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19/08/2011 21:29 CEST - LA STORIA

Là dove non ci sono le telecamere

TENNIS - L'appassionante racconto di Stefano Caroni, accompagnatore di alcune giocatrici negli "esotici" tornei ITF di Casablanca ed El Jadida. La difficoltà di adattarsi in realtà povere e lontanissime dallo star system è però servita per accrescere lo spirito di gruppo e regalare i primi punti WTA a Maria Masini. Peccato che Indra Bigi ci abbia rimesso una caviglia a causa di un campo in condizioni pietose....Antonio Burruni

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«Questa è la cronaca dei tornei ITF femminili di Casablanca e El Jadida, disputati dal gruppo di tenniste della Firenze Tennis Academy nella seconda metà di luglio. Sono ormai tre volte che, in questo periodo, ci cimentiamo nei tornei marocchini. A differenza degli altri anni, la partecipazione italiana è assai nutrita: nove partecipanti alle qualificazioni su trentanove, addirittura più delle tenniste locali e solamente avvicinate in quantità dalle tenniste spagnole e francesi! Con le cinque nostre portacolori direttamente al main draw, siamo addirittura 14! Il mio gruppo è composto da Martina Caciotti (classe ‘89) e Indra Bigi (‘91) già ammesse al tabellone principale, mentre Maria Masini (classe ‘94) e Chiara Trovi (’94, allieva anche di Ettore Rossetti) dovranno partire dalle qualificazioni. Indra e Maria, col sottoscritto, hanno già vissuto con me le edizioni precedenti e sono ormai habituées del luogo; Martina si infortunò l’anno precedente poco prima di scendere in campo, ma ha al suo attivo decine di tornei in paesi assai più remoti; un’esperienza in Marocco è per lei una delle tante e non si lascerà certamente impressionare. Per Chiara, invece, il tutto costituisce una novità: ha soltanto giocato un paio di 10mila nella stagione precedente, entrambi in Europa». A raccontare un’avventura lunga due settimane (una delle tante che le tenniste affrontano nella loro stagione sportiva) è il loro coach, Stefano Caroni, collaboratore alla “Firenze Tennis Academy” diretta da Massimo Ardinghi.

CASABLANCA. «A Fiumicino troviamo un terzetto che ci farà compagnia in entrambe le settimane: coach Andrea Roscioli (ragazzo veramente in gamba. Merito della sua calma, se il primo match con i tassisti non sia degenerato, c’erano tutti i presupposti ma è stato lui a cedere ed a pagare loro quanto chiedevano trascinando anche me nell’altra vettura. Per inciso, la Caciotti, arrivata due giorni dopo da sola, ha percorso lo stesso tragitto pagando 5 euro in meno! Avevo ragione io…) più due ragazze romane, mentre noi siamo quattro: Martina ci raggiungerà due giorni dopo. Arrivati giovedì pomeriggio al Mohammed V di Casablanca ecco la prima seria difficoltà per i sette: cercare di vincere un match improbo contro i ferocissimi tassisti locali! Temprato da due estati di lotte, tento la contrattazione del prezzo (cosa che qui è una pratica da cui non si può sfuggire), e soccombo alle loro condizioni nonostante una fiera resistenza! I bianchi grand taxi, gli unici disponibili a trasportarci dall’aeroporto alla città, sono senza tassametro ed è impossibile spuntarla! Un equivalente di circa 30 euro a vettura ed in una mezz’oretta arriviamo a destinazione. Fortunatamente, durante il torneo ci sarà la transportation e non avremo a che fare con questi simpatici soggetti, anche se i petit taxi rossi cittadini hanno prezzi assai ridotti e soprattutto sono dotati di tassametro, quindi le risse sono limitate alle situazioni in cui il turista inesperto si fa fregare non chiedendo loro di far partire il famigerato “compteur”. Lievissimo problema già riscontrato negli anni precedenti: qualche camera del comunque discreto Hotel Suisse (un 4 stelle piuttosto caro, senza convenzione, una singola costa più di 100euro) si affaccia su uno degli incroci più trafficati della Corniche (il lungomare di Casablanca, la zona più turistica), e per i privilegiati occupanti si annunciano notti assai movimentate: dalle ore 22 circa fino alle 6 del mattino è una colonna sonora di clacson ininterrotti, inframmezzati dal rombo delle terribili “Motobecane” (le Vespa locali) che a Casa sono un’istituzione e fanno più casino delle Harley! In pratica, è come se per sette notti di fila ci si ritrovasse a Fuorigrotta nel giorno dello scudetto azzurro! Venerdì è giornata di allenamento e di sign-in per le qualificazioni; il Club Acsa di Casablanca ha ospitato anche le precedenti edizioni; conosciamo bene il referee egiziano e gli organizzatori che ci accolgono con grande simpatia. Prendiamo nota delle condizioni non facili, perchè la terra rossa marocchina è un po’ diversa rispetto alla nostra: è infatti più secca, e l’equilibrio è assai precario. Il rumore delle scivolate è simile al suono della curva in derapata sulle piste da sci, e come vedremo l’infortunio a caviglie o ginocchia è sempre in agguato. Le palline che si usano, in compenso, sono pesantissime. Le condizioni pertanto favoriranno chi esprimerà un gioco piatto basato sulla potenza, le rotazioni richiedono un impegno energetico notevole e il gioco in top spin non dovrebbe risultare troppo redditizio (a meno che tu non sia spagnola, ovvio). La pattuglia delle nove italiane si assottiglia notevolmente e, tra le otto qualificate, c’è spazio soltanto per Maria, che batte in due set una testa di serie messicana classificata 1200 Wta (Ivette Lopez, numero 3 del seeding cadetto, ndr). La nostra, che ha già due risultati validi nei dodici mesi precedenti, è alla ricerca del terzo per riuscire a entrare in classifica. Infatti, a differenza della classifica Atp, dove è sufficiente un ottavo di finale in un Future per ottenere l’ingresso nel ranking, le donne devono mettere insieme tre vittorie in tre differenti tornei nei vari tabelloni principali. Avrà un sorteggio sfortunato e si imbatterà al primo turno nella connazionale Confalonieri: ingresso nel ranking rinviato a data da destinarsi dopo la sconfitta in due set. Chiara ha vinto un buon primo turno nel derby con una delle amiche romane (Giulia Crescenzi, ndr) ed al secondo è stata regolata da una forte tunisina piccola di statura, ma dotata di un gioco spumeggiante (Nour Abbes, ndr). Il tabellone principale ci regala una gioia, con la vittoria di Indra contro una lucky loser marocchina (Kamilia Daya, ndr). Indra, in fase di lancio dopo la maturità, è da tempo assente dalle gare e dovrebbe utilizzare i due tornei per mettere insieme ore di allenamento e, se possibile, di match. Il fatto curioso è che la prima lucky loser sarebbe dovuta essere una ragazza italiana (Costanza Mecchi, testa di serie numero 1 delle qualificazioni, ndr), che però, pensando che le giocatrici del tabellone sarebbero state tutte presenti, era partita troppo frettolosamente il mattino stesso dell’inizio degli incontri. Morale, un guaio fisico dell’ultimo minuto occorso all’ennesima italiana presente (l’altoatesina Mayr) spedisce in campo la marocchina, e Indra se ne giova prevalendo in tre set e guadagnandosi un ottavo contro la testa di serie numero 1 (Fatima El Allami, ndr) da cui verrà nettamente sconfitta due giorni dopo. Martina, invece, pesca male: la spagnola che la fronteggia (Aida Martinez Sanjuan, ndr) è un brutto cliente e, nonostante una rimonta notevole dal 6-1 4-2 sotto, la nostra si deve arrendere 6-4 al terzo dopo aver comunque dato tutto fino all’ultima goccia di sudore. Il clima, nonostante si possa pensare il contrario, è gradevole. Si arriva a malapena a 30 gradi e la poca umidità aiuta a sopportarli piuttosto bene. Certo che l’incontro è iniziato a mezzogiorno ed è durato circa tre ore, normale che si potesse pagare lo sforzo! Finito l’impegno anche nei doppi, rimane da allenarsi sodo in preparazione al secondo torneo. Purtroppo il mio gruppo, ma non solo, deve fare il conto con una serie di malanni che suggeriscono di non esagerare con i carichi, quindi le doppie sedute vengono ridotte e la parte atletica forzatamente viene limitata a lavoro con gli elastici, corsa leggera e tanto stretching. Consolazione per tutti, il players party del mercoledì sera. Quest’anno, come sempre, occorre fronteggiare nel karaoke l’agguerrito clan spagnolo (le marocchine si cimentano soltanto in una simpatica danza, mentre le francesi subito dopo cena alzano il nasino dimostrandosi superiori a tali divertimenti infantili). Stendiamo un velo pietoso sulla nostra esibizione, conta lo spirito e lì non siamo secondi a nessuno!!! Il pomeriggio prima del trasferimento è dedicato allo shopping nella mitica Medina di Casablanca: gli italiani rimasti fanno il gruppone, e fra coach e familiari si arriva a tredici. Coordinare l’arrivo di quattro taxi ad un punto comune dell’immensa Medina è praticamente impossibile, ci vuole un’ora prima che il contingente possa ritrovarsi e partire all’assalto delle bancarelle. Per quanto riguarda l’accoglienza da parte dei locali, c’è da dire che l’italiano viene sempre trattato con molta simpatia in qualunque nazione (mentre forse l’Italia è il peggior paese per l’accoglienza verso gli altri italiani). Dopo due ore assai formative per chi si volesse cimentare nella lotta al miglior prezzo pattuito, ci trasferiamo al ristorante “Luigi” (inutile precisare che non abbiamo mangiato cous-cous, ). In questa ed in altre attività similari, di nostri connazionali non c’era traccia, Luigi in realtà poteva chiamarsi Mohammed o Aziz, forse Abdul. Sono ristoranti gestiti interamente da marocchini, però la qualità è solitamente discreta: porzioni abbondantissime e spesa contenuta a meno che non cerchi ristoranti d’élite (se vuoi spendere 20 euro per una cena ti devi ammazzare!). Dopo aver fatto fuori una sana quantità di pasta e pizza di discreto livello (se penso a cosa mi toccava mangiare venti anni fa, quando giocavo gli stessi tornei negli stessi posti mi vengono i brividi…) torniamo all’hotel e ci prepariamo per il trasferimento a El Jadida, località a noi sconosciuta sempre sull’Atlantico a più di un’ora da Casablanca».

EL JADIDA. «Sosteniamo la solita guerriglia con un paio di chaffeurs e ci facciamo trasportare alla stazione in qualche modo masticando almeno un borsone a testa (gli spazi nei petit taxi sono un po’ limitati, e inspiegabilmente i bagagliai sono totalmente stipati dagli oggetti più astrusi). I treni marocchini fortunatamente sono di buona qualità, e in poco più di un’ora arriviamo nella desolazione della Gare di El Jadida (lì la qualità latita). Il panorama che si presenta d’innanzi a noi è allucinante (stavolta siamo nove, perché al mio gruppo si è aggregata anche una quinta giocatrice, e Roscioli con le sue due ragazze ci fa sempre compagnia). La porta di uscita dalla stazione si apre sul nulla: nessun taxi a fronte di duecento poveracci tra cui noi, scaricati in mezzo ad una specie di steppa polverosa attraversata da un lungo rettilineo che porta all’abitato (distante comunque a occhio un paio di chilometri). In realtà qualche timida vettura arriva sullo spiazzo d’innanzi a noi, ma viene assaltata da un nugolo di potenziali passeggeri. Noi, con un monte di bagagli, ci guardiamo sconsolati e ci avviamo a piedi verso l’abitato. Per fortuna, dopo 200 metri di sacramenti, veniamo affiancati da un tizio in uniforme della compagnia di volo nazionale marocchina che, dopo le nostre spiegazioni sull’irraggiungibile obiettivo, si mette in mezzo alla strada e placca letteralmente tre taxi in rapida successione (con i nostri gesti non si fermavano, chissà perché…). Riusciamo in qualche modo ad incastrarci dentro le scatolette a motore e partiamo direzione hotel. Nell’attesa di raggiungere la zona, il panorama è agghiacciante: cani randagi, asini e cavalli selvatici scheletrici, che mangiano dentro i bidoni di spazzatura, sacchetti di plastica che ricoprono il tutto, un mare di baracche e nessun essere respirante a parte i già descritti in vista! Se avessimo fatto tutta la strada a piedi, ho il sospetto che qualcuno sarebbe spuntato a darci una “generosa” mano… Arrivati all’hotel (ci troviamo in una località turistica soprattutto per i marocchini. C’era qualche straniero, ma di passaggio verso altre località. L’albergo era più a buon prezzo, ma la qualità inferiore. Comunque tutto sommato puliti, rapportati a ciò che si trovava per la strada, visto che in qualche via che attraversavamo per andare a cena, c’era sempre un odore di qualsiasi fluido umano misto scappamento fetido), fortunatamente l’ambiente assume una connotazione molto migliore: siamo sul lungomare e scopriamo anche un paio di pizzerie lì vicino. Per fortuna che la cara vecchia Italia è sempre presente, l’alimentazione è fondamentale e per il momento nessuno di noi ha avuto problemi intestinali (gli anni precedenti erano stati pesanti…). Anche qui, come a Casablanca, arrivano i versi dei muezzin a qualsiasi ora (ma stavolta, la preghiera a squarciagola delle 5 del mattino è come averla in stanza!). Comunque, l’interesse degli autoctoni di ogni età verso le ragazze era ossessivo: occhi puntati con lampi assassini soprattutto a El Jadida (immagino che fossero poco abituati a vedere turiste europee). Ho dato alla Masini il soprannome “Forrest”, perché essendo bionda e alta finivamo le passeggiate del dopocena con il codazzo di persone a ruota (come nella scena del film Forrest Gamp, in cui Tom Hanks attraversa gli Stati Uniti seguito da un codazzo sempre più corposo). Nessuno le ha mai importunate, si accontentavano di camminarci appresso o dietro (hai presente la sensazione di essere seguito? Ecco, non era una sensazione: ti si appiccicavano alle spalle e non te li schiodavi più!). Il Club di El Jadida è in una zona piuttosto elegante (soprattutto rapportata a quella descritta in precedenza) ed il personale è come sempre davvero gentile e ben organizzato. I campi e le palline ricalcano quelli della settimana precedente e si può cominciare. Il contingente italiano ha perso qualche pezzo, ma conta comunque otto giocatrici. Il mio gruppo ne ha tre in qualificazioni (Masini, Mastellone e Trovi, ndr) e le stesse due nel main draw (Bigi e Caciotti, numero 7 del seeding, ndr). Le tre ragazze passano e mi ritrovo con un bel 5 su 5 in tabellone principale!!! Almeno due match vinti di ottimo livello e grandi complimenti a Chiara per la prima volta alle prese con un main draw di un 10mila. Troverà una qualificata francese (Sybille Gauvain, ndr) ed il potenziale sorteggio fortunato verrà smentito dal cammino dell’avversaria, che verrà sconfitta soltanto in finale. Chiara mette insieme tre game ed almeno per un set fa sentire un po’ di pressione alla transalpina. Poi l’altra dilaga e non c’è più nulla da fare. Martina vince una battaglia contro un’altra spagnola (Claudia Sanchez Gonzalez, ndr): dopo un’altra partenza lenta il livello sale e per la nostra è un successo corroborante. Da segnalare la curiosità di un improvviso razionamento dell’acqua nel club che ha impedito la bagnatura del campo prima dell’inizio del match e la giornata era molto calda e secca. Risultato, far west immediato con polveroni che sarebbero piaciuti a Sergio Leone. Il coach spagnolo ed io non volevamo che la partita cominciasse, ma le giocatrici hanno stabilito che se la sentivano. Alla fine del primo e del secondo set, piccolissima irrigazione con acqua pescata da non si sa dove, e solamente nella zona di fondo, quindi terreno a chiazze e più superfici nello stesso campo: questo è tennis da pionieri!!! Maria, dopo il sorteggio iellato dell’altra volta, è aiutata dalla dea bendata e trova una wild card marocchina dal gioco monotono e molto lento (Lina Amouzoune, ndr). Riesce a venire a capo di un primo set giocato ad alti e bassi, poi si impone in due set in scioltezza ed… entra in classifica, avendo ottenuto il terzo risultato utile! Ha avuto fortuna nel sorteggio, ma se l’è meritata, avendo regolato nel primo turno di quali una tennista russa di buon livello (Alina Mikheeva, ndr). Giulia Mastellone, in questo torneo aggregatasi al gruppo delle mie ragazze , dopo una facile qualificazione ha avuto in sorte la più forte delle wild card marocchine (Intissar Rassif, ndr) ed è uscita subito sconfitta in due set. Poi purtroppo la brutta notizia: Indra, capitata contro una testa di serie tedesca giocabilissima (Jessica Sabeshinskaja, numero 4 del seeding, ndr), parte bene aiutata anche dall’inconsistenza della stessa. Ma nel terzo game, durante uno scambio centrale profondo, il piede le resta imprigionato in una buca a tre metri dalla riga di fondo. Nessuno di noi se ne accorge, perché non cade e prosegue bloccandosi improvvisamente dopo altri due o tre spostamenti e trascinandosi verso la sedia piangendo. Si dovrà ritirare e verrà trasportata in clinica, con una caviglia grossa come un melone, per gli accertamenti del caso, che per fortuna scongiureranno fratture, ma solo un guaio a un legamento già precedentemente lesionato. Nello stesso maledetto “campo 3”, sia Maria (in volo planare dopo un passante di rovescio e miracolosamente indenne a parte lividi ed escoriazioni varie) che Martina, molto pronta a rimanere in piedi togliendo il peso dalla caviglia incastrata nel terreno hanno rischiato l’incolumità… Da segnalare lo splendido comportamento di molte partecipanti al torneo, coach compresi, che si sono prodigati ad aiutare Indra a portare la borsa, addirittura a massaggiarla col ghiaccio ed a consolarla... e grazie al mitico socio che è apparso in un minuto netto con una stampella presa da chissà dove!!! Una sola non l’ha degnata di uno sguardo, coach compreso: l’avversaria tedesca, che verrà premiata nel turno successivo da una brutta distorsione al ginocchio e conseguente ritiro durante il suo ottavo di finale… In quel frangente, stranamente, nessuna giocatrice si è avvicinata per aiutarla, noi compresi ovviamente. Gli ottavi di finale hanno segnato il brusco stop di Martina, sconfitta da una polacca in stato di grazia e quel giorno in giocabile (Agata Baranska, ndr). Maria invece è stata fermata dalla giocatrice spagnola (Ivonne Cavalle-Reimers, testa di serie numero 3, ndr) che, dopo aver vinto il primo torneo, ha preso l’abbrivio per andare a conquistare anche il secondo! Peccato non aver capitalizzato un vantaggio di 4-0 nel secondo set, lì sembrava che il match fosse girato. Alla fine, i due tornei non ci hanno regalato acuti particolari; comunque ognuna delle ragazze ha giocato almeno un match di tabellone principale. Questo fa sì che, soprattutto le più giovani, abbiano potuto mettere insieme esperienze di livello. Tutto ciò rende il bilancio positivo almeno per due di loro ed anche per le altre (infortunio a parte) qualche punto a rimpolpare la classifica fa sempre morale! Sarebbe troppo lungo raccontare il viaggio di ritorno, ma sottolineo un piccolo particolare: fra voli ritardati da Casablanca con conseguente cambio di rotta, treni cancellati o pieni dopo il problema alla Stazione Tiburtina, con coincidenze perse, il sottoscritto ha tagliato il traguardo di Genova Brignole dopo 32 ore e 57 minuti dalla partenza dall’Hotel El Morabitine di El Jadida. Le ragazze, più fortunate, fermandosi a Firenze hanno remato molto meno… La stagione tennistica va avanti e dopo una rapida capatina a Monteroni per il 25.000 dollari locale, le ragazze (senza l’infortunata Bigi, ma con Nicole Clerico ) sono andate in Bosnia per giocare due tornei assieme al coach Massimo Ardinghi, spinte come sempre dalla loro professionalità e dallo spirito di sacrificio che le anima ovunque.

Antonio Burruni

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