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28/07/2011 03:04 CEST - STORIE

Viaggio nell'inferno del circuito

TENNIS – Alla scoperta dei tornei Futures, dove anche una racchetta da incordare può rappresentare un problema. Dove se perdi al primo turno prendi poco più di 100 euro. Dove spesso non ci sono i raccattapalle e i pasti si limitano a un panino e una Coca Cola. Ma la differenza con i top-players non è così ampia. Spesso si riduce a un misero (ma pesantissimo) doppio fallo. Da La Spezia, Riccardo Bisti

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La telefonata giunge inaspettata, sabato mattina alle 11. “Ciao, mi trovo ancora a Fano. Ieri non mi sono potuto muovere a causa dello sciopero dei treni. Tuttavia con un paio di regionali dovrei arrivare in tempo, alle 17.40”. Lui è Riccardo Sinicropi, giovane tennista italiano classe 1990, numero 526 ATP. Con grande cordialità, aveva accettato di partecipare a un match di esibizione per le 19.30 a Levanto, in provincia di La Spezia, per la gioia dei bambini della locale scuola tennis: "So cosa vuol dire per loro: io da bambino avevo palleggiato con Pioline e Mauresmo e me ne ricordo ancora". Nella città ligure sarebbe venuto ugualmente per il torneo Future che si sta giocando in questi giorni. Battuto nei quarti di Fano da Yannick Mertens, top 200 belga che poi avrebbe vinto il torneo (“Ma è stata una partita lottata, ho avuto le mie chance”), avrebbe potuto viaggiare con tutta calma in vista dell’esibizione con Alessandro Giannessi. Ma lo sciopero di Trenitalia l’ha bloccato, mettendo in dubbio fino all’ultimo la serata. Che alla fine c’è stata ed è riuscita pure bene, per la gioia di un club totalmente digiuno di grande tennis. Questo piccolo episodio è lo spunto per raccontare un mondo, quello dei tornei Futures e di chi li frequenta, tutto da scoprire e pieno di storie. I tornei Futures sono il gradino più basso del professionismo. Se gli Slam sono la Champions League, gli ATP la Serie A e i Challenger la Serie B, qui sei nella giungla della Serie C. Trovi di tutto: il giovane in ascesa che muove i primi passi, il giocatore di livello caduto in disgrazia e il tennista di categoria, lui che proprio non ce la fa ad emergere. Ci sono anche storie tristi, come quella del francese Nicolas Kischkewitz, uno che in 10 anni di professionismo non è mai andato oltre la 260esima posizione. Una volta lo pescarono negli spogliatoi, in preda a una crisi di pianto. Era disperato perché non riusciva a emergere. Provavano a consolarlo, a dirgli che la vita è fuori da un campo da tennis. Ma non c’era niente da fare. Salvo rarissimi casi (vedi Roger Federer), tutti i campioni sono passati da qui. Persino Rafa Nadal ne ha giocati una decina, vincendone sei. Ma i campioni sono pochi, gli aspiranti campioni molti di più.

Prize Money “da fame”
Quando metti piede in un "Future", la differenza con i grandi tornei la percepisci solo nella location. Spesso si gioca in circoli appositamente addobbati, l’organizzazione è locale e basata sul volontariato. A differenza dei tornei Challenger (gestiti dall’ATP), i Futures si giocano sotto l’egida dell’ITF. Lo staff esterno prevede un Supervisor e qualche giudice di sedia (ma non tutti: alcuni sono del posto). Ciò che impressiona, in questi tornei, sono i punti e i soldi in palio: una miseria. Consultando i PDF dei tabelloni dei grandi tornei (ATP e Challenger), in fondo alla pagina si trovano punti ATP e Prize Money. In quelli dei Futures non c’è scritto nulla. Per scovarli devi consultare il Rulebook dell’ITF, 132 pagine di cavilli regolamentari in cui scopri che i tornei Futures si dividono in tre categorie: 10.000 dollari di montepremi, 15.000 oppure 15.000 più ospitalità. Eh si, perché se l’ospitalità ai giocatori è diventata obbligatoria anche nei challenger, sono pochissimi i Futures che possono accollarsi gli oltre 200 pernottamenti di cui ha bisogno un torneo. In questi giorni se ne stanno giocando 10: quello di La Spezia è l’unico con lo status di "15.000+H". Il vincitore porta a casa 35 punti ATP (la semifinale in un challenger da 50.000 ne offre 33) e un prize-money di 1.950 dollari americani. Lordi. Il che significa che devono essere convertiti in euro e poi detassati. In Italia, la pressione fiscale è del 20% per i tennisti italiani, del 30% per gli stranieri. Se poi togliamo le spese di viaggio, vitto, incordature e lavanderia, capite bene che in tasca resta ben poco. E stiamo parlando del vincitore del torneo. Se perdi al primo turno incassi 176,25 dollari lordi (che diventano 117,50 in un torneo da 10.000 dollari). Cifre irrisorie se rapportate alle spese. Ce lo spiega proprio Sinicropi mentre ci rechiamo a Levanto per l’esibizione. “Meno male che a Tarsus, in Turchia, ho vinto il mio primo torneo. Per spostamenti e voli interni è andato via quasi tutto il prize money”. Sinicropi è nato a Genova, ma è cresciuto a Mentone, in Francia. Da qualche tempo si allena con Laura Golarsa al Tennis Club Milano, in un team di cui fanno parte anche Bega, Molina e Della Tommasina. E ogni tanto transita anche Alberta Brianti. “Alcuni criticano la Golarsa, ma sono pochi a conoscerla bene. E’ un’ottima persona e una bravissima allenatrice”. 12 mesi fa, Sinicropi non aveva neanche un punto ATP. Poi ha preso il via ed è in forte ascesa. Ha un braccio notevole e il dritto è uno spettacolo. Ma per un ragazzo che può contare solo sull’aiuto della Federazione, il risparmio diventa una necessità. Per questo Sinicropi gioca in Italia da 2 mesi in modo da ridurre le spese. La necessità di risparmiare su tutto è la risposta a chi critica le scelte apparentemente “provinciali” di tanti giocatori.

Sempre meno sprovveduti
La differenza con i grandi tornei, dicevamo. A occhio nudo non la percepisci. La palla fila via che è un piacere, i gesti tecnici sono perfetti (quasi sempre…) e la potenza è notevole. Certo, non mancano le eccezioni. Il venerdì prima delle qualificazioni, sul campo 2 del Circolo Tennis Spezia si allenavano un paio di ragazzi russi. Ammirevoli, ma farebbero fatica in un torneo di terza categoria. Non è un caso che Grigori Tsetlin abbia perso 6-0 6-0 da Antonio Comporto e Nikita Kushnarev abbia fatto appena meglio. Però, come ci ha detto Fabio Colangelo (ex top 200 in doppio, oggi allenatore di Alberto Brizzi e Marco Crugnola): “Ormai lo sprovveduto totale non lo trovi quasi più. Il livello medio si è alzato tantissimo”. Ed in effetti vedi belle partite già nelle qualificazioni. C’è “Manolo” Jorquera, ex promessa che a 33 anni si diverte ancora a tirare il rovescio. Ma anche Davide Della Tommasina, che da ragazzo prometteva bene ma che si è un po’ fermato nel delicato passaggio a professionista. E’ di Massa, a poche decine di chilometri da qui. Gli avventori del Circolo Tennis Spezia sussurrano: “Da bambino lui era quello forte, mentre Giannessi gli stava dietro”. Adesso i ruoli si sono invertiti, con lo spezzino che è l’attrazione principale (e la prima testa di serie) nel circolo dove ha mosso i primi passi a 8 anni di età con la maestra Giorgia Mori, pure lei facente parte dello staff del torneo. Se pensate che il tennis professionistico sia quello che si vede in TV, patinato e spettacolare, una sortita in un torneo Future vi sconvolgerà. I giocatori condividono il bar con il pubblico, gli spogliatoi con i soci ed anche il più incallito degli addetti ai lavori fatica a riconoscere i protagonisti. La popolarità e i soldi sono altrove. Le qualificazioni si giocano senza raccattapalle, che fanno la loro comparsa per i primi match di tabellone principale. Di giudici di linea neanche l’ombra, almeno fino alle fasi finali.

Quel doppio fallo che fa la differenza
Per immergerci nell’atmosfera del torneo Future, ci accomodiamo sul Campo 2 mentre sull’1 (il centrale) è impegnato Olivier Patience, 31enne francese con un passato da top 100 e capace, qualche anno fa, di raggiungere il terzo turno al Roland Garros e di portare al quinto set Novak Djokovic. Ha la barba di un mese e arranca contro il 19enne tedesco Sami Reinwein, un mancino che picchia tutto a occhi chiusi. Rimonta da 1-6 1-3, ma i 12 anni di differenza si fanno sentire e la seconda testa di serie sparisce al primo turno. Qualche metro più in là, c’è un doppio tutto italiano. Da una parte Riccardo Sinicropi e Davide Della Tommasina, dall’altra Davide Melchiorre e Lorenzo Frigerio. Non più di sei spettatori, quattro raccattapalle e un arbitro. I ragazzi ci danno dentro, mostrano un ottimo tennis (anche se il serve and volley è ridotto all’osso) e arrivano alla stretta finale. Sul 9-9 del super tie-break, Frigerio commette un doppio fallo e spalanca la strada alla vittoria di Sinicropi-Della Tommasina, che chiuderanno con il punteggio di 5-7 6-2 12-10 con un passante di Sinicropi. In quel doppio fallo c’è tutta la differenza tra questa realtà e il mondo patinato che vediamo in TV. Un top 100 avrebbe messo la prima e giocato in sicurezza. Qui è arrivato un errore che ha regalato agli avversari un posto nei quarti di finale. Un posto che vale 270 dollari, 135 a testa al lordo delle tasse e del cambio. “Per noi è importante anche giocare il doppio – racconta Sinicropi nella serata levantina – Magari riesci e tirare fuori un centinaio di euro che ti permettono di pagarti da mangiare per qualche giorno”. Adesso: questi giocatori non rischiano di finire sotto a un ponte, ma la ricchezza è un'altra cosa. La loro vita scorre tra i campi da tennis, gli alberghi a 3 stelle e i treni o le auto che li scarrozzano da una città all’altra. E se si riesce a prendere un regionale al posto di un Eurostar, beh, è tanto di guadagnato. Nei grandi tornei bisogna aspettare le conferenze stampa per ascoltare le parole dei protagonisti e trovare qualcosa da scrivere. Nei Futures, ogni giocatore ha una storia. Spesso più interessante di quelle che emergono dalle press conference, di sicuro meno banale. C’è il trio sudamericano Ramirez-Konfederak-Pastor appollaiato su una panchina e intento a cenare con panino e Coca Cola. C’è Benjamin Balleret che arriva in macchina, con la sua auto targata Monte Carlo. Fa una sortita anche Davide Bramanti, presente in doppio con la wild card locale Alessio Guidotti e battuto dagli americani Pybas / Vartabedian. Bramanti è lo stesso che nel 1997, al torneo junior di Firenze, battè 7-6 al terzo un giovanissimo Roger Federer. Avvistato anche Takao Suzuki, che a 35 anni si diverte ancora a giocare qualche torneo dopo aver vinto 16 challenger (record mondiale della categoria) e storico allievo di Claudio Pistolesi. Il coach romano, reduce da Amburgo, è venuto a trovare il suo “fratellino” come ama definirlo lui. E pazienza se ha perso al primo turno contro Marco Viola.

Presidente ATP, dove sei?
E’ proprio nei tornei Futures che si tocca con mano il “Tenis Pobre” teorizzato da Martin Vassallo Arguello, ex top 50 argentino. E’ il tennis di chi gioca i tornei più piccoli e va a caccia di un sogno. Un sogno che potrebbe non realizzarsi mai. Sono i giocatori che viaggiano senza allenatore, che vedono come un privilegio la presenza dei raccattapalle, che stanno fuori casa per mesi…e che probabilmente non si metteranno a posto economicamente. E dovranno cercarsi un altro lavoro. La tristezza vera sta da un'altra parte, ci mancherebbe, ma spiace vedere gente che lotta duramente nella speranza di tirare avanti mentre l’ATP continua ad aumentare i montepremi nei tornei maggiori, soprattutto nei Masters 1000. A breve il montepremi totale del circuito ATP toccherà i 90 milioni di dollari, ma ai tornei piccoli non ci pensa nessuno. Una volta Vassallo Arguello disse: “Il presidente dell’ATP non ha mai visto un Future, però va a tutti gli Slam e parla con Federer e Nadal. Forse dovrebbe parlare con un ragazzo numero 800 del mondo e chiedergli: “Cosa dovrebbe avere questo torneo per essere migliore?”. Chissà se il successore di Adam Helfant, dimissionario a fine 2011, non decida di rinunciare alla finale di Wimbledon e recarsi a Yerevan per chiedere il parere di Nikoloz Basilashvili. O di chiunque altro. Non avrebbe che l’imbarazzo della scelta: nel solo 2010, si sono giocati 477 Futures in giro per il mondo.

Riccardo Bisti

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