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09/08/2011 00:33 CEST - Buon compleanno

Resta ancora un po' con noi, Roger

TENNIS - Il fuoriclasse svizzero compie oggi 30 anni. Un numero significativo nella vita, ancora di più se sei uno sportivo, specie un tennista. Un articolo che non ripercorrerà la carriera di Federer ma che si chiede, semplicemente, perchè ancora lo svizzero, con alle spalle una carriera straordinaria, sia ancora così determinato a dimostrare le speranze future non sono solo parenti del suo illustre passato. Luigi Ansaloni

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E’ un po’ fastidioso, e devo dire che fa anche un certo effetto, scrivere una sorta di articolo-lettera-tributo ringraziamento-augurio ad una persona che compie 30 anni ed avere una sgradevolissima sensazione di saluti, o giù di lì, che tormenta le tue manine. Soprattutto perché pensi che il destinatario ha la tua stessa età e tu sei lì a sentirti gagliardo e a predicare una giovinezza che ormai, siamo sinceri, è quasi volata via, ma nonostante ciò ti aggrappi a lei come fosse la gonna della mamma che ti ha appena tolto il pallone con
il quale hai rotto il vetro della finestra di casa tua. Un’altra era, un’altra età, appunto. Ma chi vi scrive non fa (purtroppo per lui) lo sportivo di professione. Il tennista, per lo più, quell’omino solo in quel campo di terra-erba-cemento-sintetico lanciato come una trottola impazzita in giro per il mondo. Chi vi scrive fa il giornalista
(purtroppo per voi, in questo caso), e dunque la prospettiva cambia.

La prospettiva, per chi guarda il mondo attraverso i quadratini della racchetta, è un po’ diversa. Specie se ti chiami Roger Federer e sei colui che detiene tutti i record del tennis, più o meno. Non avresti più niente da dimostrare, potresti tranquillamente startene a casa a Basilea con Mirka e le gemelline a goderti le tue (enormi) ricchezze, potresti fare quello che ti pare, potresti andare in giro per qualche torneo a farti glorificare, potresti bearti guardando il passato e non preoccuparti del tuo futuro, perché non ne avresti davvero motivo.
Federer, signori miei, avrebbe tutto il sacrosanto diritto di annoiarsi, di essere una persona “normale” (anche se, in fin dei conti, non lo è e non lo sarà mai). Avrebbe tutto il diritto di aprire i giornali e non vedere più scritte frasi del tipo “Ad un età in cui solitamente tutti i tennisti si ritirano…”. Già fatto, appunto.

Sarebbe un Rod Laver più giovane. Perché quando passa Rod, con tutto il rispetto per i fenomeni del passato, del presente e forse del futuro, è un’altra cosa. Roger stesso, ogni volta che lo vede, scoppia a piangere in automatico. Un motivo, crediamo, ci sarà. Tutto questo Roger potrebbe farlo, nel suo primo giorno nel nuovo decennio, avrebbe il diritto di farlo e, forse (attenzione: forse), ci ha anche pensato, ne avrebbe pure voglia. Il percorso, anche lavorativo di uno sportivo, a 30 anni o giù di lì, si avvia alla conclusione. Sei giovane, ma sei
già vecchio. A quell’età (specie in Italia) molti vivono con papà e mamma o si dannano a cercare un lavoro. Uno sportivo è già un uomo, anche (soprattutto) economicamente parlando. Sei realizzato, sotto quel punto di vista e anche sotto molti altri. La prospettiva dunque, anche in questo caso, è totalmente diversa.Non dimenticando un'altra di prospettiva, ovviamente: quella storica. L'importanza di costui la capiremo quando uscirà dal campo per l'ultima volta. E non sarà troppo tardi, per fortuna.

A 30 anni nello sport (il tuo lavoro, appunto) hai già dato tutto. E se non lo hai fatto, ne hai ancora per poco. Ci sono i campioni di longevità, ma la norma è quella. Nessuno ti dice più giovane promessa, tutti ti conoscono, sanno chi sei e quanto vali. Non scendi in campo da perfetto sconosciuto, hai un nome e una storia alle tue spalle. Bella o brutta che sia. Spesso ti è mancato tanto così, ce l'avevi quasi fatta, ma non ce l'hai fatta. E a 30 anni, se ce la dovevi fare, ce l'avresti già fatta. Poi magari spuntano le storie come la Schiavone, per dirne una, e ti senti un pò più in pace con il mondo. Federer è come se avesse scalato due volte tutta la catena montuosa
dell'Himalaya senza ossigeno. Le sue vette, la sua vetta, l'ha già raggiunta. Potrebbe starsene lì, a vedere un pò l'effetto che fa. La prospettiva per uno sportivo trentenne è quella di una quasi pensione. Safin nemmeno ha aspettato i 30 anni, per salutare l'allegra compagnia, ma Marat è un caso a parte.

Roger si sveglierà questa mattina con un 3 e uno 0 in più, e lo farà da tennista. Dopotutto, anche il 30 nel tennis è un numero dove sei quasi arrivato, ce la stai per fare ma ancora non ce l'hai fatta. Lo farà da numero 3 del mondo. Si allenerà per l'ennesimo 1000 della sua vita, si preparerà per farlo al meglio. Lo farà magari
svegliato dalle sue bambine e da sua moglie. Il mondo, non del tennis, lo omaggerà come una sorta di divinità terrena. Un Achille della racchetta, con un punto debole: se stesso. Come tutti gli Dei, dopotutto.

Potrebbe fare tutt'altro, potrebbe essere ovunque, potrebbe fare quello che cavolo gli pare. E invece, a 30 anni, è in una camera d'albergo dopo essere stato in giro nei giorni scorsi a scattare fotografie a insetti vari, a rane psichelediche, come un comunissimo bambino, a indossare un paio di scarpe da tennis e ad impugnare la
racchetta. Per servire, per colpire di dritto, rovescio, voleè. E' ancora lì, pronto a soffrire, a rispondere alle domande dei giornalisti, a subire gli ennesimi elogi funebri o quant'altro. E' ancora lì a meditare vendette, a subire umiliazione, a gioire, a scuotere la testa, a guardarsi i piedi quando sbaglia, a fulminare
l'arbitro litigando con occhio di falco.

Rimani lì ancora per un pò, Roger, e tanti auguri.
 

Luigi Ansaloni

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