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09/08/2011 21:31 CEST - APPROFONDIMENTI

E' ora di cambiare alcune regole?

TENNIS - Si parla sempre di cambiare regolamenti, punteggi e quant'altro. Sono molte le regole che secondo fan e addetti ai lavori andrebbero riviste, ma forse le innovazioni non sarebbero poi così appropriate soprattutto riguardo la struttura del gioco. Il nostro sport ha davvero tutta questa necessità di cambiamento? Vediamo alcune situazioni che meriterebbero una regolamentazione. Karim Nafea

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Oh, ci siamo, si ricomincia con il tennis giocato. Prima che debuttino i big ci però permettiamo un ultimo sprazzo di fraschetta. Di tutte le classifiche, le top-ten (ce ne sono state e ce ne saranno di interessanti) e le rassegne è mancata quella che, in Italia soprattutto, rappresenta in pieno il vero discorso da bar: quali regole andrebbero cambiate? E, se sì, come?
A parte gli scherzi, il discorso è abbastanza interessante, non tanto nel particolare delle regole da cambiare o da NON cambiare, ma quanto nel chiedersi quali ragioni spingano al cambiamento in uno sport già “stabilito” come il tennis.

Intanto vediamo quali sono le regole che andrebbero, a nostro parere, quantomeno riviste.
1) MTO: l’uso criminoso che se ne fa ma non solo. Il medical time-out è diventato un vero e proprio colpo nel repertorio di alcuni giocatori ci manca solo che ne venga insegnata la tecnica nelle scuole tennis.
Anche il concetto di medical time-out cozza un po’ con lo spirito del gioco: non è ammissibile dare al giocatore la possibilità di fermare la partita per cinque / dieci minuti (tra la diagnosi e i “tre minuti” mai rispettati), soprattutto contando che un giocatore, specie si d’alta classifica, verrà difficilmente sconfessato dal trainer.
Una possibile soluzione sarebbe quella di permettere di ricevere i trattamenti solo ai cambi di campo e solo nel tempo normalmente consentito al giocatore, senza dilazioni. Se sei in grado di giocare secondo le regole, giochi, altrimenti te ne vai. Punto.

2) Perdita di tempo tra i minuti: fastidioso. Ci sono due scuole tipi di slow-players: quelli che lo fanno sempre perché hanno bisogno di concentrarsi prima di ogni punto e quelli che lo fanno solo in momenti ben definiti per togliere ritmo all’avversario. In alcuni momenti diventa davvero difficile ignorare le perdite di tempo ma il discorso è simile al precedente: la tolleranza è eccessiva. In questo caso non è questione di cambiar la regola: la regola già c’è, va solo fatta rispettare.
Era stato suggerito l’ausilio di uno shot-clock (come nel basket per intenderci), che però non terrebbe conto del fatto che se per esempio un raccattapalle faticasse a recuperare la pallina costringerebbe il giocatore al servizio ad accelerare di molto la sua routine (come giustamente fanno notare Steve Tignor e Kamakshi Tandon nel loro articolo su Tennis.com).

Il discorso su queste prime due regole deriva direttamente dal campo, nel senso che la questione è stata sollevata dalle lamentele dei giocatori. Chiunque giochi o abbia giocato a tennis si è dovuto confrontare con questi espedienti, o perché ne faceva utilizzo lui stesso o perché ha trovato qualcuno che se ne serviva.
Dal punto di vista della norma tutte queste fattispecie andrebbero condannate o punite in qualche modo, ma va anche detto che tutti questi comportamenti, prima ancora che dell’antisportività, sono figli di un modo di vedere lo sport solo in funzione del risultato.  Tutti vogliono vincere, ci sono semplicemente modi e vie diverse per farlo: c’è chi oltre alla forza di volontà e alla grinta cerca di vincere vivendo di espedienti e cercando di sfangarla alla bene e meglio e chi invece affianca alla volontà l’intenzione di vincere solo ed esclusivamente grazie ad una superiorità tennistica.

3) Assimilabile al discorso sulle prime due è il capitolo che riguarda il grunting.
Senonchè limitare o regolamentare le urla di giocatrici (in primis) e giocatori appare almeno complicato.
Nel loro articolo Tignor e Tandon suggeriscono di dotare il giudice di sedia con un indicatore di decibel, il che francamente sembra al limite della barzelletta.

4) Completamente diversa la questione che riguarda le regole, il loro cambiamento, che intervengono direttamente sulla struttura del gioco: punteggi, coaching, let giocabili…
Punteggi: nel doppio e molto spesso nei tornei agonistici regionali si utilizza la regola del no-ad, o killer point, che prevede un punto di “spareggio” sul 40-40: chi vince quello vince il game.
Questa è una di quelle cose che andrebbero, per il bene del tennis, eliminate senza rimorso.
Senza se e senza ma.
Coaching: molte volte è stata avanzata quest’ipotesi (già attuata nel femminile) anche per il maschile. Forse sarebbe il caso di fare un passo indietro ed eliminare il coaching in assoluto.
Stesso discorso precedente: il Tennis, sport solitario per natura, non prevede aiuti esterni durante la partita.
Se i fenomeni, baciati dalla fortuna di avere un talento soprannaturale, potessero anche fare affidamento sul coaching, in modo da fare anche più o meno sempre scelte tattiche azzeccate ci sarebbe poco da guardare.
Let giocabili: giocare il punto anche se il servizio tocca il nastro… Ma stiamo scherzando?!?

Cambiare la struttura del gioco non sarebbe una novità.
Immaginate il tie-break, anche il gioco decisivo aveva suscitato non poche polemiche (prima di venire accettato e dopo). Quando venne introdotto sembrò uno scandalo per poi rivelarsi un’invenzione quasi necessaria per il gioco.
E’ l’evoluzione, baby. Ed è così che i cambiamenti andrebbero pensati: nuove regole o nuovi mezzi che assecondino l’evolversi del gioco, non modifiche volute dalle televisioni o quant’altro, per velocizzare e rendere più appetibile il prodotto. Il punto centrale è che, per come va al momento, il tennis non ha bisogno di nuove regole, va benissimo già così com’è ma come chiosa giustamente Tignor “i fan cercheranno sempre di riparare il loro sport, anche se non è rotto”.

Karim Nafea

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