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08/06/2011 12:10 CEST - Qualificazioni

La lunga giornata di Tim Smyczek

TENNIS - Le qualificazioni sono lo spettacolo più bello per gli appasionati di tennis. Mentre la stagione sulla terra battuta vive la sua conclusione trionfale al Roland Garros, il tennis sull’erba già prende il via al Queen’s Club di Londra. Hannah Wilks, di tennis.com, ha seguito la lunga giornata di Tim Smyczek alle prese con due match per un posto in tabellone. Hanna Wilks (tradotta da Vanni Gibertini)

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Le qualificazioni sono lo spettacolo più bello per gli appassionati di tennis. Mentre la stagione sulla terra battuta vive la sua conclusione trionfale al Roland Garros, il tennis sull’erba già prende il via al Queen’s Club di Londra. Mentre i cartelloni del più famoso torneo ATP 250 del mondo sono ancora in via di allestimento, appassionati e curiosi possono godersi gratuitamente lo spettacolo del tabellone di qualificazione a 32 giocatori che si danno battaglia sui campi ancora intonsi. E come se non bastasse, si possono ammirare i campioni del tabellone principale prendere conoscenza con il circolo ed allenarsi in campo. Nadal sarà ancora a Parigi, ma se si vuole vedere David Nalbandian scherzare con Andy Roddick, Juan Martin Del Potro lavorare sul suo rovescio slice o Ernests Gulbis ricevere una lavata di capo per aver gettato malamente il proprio cappello per terra, allora il Queen’s Club è il posto giusto. Senza uscieri che controllano l’accesso al campo, gli spettatori si auto-disciplinano e generalmente attendono i momenti giusti nei cambi di campo per entrare ed uscire dagli spalti, in una maniera così ordinata che ci si sente orgogliosi di essere inglesi. E’ una bellissima giornata di sole.

Tuttavia, per i tennisti il torneo di qualificazione può essere una delle sfide più dure che possono essere costretti ad affrontare. Tutti sono alla disperata ricerca di quelle vittorie che consentano di “andare in pareggio” con le spese del viaggio e di entrare nel tabellone principale, dove si possono raccogliere tanti agognati punti. Ciò che rende l’impresa ancora più ardua è che i primi due turni di qualificazione si giocano entrambi sabato. Nel desiderio di voler seguire un giocatore durante l’intera giornata per capire cosa significa dover giocare due incontri in rapida successione, scegliamo arbitrariamente la testa di serie n.5 Tim Smyczek, essenzialmente basandoci sul fatto che lo abbiamo già sentito nominare. Classificato al n.169 della classifica ATP, Smyczek è il giocatore che ha battuto Donald Young nella finale del torneo USTA che assegnava la wild card americana per il Roland Garros. Ignorato dai più nella bagarre mediatica che era seguita alla sua affermazione, Smyczek era stato sconfitto al primo turno di Parigi da Juan Ignacio Chela, che avrebbe poi raggiunto i quarti di finale. Oggi gioca contro il connazionale Alex Kuznetsov sul campo 11. Non ci sono tribune, sedie o tabelloni, e noi siamo gli unici spettatori presenti, fatta eccezione per il coach di Kuznetsov. Altri match delle qualificazioni vengono giocati nei campi immediatamente a lato, separati solamente da uno stretto corridoio e da una siepe che a malapena arriva all’altezza della vita, e siamo consapevoli che non riusciremo a seguire tutto l’incontro senza essere colpiti dalle palle vaganti che di tanto in tanto schizzano da un campo all’altro. Affiancato da due file di villette a schiera gregoriane, con i simboli tipicamente londinesi di una chiesa dal tetto appuntito ed una gru visibile in lontananza oltre gli alberi, il panorama ispira una sensazione di pace, con il silenzio rotto solamente da una sottile brezza, dal suono sordo delle palle sulla racchetta e dal suono di Bobby Reynolds che grida all’arbitro.

E’ veramente una faticaccia. Almeno davanti ad un buon pubblico si potrebbe avere la sensazione di un palcoscenico pronto per lo spettacolo, una possibilità per i giocatori di mostrarsi all’altezza della situazione. Così stando le cose, ognuno deve generare le proprie energie facendo leva solamente sulle sue risorse interiori .Kuznetsov, che vince il primo set al tie break, almeno ha il suo allenatore ad incoraggiarlo; Smyczek deve fare tutto da solo. Quando Smyczek riesce a concretizzare il suo sforzo in un break nel secondo set, con l’aiuto di un lob millimetrico, si incoraggia con un pugnetto; quando serve per il set ripete il gesto, ma non ha nessuno con cui scambiare occhiate d’intesa, nessuno che alimenti la sua autostima.
Guardandolo, capisco perché avevo sentito parlare di Smyczek. E’ abbastanza piccolo e senza i muscoli di uno come David Ferrer, per esempio, ma cerca di sfruttare questo fatto piegandosi in maniera accentuata sulla palla e cercando profondità nei suoi colpi. E’ anche capace di improvvisare, e non ha paura di scendere a rete. Kuznetsov, che è un’altra promessa non mantenuta nella lunga lista di “predestinati” prodotta dal tennis americano, vede il suo tennis rapidamente andare in mille pezzi, nonostante l’incoraggiamento del suo allenatore. Indietro 0-3 nel terzo set, si congratula con Smyczek per un bel colpo mentre i due si incrociano ad un cambio campo nei pressi della rete, segnalando il suo ritiro (non tecnico, ma sostanziale) dalla partita. Questo suo atteggiamento si contrappone a quanto si può osservare sul campo accanto, dove Bobby Reynolds - che già aveva ricoperto di oscenità più o meno udibili il giudice di sedia, un giudice di linea, e l’erba, apparentemente colpevole di essere troppo scivolosa – annuncia all’intero impianto che non fa altro che “steccare ogni [imprecazione] palla che atterra tra la linea del servizio e la linea di fondo”. Il suo avversario Greg Jones, dal canto suo, per evitare di rimanere escluso dallo show, informa il mondo intero di essere “sempre un passo indietro”. Questi qualificati: devono persino commentare i propri match da soli.

La vittoria di Smyczek, 6-1 al terzo, non è celebrata da alcun applauso tranne quello molto educatamente elargito dalle raccattapalle. Il suo match di secondo turno non va tanto meglio dal punto di vista della presenza di pubblico: lo inizia appena due ore dopo aver abbandonato il campo 11 e lo vede di fronte ad Alex Bogdanovic, n. 372 del mondo – ovvero il n.7 di Gran Bretagna.
Le qualificazioni tendono ad essere popolate da promesse mancate, e Bogdanovic ne è probabilmente il tipico esempio; il suo nome è quasi un sinonimo di grandi aspettative tramutatesi in delusioni. La sua reputazione tuttavia gli garantisce di essere programmato sul campo 1, con una discreta folla di appassionati pronti a sostenerlo, che però non offrono nessun incoraggiamento al suo avversario Smyczek, i cui colpi vincenti sono perlopiù sottolineati da un mesto silenzio. Circondato da una parte dalle tribune del campo centrale e dall’altra da un gigantesco cartellone che ricorda i nomi dei campioni delle precedenti edizioni – Roddick, Sampras, Becker, Edberg, McEnroe – questo campo n.1 non è un posto molto aqmichevole per l’americano. Ancora una volta deve attingere esclusivamente dal proprio bagaglio di risorse per trovare l’energia e la concentrazione per gareggiare.

Bogdanovic ci è particolarmente noto per farsi attanagliare dalla paura durante i match importanti, ma non c’è davvero nulla che non va nel suo tennis, ed il suo gioco da erba è davvero di un altro livello rispetto a quello di Smyczek. L’americano proprio non riesce a mettere i piedi nella posizione giusta, aspettandosi sempre che la palla gli arrivi con un rimbalzo alto per poi doversi sempre allungare in avanti e colpire sbilanciato quando il colpo dell’avversario schizza via appena colpita l’erba. Qualche volta è addirittura comico, quando si trova a dover rispondere al servizio con il suo busto in una direzione e le gambe che camminano in un’altra. E’ coraggioso ad avventurarsi a rete ma Bogdanovic lo punisce con regolarità mettendogli la palla sempre nelle stringhe delle scarpe. Il passaggio dalla terra all’erba, da scambi lunghi e laboriosi a “quindici” che si decidono in un batter d’occhio, è destabilizzante già per noi spettatori; capita spesso che dopo un punto Smiczek si trovi a battere le ciglia per focalizzare l’attenzione sullo scambio per poi rendersi conto che il punto è già terminato.
Il traffico è a senso unico, e sebbene Smyczek cerchi di mantenere la scia dell’avversario, si trova sotto di un set, due break e in difficoltà nel suo turno di servizio sul 2-4. Dopo aver servito un doppio fallo, si esibisce in un pessimo drop-shot troppo lungo, e per la prima volta sembra lasciarsi andare ad una reazione di sconforto, lasciandosi avvolgere da una negativa autoironia invece di tirar fuori tutto il suo desiderio di vincere la partita he sta perdendo di gran carriera. Dopo essere breakkato nello stesso game, scaglia la racchetta sull’erba; e nemmeno questo suscita la reazione degli spettatori.

E’ stano come si faccia in fretta ad affezionarsi ad un giocatore. Mentalmente ci siamo già abituati a riferirci a lui con il nomignolo di ‘Smee’ – proprio come il pirata – e troviamo adorabile come i suoi capelli appaiano buffamente arruffati quando si toglie il cappellino. Sembra così ingiusto che debba finire la giornata con un pugno di mosche in mano dopo aver giocato due incontri in un giorno. Ma come in ogni mestiere, bisogna accettare il buono ed il cattivo, bilanciando i sacrifici con le occasionali ricompense. Non saremo certo noi a sminuire l’impegno che Smyczek o qualunque altro mancato qualificato mettono in campo ogni giorno. Questo torneo, incastrato in un fazzoletto di terra vicino ad Earl’s Court, ha i migliori campi in erba del mondo ed una tradizione di eccellenza che risale a più di un secolo fa. Se Parigi val bene una messa, qualificarsi al Queen’s val bene due incontri in una giornata ed anche di più. Anche senza rivolgergli mezza parola, ci è sufficiente averlo visto giocare, lottare con le unghie e con i denti anche quando era chiaro che si trattava di una causa persa per essere sicuri che Smyczek non si è pentito di aver giocato due incontri in un giorno per nulla. E noi non ci siamo pentiti di averlo guardato.

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Hanna Wilks (tradotta da Vanni Gibertini)

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