo. Ne ha giovato anche il dritto, su cui cui timing è diventato ottimo. Contro Nadal, ma soprattutto contro Federer (a Madrid e a Melbourne), Nole ha fatto tutto bene e lo ha fatto “prima”. In questo momento, sul ritmo non lo puoi battere. Perché è anche resistente come il coniglietto dello spot delle batterie.

I come INVENTIVA. Fino a due anni fa chi chiedeva a un osservatore casuale di tennis, con una leggera infarinatura ma senza grande passione, un parere su Djokovic, si sentiva rispondere: «Chi, quello che fa le imitazioni?». Bene. La fantasia e la brillantezza non le ha affatto perse. Ma la stessa domanda, posta oggi, ha una risposta diversa. «Quello che nessuno riesce più a battere?». L'inventiva Djokovic l'ha traslata soprattutto in campo. Certo non ha la varietà di colpi (la palla corta resta un problema) di Federer - ma nemmeno di Gasquet o Murray - però gli angoli che adesso riesce a trovare anche con il dritto, certe soluzioni difficili scelte nei momenti topici, e il linguaggio del corpo sempre indecifrabile per gli avversari, denotano presenza di genialità. Che prima era quasi solo fuori dallo scambio, mentre adesso vi si è “immersa”. Su questo non è il n. 1, ma perché stiamo parlando esclusivamente di sport (altrimenti anche Fiorello tremerebbe...).

C come CULTURA. Non è solo la cultura nel senso letterario del termine. Oltre a parlare quattro lingue (serbo, italiano, tedesco, inglese) ed essere stato membro del Consiglio dei giocatori Atp, Novak possiede la cultura del lavoro. Altrimenti un salto di qualità come il suo sarebbe difficile da immaginare. Inoltre ha cultura sportiva, cultura dell'ospitalità e dell'educazione (parlare in perfetto italiano al pubblico del Foro è impagabile). Sta aggiungendo al proprio bagaglio l'ultima cultura: della vittoria.

Stefano Bolotta

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