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04/07/2011 20:39 CEST - IL RACCONTO

In odor di GOAT: Fred Perry

TENNIS - Come ad ogni Wimbledon in cui un giocatore inglese ha una seppur infinitesimale chance di vittoria risuona questa frase : “Dai tempi di Fred Perry…”. Chi era però Fred Perry? A voi un breve profilo di uno dei più grandi giocatori di sempre, capace di vincere tutti e quattro gli Slam prima di diventare pro, chiedere la cittadinanza americana e inventare il brand omonimo…Enos Mantoani

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Alle volte gli inglesi mal sopportano i compatrioti tennisti (si sa che Murray è inglese quando vince e scozzese quando perde), altre volte i tennisti inglesi mal sopportano il proprio pubblico e l’abbandonano. Continuamente i britannici ricordano Fred Perry come l’ultimo dei loro grandi tennisti; difficilmente ricordano come questi, passato al professionismo, chiese la cittadinanza americana perché oggetto di continue critiche.

Andiamo però con ordine…

Frederick John Perry (Stockport, 18 maggio 1909 – Melbourne, 2 febbraio 1995) nasce da un operaio che poi diventerà sindacalista e si trasferirà a Londra dove il giovane Fred conoscerà l’esistenza del tennis, soprattutto vedrà che fuori dai circoli ci sono molte auto di lusso. Non è figlio dell’alta società dunque, perciò il tennis sarà per lui anche un mezzo per ambire a una sorta di scalata sociale, e che scalata…All'età di soli 19 anni diviene campione del mondo di tennis tavolo (a Budapest, 1929). Lascia il ping-pong per il tennis e si porta con sé un gesto tecnico che lo doterà di un gran dritto lavorato con il polso e la ricerca della palla che lui colpiva nella sua parabola ascendente (all’epoca una cosa assai innovativa).

Il padre gli concesse un anno per capire se poteva sfondare nel tennis. Ed egli ci riuscì grazie, come detto, al dritto (con il rovescio se la cavava giocando al 90% in back con un movimento cortissimo) e soprattutto grazie al suo fisico. Era veloce, di rapidi riflessi e, cosa rara, manteneva la propria condizione atletica allenandosi con i calciatori dell’Arsenal. Un’altra caratteristica che gli diede un’ulteriore spinta verso il successo mondiale è stata la voglia di arrivare (forse perché proveniva dalla working class), alle volte anche a dispetto della sportività. Spesso cadeva nella sbruffoneria, nell’egocentrismo, nella velata provocazione che mandavano in tilt il cervello degli avversari. Ad esempio, alla fine di ogni incontro vinto era solito saltare la rete per stringere la mano all’avversario per sottolineare come lui non fosse affatto stanco (ricorda il Courier dell’autobiografia di Agassi, che andava a fare jogging dopo le partite di tennis); un’altra volta colorò di bianco la sua racchetta per dar fastidio all’avversario; una volta entrò negli spogliatoi dichiarando: “Per fortuna oggi non devo giocare contro di me…”; etc...

Per quattro anni fu numero uno al mondo, totalizzò otto vittorie nei tornei del Grand Slam, dei quali tre consecutivi Wimbledon: 1934, 1935 e 1936. Fu il primo a vincere tutti e quattro gli Slam (non nella singola annata) e dal 1933 al 1936 fu nella squadra di Davis britannica (insieme, tra gli altri, a Bunny Austin) che riuscì a interrompere il dominio francese iniziato con i Quattro Moschettieri e a riportare dopo più di vent’anni la Coppa Davis tra le braccia della Corona inglese. Tutto a gonfie vele sembrerebbe, ma non tutto è oro quel che luccica… Anzi, ai dilettanti come Perry, di tutto quel luccichio non toccava neppure una sterlina… Per di più dovette rifiutare un contratto con il cinema e, orrore, anche un contratto di sponsorizzazione.

I tempi erano maturi per passare al professionismo (1937), anche se questo costò le critiche di tutto l’estabilishment britannico. Per dire il suo carattere e di quali erano le critiche: quando divenne ufficialmente professionista, un funzionario della International Lawn Tennis Club of Great Britain gli scrisse per informarlo che non avrebbe più dovuto indossare la divisa del club. Perry “per rassicurare il club che non avevano nulla di cui preoccuparsi da questo punto di vista, ho mandato loro una manica come regalo”…

Emigrò dunque negli USA con un contratto fattogli firmare da Bill Tilden. Già che c’era chiese pure la cittadinanza statunitense e iniziò a confrontarsi con Vines, il vecchio Tilden, e più tardi con Don Budge, che li raggiunse dopo aver fatto il Gran Slam. Giunse quindi la Seconda Guerra mondiale che Perry combatté da arruolato nell’esercito statunitense. Fred Perry era spesso sotto i riflettori per molteplici affaires amorosi. Diverse attrici si contesero il bel Fred, tra cui Bette Davis e Marlene Dietrich (com’era tennista moderno anche in questo campo!). Finalmente, al quarto matrimonio, con Barbara Rise Friedman, Fred trovò la stabilità sentimentale, che durò per oltre quarant’anni fino alla sua morte nel 1995.


Il nome di Fred Perry è ancora molto frequente, come abbiamo visto, eppure alcuni considerano la sua fama esagerata, forse perché siccome gli inglesi non ne hanno ancora trovato un erede lo si mitizza troppo. Il sempre caustico Bill Tilden una volta lo definì “il peggior giocatore tra i migliori del mondo”. E c’è chi pensa che la sua influenza sia stata nefasta per i giocatori britannici in quanto per molti anni dopo di lui si volle far imitare il suo diritto, che però era un colpo personalissimo, che non si poteva riprodurre, e che gli derivava dalla precedente carriera di pongista. Lui stesso disse a questo proposito: “Non è questione di produrre un campione, ma che qualcuno abbia talmente tanta fame di vincere che riesca ad arrivare”. Analisi che per esempio quel gran volpone di Tiriac condivideva quando diceva: “In Germania chiedo a un ragazzo come Boris Becker di saltare e lui chiede : quanto alto? In Inghilterra mi chiedono : perché?”.

Il nome di Fred Perry è invece molto noto anche per un altro motivo: alla fine degli anni Quaranta iniziò a interessarsi di abbigliamento sportivo, prima creando delle fasce traspiranti poi producendo delle polo bianche, avendo come modello Lacoste. Queste furono lanciate nel Wimbledon del 1952 e ebbero notevole successo, con il motivo ormai universalmente conosciuto della corona di alloro (antico e originale simbolo di Wimbledon) che si distingue dalla Lacoste per il fatto che il logo è ricamato nel tessuto piuttosto che essere cucito come invece avviene per il piccolo coccodrillo francese.

Fred Perry vide il successo della sua linea consolidarsi soprattutto negli anni Sessanta, allorché il marchio divenne molto popolare tra i giovani inglesi. Buona parte del movimento giovanile degli anni Sessanta era conosciuto col nome di Mod, abbreviazione di «modernist»; appartenendovi si seguiva tra l'altro un certo stile nel vestire, con abiti firmati Fred Perry, Lonsdale o Ben Sherman, marchi in voga nella Gran Bretagna di quel decennio che è così ben descritto nel film Quadrophenia del 1979, in cui recita Sting e la cui colonna sonora vi invito a scoprire…Ora il brand Fred Perry è posseduto da una società giapponese ed è sponsor anche di Andy Murray, evidentemente nella speranza che lo scozzese sia davvero il nuovo Fred Perry.
 

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