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11/06/2011 03:07 CEST - International Press Clippings

Anyone for tension?

Lynn Barber, Sunday Times

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Se qualcun altro mi dice che adorabile giovanotto è Rafael Nadal, mi metterò a gridare. Non è un giovanotto, ha 25 anni, è pur sempre giovane ma è al nono anno da professionista nel circuito, ha vinto nove tornei dello Slam e guadagnato almeno 100 milioni di dollari. E non lo trovo adorabile per niente. Quando finalmente l’ho incontrato nella suite di un hotel di Roma (stava giocando gli Internazionali d’Italia), giaceva su un tavolo per i massaggi con la cerniera abbassata dandomi una buona vista del suo intimo Armani, che è uno dei suoi sponsor principali.

Non c’è dubbio, a questo punto, che milioni di fans inizieranno a gridare di gelosia e magari vorranno uccidermi ma onestamente, ragazze, è stato un po’ scortese. È rimasto lì a lanciarmi qualche sguardo torvo mentre io me ne stavo appoggiata, un po’ scomoda, a un tavolo accanto finché il suo PR, Benito Perez Barbadillo, mi ha offerto una sedia. Benito è rimasto sullo sfondo e ogni volta che Nadal non gradiva una domanda (il che avveniva quasi ogni volta che ne facevo una) chiedeva a Benito di “tradurla”: i due parlavano in spagnolo finché il PR non mi forniva una risposta morbida e molto politically correct. La padronanza che Nadal mostra dell’inglese sembra ampiamente variabile, ma mai davvero buona.

Tutti mi continuavano a dire che Rafa era stanco, che aveva avuto una cattiva giornata. Ma ero stanca anch’io, e anch’io avevo avuto una brutta giornata: mi ero trascinata per il bollente Foro Italico, sopravvivendo a bottigliette d’acqua, avevo assistito al suo noioso match, aspettato la conferenza stampa e poi ero rimasta in mezzo a una folla di tifosi urlanti che aspettavano di vederlo uscire dall’ingresso giocatori.

Alla fine è emerso con un gruppo di guardie del corpo, ha firmato qualche autografo ed è subito scivolato in macchina. Mi hanno detto di seguirlo e di incontrarlo al suo hotel, un impersonale complesso diversi chilometri fuori Roma (avrebbe potuto essere a Croydon). La sua brutta giornata consisteva solo nell’aver giocato una breve partita di tennis e firmato qualche autografo, cioè quello che, pensavo, i tennisti sono pagati per fare.

Ha ammesso alla conferenza stampa di aver giocato male, perdendo un set da uno sconosciuto italiano, ma non ha cercato scuse. Tuttavia, altri giornalisti sono stati rapidi a trovarle per lui: era il giorno del funerale di Ballesteros, e Nadal adorava Ballesteros.

Quando è andato ad autografare l’obiettivo della telecamera (uno dei rituali tipici dei tornei di tennis) ha firmato Seve invece di Rafa. E, secondo David Law, media director del Queen’s, che gentilmente mi fa da guida nel mondo del tennis, Rafa aveva giocato molto al di sotto delle sue possibilità il giorno in cui l’ho incontrato, e due giorni dopo gli è stato diagnosticato un virus. Ha poi perso la finale di Roma contro Novak Djokovic, da cui aveva perso la finale di Madrid la settimana precedente, così la sua posizione al numero 1 della classifica iniziava a traballare.

Che sappiamo di Rafa? Solo quello che vogliono le persone che gli stanno intorno. È nato nel 1986 a Manacor, Majorca. Suo padre è un uomo d’affari, ma la sua è una famiglia di sportivi – uno zio è stato un calciatore professionista noto come la Bestia di Barcellona. Un altro, Toni, un tennista semi-professionista, ha insegnato a Rafa a giocare a tennis da quando aveva tre anni, e l’ha incoraggiato a tenere la racchetta con la mano sinistra, pur essendo lui naturalmente destrorso. Rafa ha giocato i campionati juniores spagnoli ed è stato pressato per andare a scuola di tennis a Barcellona, ma ha scelto di restare a Majorca con la sua famiglia; zio Toni è stato il suo unico allenatore.

È diventato professionista a 15 anni e vinto il suo primo Slam a 19. Ha perso per le prime due volte a Wimbledon ma alla fine ha battuto Roger Federer nel 2008. Per un periodo è sembrato imbattibile, ma una serie di tendiniti al ginocchio l’hanno portato a non vincere nemmeno un torneo per quasi un anno, e i commentatori iniziavano a dire che avrebbe potuto ritirarsi. Ha saltato Wimbledon nel 2009, in parte perché infortunato in parte perché scosso dalla separazione dei suoi genitori. “Per un mese sono stato fuori dal mondo”. Ma nel 2010 è tornato e non si è parlato di tendinite recentemente. Tuttavia, ora Djokovic lo minaccia.

Nonostante la sua enorme ricchezza (40 milioni di soli premi e probabilmente due volte di più dagli sponsor), sono tutti d’accordo che non sia cambiato. I suoi migliori amici sono ancora i suoi compagni di scuola; gli piace giocare a calcio, a golf e andare a pesca. Torna a Manacor ogni volta che ha tempo e divide una grande casa con sua madre, sua sorella, i nonni e la famiglia dello zio Toni. Ha anche una casa al mare a Porto Cristo, Majorca (non Ibiza, come a volte scrivono i giornali) dove gli piace andare a pesca. Due anni fa ha comprato una casa da 3 milioni con vista mare e campo da golf nella Repubblica Dominicana ma non c’è mai andato.

Gli ho chiesto se la scelta era dovuta a vantaggi fiscali, ma mi ha risposto di no, che paga tutte le tasse in Spagna, ma ha investito in qualche proprietà in Messico e ha pensato che quello sarebbe stato un buon posto per avere una base dopo il ritiro. Ha anche una fondazione benefica, amministrata dalla madre, che ha collaborato ad aprire una scuola con tre campi da tennis in India. Ma torniamo all’intervista. Avendo avuto una tale assoluta visione delle sue mutande, ho pensato di fargli qualche domanda al riguardo. Francamente mi stupisce che una compagnia di abbigliamento intimo voglia sponsorizzare Nadal, dato che il suo comportamento in campo grida “Le mie mutande mi stanno uccidendo!”.

Non può passare cinque minuti senza giocarci; è come se fossero risucchiate tra i glutei e lui dovesse tirarle fuori. Ricordo che la prima volta che l’ho visto a Wimbledon ho pensato: “Dobvrebbe guadagnare milioni, potrebbe comprarsi un paio di mutande decenti”. Gli ho chiesto se è obbligato dal contratto a indossare underwear Armani in campo e mi ha detto: “No, ma sono felice di portare Armani perché il loro abbigliamento intimo è fantastico”. E allora perché continui a giocarci, prima di ogni punto? “Lo faccio da sempre, dall’inizio della mia carriera, è una cosa che non posso controllare”.

Forse è solo uno di quei rituali che tutti i suoi fan adorano. Ogni volta che scende in campo saluta il pubblico, si siede, tira fuori dalla borsa le bottigliette d’acqua, prende un sorso da ciascuna e poi le allinea attentamente in modo che le etichette siano rivolte dalla stessa parte.

Ci vuole parecchio tempo, e il suo avversario nel frattempo è già a rete, aspettando il sorteggio, immagino un po’ irritato. Alla fine, quando ha sistemato tutto, salta in piedi e attraversa il campo come Superman, inizia a saltare su e giù in faccia all’avversario mentre l’arbitro lancia la monetina. Poi corre verso la riga di fondo come se non vedesse l’ora di iniziare la partita e il suo avversario stesse ritardando le cose. I tifosi lo amano. Che posso dire? Ho chiesto se soffrisse di un disturbo ossessivo-compulsivo, ma naturalmente questo ha richiesto una traduzione e una lunga conversazione con il suo PR. Alla fine ha risposto: “E’ qualcosa che fai come una routine. Quando lo faccio vuol dire che sono concentrato, dentro la competizione: non ho bisogno di farlo, ma se lo faccio vuol dire che sono concentrato”. Ha altri rituali, prima della partita? “Faccio sempre una doccia fredda”. Altri rituali particolari prima di andare a dormire? “No, devo avere il computer o la tv accesi, ma se mi sveglio li spengo. Di norma ceno, lavoro un po’ con il mio fisioterapista Rafael, poi dormo”. Roba avvincente.

Per quanto ne so, Nadal ha avuto una sola uscita controversa (e nemmeno troppo), nel 2009, quando ha criticato Agassi per aver scritto nella sua autobiografia, Open, di aver assunto metanfetamina quando era ancora nel tour. Nadal disse che il tennis è uno sport pulito e che Agassi non avrebbe dovuto suggerire il contrario.

Per Nadal era davvero una novità che un tennista assumesse droghe? La risposta a questa domanda ha richiesto un lungo confabulare con il suo PR, ma alla fine ha detto: “Be’, è una faccenda che appartiene del tutto al passato. Ma ero scioccato. So che Agassi ha fatto molte cose buone per il tennis ma quel libro non è tra queste. Tu [Agassi] non ti sentivi male quando giocavi ma cinque anni dopo il ritiro: non è moralmente giusto. Comunque oggi una cosa così sarebbe impossibile. Abbiamo 25 test antidoping all’anno”.

Nel libro Agassi ha anche scritto che ha finito per odiare il tennis, avendo giocato senza sosta molto a lungo. Nadal ha detto che a lui non può accadere, lui ama il tennis, ma che il calendario potrebbe essere più corto. Tutti i tennisti devono disputare 16 tornei obbligatori, ma Nadal gioca sempre Barcellona, per la sua famiglia e i suoi amici di Majorca; gioca in Qatar in preparazione agli Australian Open e il Queen’s prima di Wimbledon, cioè è impegnato a giocare 11 mesi l’anno. E naturalmente, visto che raramente esce ai primi turni, non ha praticamente tempo libero.

“Di certo” sospira, “il calendario non è perfetto. Per me, ci vuole un periodo di pausa tra una stagione e l’altra di non meno di tre mesi. Altrimenti, la carriera si accorcia, e se tutti hanno una carriera più breve non è bene per nessuno: per lo sport, per i giocatori, per i tifosi”.

Gli ho chiesto se la sua storia di infortuni alle ginocchia lo porterà ad essere più danneggiato, a 50 anni, di chi non ha mai giocato a tennis. Ha risposto: “Sicuro. Quando giochi 11 mesi l’anno, in gran parte su superfici dure, questo è quel che succede”. È una vita dura e molto, molto innaturale. I giocatori vivono in una bolla circondati da falangi di guardie di mezza età, habitué dalla pancia prominente delle aree ospitalità che sembrano non avere molto da fare a parte parlare al cellulare. Se una giornalista come me gli chiedono qualcosa, si profondono in lodi sul loro “ragazzo”, su quanto è adorabile, su quanto ama il calcio e la pesca, su quanto è vicino alla sua famiglia etc, etc, e virano sullo stanco stereotipo sul bravo ragazzo e pensi, andiamo, il tuo “ragazzo” potrebbe mangiare dieci di voi per colazione, perché siete tutti così protettivi con lui?

E perché trovate così degno di nota che è ancora vicino alla sua famiglia e ancora vede i suoi vecchi amici? Probabilmente perché siete quella sorta di persone che hanno abbandonato famiglia e amici appena hanno fatto il primo passo nel mondo.

Un giornalista trovava incredibile che Nadal avesse ancora lo stesso cellulare un anno dopo aver vinto Wimbledon. Rafa (buon uomo) ha detto che funzionava perfettamente, perché cambiarlo? Ma per il giornalista questa risposta sembrava una prova di una sorta di santità fuori dal mondo, come fosse il Dalai Lama o giù di lì.

Il grado di controllo della pubblicità nello sport è al livello di Hollywood, in cui studi di PR prendono i giovani attori appena firmano un contratto e procedono a inventare storie di vita per loro. Hanno detto che Merle Oberon era nata e cresciuta in Tasmania, mentre è cresciuta a Bombay, e questo l’ha messa in difficoltà nelle interviste in Australia. Oscar Levant ha svelato il gioco quando ha dichiarato “Conoscevo Doris Day prima che fosse vergine”, cioè prima che gli studios mettessero le zampe su di lei. E il povero vecchio Rock Hudson è dovuto morire di Aids prima che si potesse ammettere che fosse gay.

Anche le stelle dello sport, come le stelle di Hollywood di una volta, devono vivere all’interno delle noiose costrizioni che le macchine della pubblicità hanno costruito per loro. Ma una volta ogni tanto la macchina si rompe, come nel caso memorabile di Tiger Woods. Era un brillante golfista, gli sponsor lo dipingevano come Mister Tuttodunpezzo, un uomo di famiglia senza macchia, un esempio per i giovani. E invece! Si scopre che ha una lunga storia di frequentazioni con prostitute. E il mondo, e i suoi sponsor, alzano le mani e gridano Ma è impossibile! Siamo sorpresi, scioccati, non ci interessa più. Quando invece, se avessero fatto il loro lavoro, avrebbero dovuto sapere che la sua immagine era una sciarada e niente più.

Volevo chiedere a Rafa di Tiger Woods e ho passato un sacco di tempo prima dell’intervista a pensare quale sarebbe stato il modo migliore per fare il suo nome senza apparire banale, ma Rafa mi ha tolto il problema nominandolo per primo. Praticamente dal nulla, mentre parlava di Ballesteros (soliti peana) ha detto: “Ma se ho un idolo, quello è Tiger Woods”.

Perbacco, quasi svenivo per l’eccitazione. E...l’opinione che aveva di lui è cambiata dopo lo scandalo? “No, non ho cambiato opinione perché la sua vita privata non mi interessa, e non dovrebbe interessare a nessuno. Tiger Woods è una persona molto importante nel mondo perché gioca a golf”. Ma quando viene spacciato per un perfetto esempio di vita specchiata per i giovani e invece si scopre...? “Beh, non mi va di discutere di queste cose, ma secondo me” e qui sfortunatamente è di nuovo ricorso a una grande quantità di tradizione e discussione con il suo PR che alla fine è tornato con: “Dice che Tiger non ha fatto del male a nessuno, solo a se stesso. Per lui rimane un modello sul campo da golf e anche in pubblico perché si è sempre comportato a modo. Ma quello che fa in privato è personale, non sono affari di nessuno: i problemi con sua moglie sono i suoi problemi con sua moglie, e di nessun altro”. Sì, ma c’è una certa ipocrisia nel permettergli di essere etichettato come Mister Pulito. Questa osservazione non sembra richiedere traduzione, perché la risposta di Rafa è tagliente: “Bene. Comunque. Prossima domanda”.

Bene. Questo mi porta all’argomento Fidanzata. La sua esistenza è stata svelata al mondo da zio Toni nel 2008 (anche se forse svelata non è la parola adatta) che nel 2008 ha detto che Nadal aveva una fidanzatina dai tempi della scuola a Majorca, Maria Francisca Perello, o Xisca. Nadal avrebbe detto: “E’ perfetta per me, perché è semplice, molto rilassata. La conosco da tanto, tanto tempo. Le nostre famiglie si conoscono da tanti anni”. Non certo il linguaggio della passione, ma almeno da allora ha avuto una fidanzata ufficiale, che compensa il fatto che le sue maglie senza maniche e i bicipiti rigonfi ricordano tanto Freddie Mercury. Ma La Fidanzata rimane una presenza distante. Si vede qualche volta alle finali, in mezzo alla famiglia di Rafa, ma anche addetti ai lavori che frequentano il tennis da anni non l’hanno mai incontrata. Nadal dice che la vede ogni volta che torna a Majorca, ma per un giovane uomo al culmine della condizione fisica, questo non suggerisce la vetta della soddisfazione sessuale. Tuttavia, gli ho chiesto se avesse intenzione di sposare La Fidanzata e lui con voce piatta ha risposto di no.
Io: “No?!?!?!!”.
Rafa: “Non adesso, no. Non ho piani al riguardo”.
Io: “Vuoi dire che vi siete lasciati?”
Rafa: “No. Non parlo della mia ragazza in pubblico, ma ho la stessa fidanzata da molti anni”.
Io: “Quando vi incontrate?”

Rafa: “Casa sua è molto vicina alla mia, così quando sono a Majorca la vedo, e quando ha qualche giorno di vacanza mi viene a trovare durante i tornei, ma non può seguirmi sul circuito perché lavora [per una grande compagnia di assicurazioni]. Lei ha la sua vita e io la mia”.
Io: “Pensi che ti aspetterà? Che ti sposerà quando avrai finito col tennis?”
Rafa: “Non gliel’ho chiesto”.
Io: “Ma se la vedi solo 30 giorni all’anno, non può essere una relazione soddisfacente?”

Nadal, per la prima volta nell’intervista, sposta la sua intera attenzione su di me con uno sguardo laser e per un secondo capisco come deve essere stare a fondo campo aspettando di rispondere al suo servizio. “Ma ti interessa della mia relazione?”
Beh, no, devo ammettere, mentre l’ace schizza alle mie spalle, naturalmente non mi interessa della sua relazione, sto solo cercando di intervistarlo. In qualche modo questo rompe la tensione, e ridiamo tutti e due.

Rafa: “Capisco il tuo punto di vista, ma non parlo mai della mia ragazza. Ho un rapporto fantastico con lei, ci capiamo bene a vicenda. Non è un problema per lei se viaggio tutte le settimane, e per me non è un problema se quando sono a Majorca lei deve lavorare tutto il giorno”.
Io: “Ma almeno vi parlate al telefono?”
Rafa: “No. Quando sono in un torneo mi devo concentrare. Certo, parlo con lei ogni giorno”.
Io: “Ora sono un po’ confusa”.
Rafa:”Scordati della mia ragazza”.
Io: “Chiami tua madre tutti i giorni?”
Rafa: “Sì. Mia madre, mia sorella, mio padre, tutti”.

Sono confusa.
Posso solo registrare che c’è stata una grossa differenza nell’entusiasmo con cui ha detto di telefonare a sua madre e a sua sorella ogni giorno e quello che ha detto, qualunque cosa fosse, riguardo alla sua fidanzata. Mi sorprenderà se dovessero davvero sposarsi.

Secondo la stampa maiorchina, si sono lasciati l’anno scorso e poi si sono rimessi insieme. In mezzo, ci sono state parecchi pettegolezzi sulla sua “vicinanza” con la danese Caroline Wozniacki. C’è stato anche un episodio curioso un anno e mezzo fa quando ha girato un video “spinto” con la cantante colombiana Shakira per il suo singolo Gypsy ed è stato fotografato in quella che sembrava una cena romantica con lei.

Sembrava il tentativo di trasformare l’immagine di Nadal in quella di uno stallone. Ma il rebranding è stato cancellato quando Benito ha detto che era presente, insieme al manager di Nadal, a quello di Shakira e a una mezza dozzina di altre persone, perciò non si era trattato certo di un tête-à-tête. E qualcuno che ha visto il video mi ha detto che Shakira ha dovuto fargli il solletico perché sorridesse.

Ascoltate: oso dire che Nadal è un uomo adorabile (ma mi rifiuto di dire ragazzo”. Ma il punto cui sto cercando di arrivare è che io non posso sapere, e voi nemmeno, se è davvero adorabile o no. Vive all’interno di queste strette palizzate del team Rafa, e si deve adattare alla sceneggiatura che gli hanno appiccicato addosso. Deve richiedere grande disciplina essere così controllato, di essere comunque un campione del mondo.

Oh, per un McEnroe, un Connors, un Agassi! C’è stato un tempo quando i tennisti avevano una personalità, quando spaccavano racchette, gridavano contro gli arbitri, facevano sesso negli armadi per le scope e spesso si comportavano malissimo.

Nadal non ha mai spaccato una racchetta in vita sua, come zio Toni gli ha insegnato. E il tennista che più ammira è Borg, e lo ammira soprattutto perché aveva “il ghiaccio nelle vene”, il che lo rendeva così mortalmente noioso da guardare. Ma Borg, potremmo notare, si è ritirato a 26 anni, non per un infortunio ma perché non ne poteva più. Tutta questa disciplina ha presentato il colto a un giovane uomo.

Anche più degli infortuni, la pressione psicologica di doversi sempre comportare al meglio ogni giorno, di giocare partita dopo partita, di fare una conferenza stampa dopo l’altra, di incontrare gli sponsor, la noia di vivere in questa routine senza nemmeno la soddisfazione di una vita sessuale regolare deve consumare chiunque.

E per Nadal il meglio potrebbe già essere passato. Era numero uno del mondo quando ho iniziato questo articolo, potrebbe essere diventato numero 2 quando lo starete leggendo. Gli ho chiesto se c’è la possibilità che si ritiri a 26 anni come Borg. “Se sono infortunato potrei. Non lo so davvero. Nessuno conosce il futuro. Ma preferirei non succedesse”.
 

Lynn Barber

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