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06/08/2011 17:59 CEST - Personaggi

40 anni e non sentirli

TENNIS - Kimiko Date si concede a Tennis.com in una rara intervista: le sue emozioni per un’altra partita memorabile a Wimbledon, contro Venus Williams, quindici anni dopo la sua semifinale con la Graf, il suo coinvolgimento nella ricostruzione giapponese e le impressioni sulle colleghe e sul gioco di oggi. «Il tennis è diventato più fisico e veloce. Ma se tornasse Steffi batterebbe ancora tutte…». Mauro Cappiello

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Se le chiedi chi sia la vera numero uno, lei ti risponde senza esitazioni: «Per me è Steffi Graf, sempre Steffi Graf». Non ha mai cambiato idea, non c’è motivo per farlo adesso che sono ormai passati quindici anni da quell’episodio. Era il 4 luglio 1996 e Kimiko Date si stava giocando la semifinale di Wimbledon proprio contro di lei, la tedesca all’epoca sei volte campionessa ai Championships. Quando il match era in perfetta parità, con entrambe le giocatrici che si erano aggiudicate un set per 6-2, sembrava però che il vento della partita stesse cambiando. La giapponese era partita malissimo, andando sotto 0-5 nel primo set, ma poi aveva reagito iniziando a mettere sotto la grande Steffi con quel gioco piatto, geometrico e impeccabile che possiamo ammirare ancora oggi. All’inizio del terzo set, dopo che la Date aveva vinto gli ultimi sei game, arrivò una controversa sospensione per oscurità, con la Graf che diceva di avere difficoltà a vedere la palla e la Date che rispondeva, nel suo inglese allora appena accennato, che lei invece ci vedeva benissimo.

L’arbitro si fece probabilmente influenzare dal maggiore carisma di Steffi e rimandò la conclusione del match all’indomani, quando la Graf non ebbe difficoltà a chiudere e a conquistare la finale, che poi le avrebbe dato il suo settimo sigillo a Church Road.

Oggi, Kimiko non si chiede nemmeno cosa sarebbe cambiato se quel match non fosse stato sospeso e se la chance di diventare la prima nipponica di sempre a giocarsi la finale di Wimbledon fosse divenuta realtà. Nell’intervista rilasciata a Tennis.com, di quella partita non parla neanche. Anche perché sembrano essere passate ere geologiche da quel giorno, specialmente in uno sport come il tennis, che vede in campo giocatrici di vent’anni o poco più e lei, tornata alle competizioni dopo un periodo sabatico di undici primavere solo per permettere al marito Michael Krumm, che non lo aveva mai fatto prima, di vederla giocare, la storia ha avuto modo di riscriverla comunque. «Nei primi tempi del mio rientro, mi divertivo sempre, anche quando perdevo. Ora a questi livelli, a volte è un po’ difficile trovare piacere dallo stare in campo. Ma la mia prima carriera è già stata un successo, perciò provo a godermi ogni battaglia, ogni sfida. E ci provo sempre…».

La sua età è l’argomento principe di ogni discorso su di lei, ma questo non sembra poi infastidirla troppo: «Ne parliamo sempre. Oggi ho giocato il doppio con Dominika Cibulkova (a Stanford, ndr), sua madre ha quasi la mia età. Anche la madre di Anastasija Sevastova ha esattamente la mia stessa età. Con lei ridiamo sempre di questa cosa e lei mi dice: “Sei incredibile”».

Già, incredibile. Perché il ritorno della giapponese di ferro non ha avuto niente in comune con il tragicomico rientro in campo, per esempio, di Bjorn Borg, che a distanza di quasi dieci anni dal suo ritiro si ripresentò sul tour a rimediare solo umiliazioni. Kimiko è tornata per vincere, e anche se la sua classifica oggi non è certo ai livelli di quando era giovanissima (raggiunse il numero 4 nel 1995, oggi è numero 54), la Date, dal giorno del suo “comeback” di soddisfazioni se ne è prese.

Intanto quella di diventare, a 38 anni a Seoul nel 2009, la seconda più anziana vincitrice di un torneo Wta nell’Era Open, dopo Billie Jean King nel 1983. Poi, quest’anno, quella di essere la seconda tennista più anziana a vincere un match a Wimbledon, dopo (l’inarrivabile?) Martina Navratilova che vi riuscì a 47 anni.

Quindici stagioni dopo il suo ultimo successo ai Championships, contro Mary Pierce nei quarti di finale del 1996, e dopo quella semifinale con Steffi Graf, Kimiko si è ritrovata di nuovo sul più ambito Centrale del mondo a disputare un’altra partita memorabile, ancora una volta contro una pluri-regina di Wimbledon, Venus Williams. E ci sono volute tre ore di lotta per vincere la sua resistenza solo per 8-6 al terzo set.
«Non pensavo di ritornare su quel Centrale», dice oggi, ancora emozionata. «Non avevo nulla da perdere, contro una che a Wimbledon ha vinto cinque volte. Ero concentratissima sulla palla. Dovevo controllarla, andare a rete e usare molto i drop. Lei ha delle ampie aperture e quindi avevo bisogno di sfruttare il campo in verticale, non in orizzontale».

Del tennis di oggi dice che è «fatto di maggiore potenza e velocità» rispetto alla sua prima carriera. Le giocatrici che più la impressionano sono la Wozniacki, «anche se non ha ancora vinto uno Slam», la Lisicki, ma soprattutto «la forza fisica e mentale di Na Li. Il suo problema è che non è più giovanissima. O meglio, lo è rispetto a me, ma non rispetto alle altre….».

Ma Steffi Graf, che comunque la giapponese si era presa la soddisfazione di battere in un match di Fed Cup terminato 12-10 al terzo in quello stesso 1996, sarebbe anche oggi la migliore. «Potrebbe ancora battere chiunque, se solo iniziasse ad allenarsi e avesse la motivazione per tornare a giocare», dice.

In campo maschile, è abbagliata da Federer, il giocatore che più le piace guardare. Lo consideri il migliore di sempre?, gli chiede Boby Chintapalli di Tennis.com. E lei: «Credo di sì. E spero di sì».

Ma a 40 anni per Kimiko non è solo tennis. Tre anni fa, insieme al marito, ha costruito una scuola in Laos, mentre oggi, dopo il disastro del terremoto/tsunami che ha colpito il Giappone, ha dato vita, in collaborazione con la Yonex, a una fondazione per raccogliere fondi, con l’obiettivo di costruire nuovi campi da tennis e migliorare la situazione dello sport nel Paese martoriato dal disastro.

È felice per la vittoria del Giappone nel Mondiale di calcio femminile: «L’ho saputo dal telegiornale il giorno dopo. Non ho guardato la partita perché avevo iniziato gli allenamenti ed ero già andata a letto. È stata una grandissima notizia da noi, anche perché in genere il calcio è uno sport per uomini». E non c’è dubbio che, in un Paese fortemente tradizionalista come il suo, in cui Kimiko è stata costretta a trasformarsi da mancina in destrorsa per poter giocare a tennis senza urtare i costumi locali, l’esempio silenzioso della Date stia contribuendo in maniera decisiva ad allargare le vedute.

Mauro Cappiello

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