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30/07/2011 03:57 CEST - L'EMERGENTE

Ale Giannessi: "Grazie Argentina"

TENNIS – La preparazione invernale in Argentina è il segreto della grande stagione di Alessandro Giannessi. “Quando iniziavamo a sentire la fatica, era proprio allora che iniziava l’allenamento. Massacrante, ma oggi ne sento i benefici”. Pensieri e parole del giovane italiano più in forma del momento. "A Tirrenia mio sono sempre trovato bene, dico grazie a Furlan, Palumbo e Carnovale". Da La Spezia, Riccardo Bisti

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La parabola di Alessandro Giannessi è scandita dai numeri che lo accompagnano nel torneo di casa, il Future di La Spezia che si gioca nel circolo dove ha iniziato a giocare quando aveva otto anni. Un circolo dove non riesce a fare due passi senza essere fermato per un complimento, un saluto, una stretta di mano. E’ l’idolo di casa. E pensare che due anni fa ebbe bisogno di una wild card: era numero 1.210 ATP e si arrese, in preda a paure ed emozioni, a Marco Sattanino. L’anno scorso si presentò da numero 663 e giunse nei quarti di finale. Battè Micolani e Marrai prima di perdere un match maratona contro Francesco Aldi, sciupando due matchpoint nel tie-break decisivo. Oggi è il più credibile emergente del tennis italiano, fresco di best ranking (n. 264) e prima testa di serie di un torneo che – si spera – dovrebbe essere una delle sue ultime apparizioni a livello Futures. “Gianna”, come lo chiamano gli amici, sta vivendo un 2011 eccezionale, in cui è arrivato l’atteso salto di qualità. Oltre 200 posizioni scalate, due tornei vinti (Aosta e Viterbo, in aggiunta a Madrid dello scorso novembre) e i primi, veri, risultati a livello challenger. A Torino è andato in semifinale battendo Daniel Gimeno Traver (prima vittoria contro un top 100), e si stava per ripetere a San Benedetto del Tronto, quando è stato bloccato da un piccolo problema fisico. Si è temuto che si trattasse di pubalgia, e sarebbe stata una disdetta. Invece sta regolarmente giocando al Circolo Tennis Spezia e si gode il bagno di popolarità nella speranza di poter giocare le qualificazioni allo Us Open. Sarebbe il primo Slam in carriera. Intanto al torneo di casa è in semifinale, dove affronterà Daniele Giorgini. Renzo Furlan stravede per lui, forse rivede in Giannessi la stessa serietà e abnegazione che 15 anni fa lo portarono tra i top 20. Nell'intervista che potete ascoltare qui (oltre alla bella chiacchierata con Della Tommasina-Sinicropi, che ci spiegano le difficoltà di chi frequenta il mondo Future), Furlan si è sbilanciato: "Giannessi nei 200 entro l'anno, poi proverà ad attaccare i top 100 nel 2012". Ma ecco pensieri e parole dello spezzino.

Partiamo dal periodo di allenamento in Argentina. Di chi è stata l’idea? Quanto è stato importante per la tua crescita?
Nasce tutto dalla collaborazione tra Eduardo Infantino e la FIT. Dopo il periodo in cui ha allenato Trevisan, la partnership si è intensificata e ha pensato di portare alcuni ragazzi in Argentina ad effettuare la preparazione invernale. Oltre al sottoscritto, c’erano Federico Gaio, Alessandro Colella, Giammarco Micolani e i più giovani Quinzi e Baldi. E’ stato un periodo fondamentale. Credo che abbia fatto la differenza. Eduardo ha grande esperienza, a tutti i livelli, e ci ha aiutato moltissimo. Abbiamo lavorato molto in palestra e sul piano fisico. C'è stato un buon lavoro tecnico anche sul campo, ma personalmente ho avvertito il salto di qualità soprattutto sul piano fisico e mentale.

Quanto è importante la crescita mentale?
E’ fondamentale. In Argentina non c'erano limiti: iniziavi a sentire la fatica…e proprio allora iniziava l’allenamento. Ti tenevano in campo anche se non avevi più energie. Ma i benefici si sentono eccome. Quando giochi in partita senti di avere qualcosa in più del tuo avversario. Puoi vincere o perdere, per carità, ma ti senti sempre bene di testa.

Com’era la giornata tipo in Argentina?
Tremenda: sveglia alle 6, poi stavamo in palestra dalle 7 alle 10 del mattino. Una pausa per mangiare qualcosa, poi sul campo da tennis dalle 11 alle 12.30. Ci fermavano fino alle 14, poi altre due ore di palestra in cui facevamo esercizi utili per la prevenzione degli infortuni. Alle 16 di nuovo in campo, e per chiudere altro lavoro fisico, come 10 chilometri di corsa o comunque lavori di tipo aerobico.

Sei il giocatore che vanta più convocazioni a Tirrenia. Come giudichi questa esperienza?
Sono a Tirrenia sin dall’inizio e devo dire che è migliorato anno dopo anno. Io mi sono sempre trovato bene, magari a differenza di altri ragazzi. Devo ringraziare Renzo Furlan, Giancarlo Palumbo e Pino Carnovale: mi hanno aiutato molto e mi sono sempre stati vicini, anche nei momenti difficili. Non fosse stato per loro, probabilmente non sarei qui.

Adesso che Furlan non è più il direttore tecnico, come è organizzato il lavoro al Centro Tecnico Federale?
Adesso il ruolo più importante ce l’ha Giancarlo Palumbo. Personalmente, io sono sotto la supervisione di Eduardo Infantino che mi coordina l’attività insieme a Gabrio Castrichella. Quest’ultimo è il coach che mi segue in giro per i tornei.

Giocando quasi esclusivamente i tornei Futures i guadagni non sono un granchè (nel 2011, Giannessi ha guadagnato 17.000 dollari lordi, ndr). E’ dura finanziare l’attività?

Quanto contano i soldi per un tennista professionista?
Non raccontiamoci storie: i soldi sono importanti. Arrivati a un certo punto, il tennis diventa un lavoro vero e proprio. Personalmente gioco anche perché mi piace molto il tennis e mi diverto quando sto in campo. Ma credo che la maggior parte dei tennisti giochino per i soldi. La prospettiva di un guadagno è anche uno stimolo per allenarsi meglio.

Raccontaci il tuo percorso tennistico.
Ho iniziato a giocare a 8 anni al Circolo Tennis Spezia, guardando giocare i miei fratelli maggiori (Marco e Francesco, di 6 anni più grandi, ndr). Ho sempre avuto un forte attaccamento a questo circolo. La mia prima maestra è stata Giorgia Mori. Mi ha seguito per 6-8 mesi, poi è arrivato Andrea Nistri che mi ha accompagnato fino alla prima convocazione al Centro. Le basi a livello tecnico me le ha date lui. A 14 anni sono andato a Tirrenia, e le cose sono andate sempre meglio. Non ho mai avuto grandi picchi di rendimento: la mia crescita è stata lineare, sono sempre stato tranquillo…e speriamo di continuare così.

Qualche anno fa c’erano altri giocatori che ti stavano davanti (Trevisan, Fabbiano, Lopez…), ma adesso li ha raggiunti, se non superati. Cosa è successo? Secondo te chi sono i migliori giocatori transitati da Tirrenia?
Sai, io ero rimasto indietro perché ho sempre avuto tanti problemi fisici. Tra i 16 e i 17 anni ho avuto un’infortunio al tendine rotuleo del ginocchio e sono stato fermo 7 mesi. E’ stato il momento più difficile: tanti mesi senza toccare la racchetta, le cose non andavano bene, i risultati non arrivavano...ma in tanti mi hanno aiutato e ne sono venuto fuori. Gli altri ragazzi? Lopez ora si trova in Sudamerica e l’ho un po’ perso di vista. Trevisan e Fabbiano li conosco bene, sono amici e hanno grandi potenzialità. Ma non saprei dire chi è il più forte. Ma ce ne sono anche altri: Maccari non sta ottenendo grandi risultati, ma sono convinto che in futuro potrà averne. Poi c’è Quinzi, lo conosciamo tutti. Penso che potrà portare ottime notizie al tennis italiano.

Ti pesa condurre una vita così diversa da quella dei tuoi coetanei?
Di sicuro questa vita ti deve piacere. Un tennista gira tutto l’anno. Devi avere la forza di sopportare lunghi periodi senza amici, parenti, affetti…Io sono andato via di casa a 14 anni, ed è stata una scelta molto difficile. Tuttavia ho la fortuna di abitare a un’ora dal Centro Tecnico, così nel weekend ho tempo di tornare a casa e vedere i miei amici.

Su 365 notti all’anno, quante ne dormi nel tuo letto?
Non arrivo a 40!

Che tipo di giocatore è Alessandro Giannessi?
Il mio gioco è basato su servizio e dritto. Faccio affidamento soprattutto sul dritto. Di rovescio ho sempre avuto tante lacune, ma da quest’anno credo di aver fatto miglioramenti importanti. Riesco a difendermi meglio e a perdere meno campo. Soprattutto ad alti livelli, se perdi troppo campo ti ammazzano. Fisicamente sono abbastanza forte e questo mi aiuta. Ovviamente bisogna ancora lavorare tanto. Ma è normale che sia così.

Riccardo Bisti

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