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30/09/2011 13:00 CEST - DOPPIO...GIOCO

Semplicemente "Woodies"

TENNIS – Mark Woodforde e Todd Woodbridge hanno rappresentato un momento cruciale nella storia del doppio : eredi della gloriosa e talentuosa scuola australiana, dovremo forse rimpiangerli come l’ultima grande coppia capace di produrre un tennis di tocco, sensibilità, geometria e squisita raffinatezza? Daniele Camoni

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Da grande amante del doppio ho sempre provato un’irresistibile attrazione tennistica nei confronti di Mark Woodforde e Todd Woodbridge, passati alla storia come “The Woodies” a causa della quasi omonimia dei loro cognomi : forse era destino che questi due ragazzi australiani, abituati ad alzarsi nel cuore della notte per seguire i Championships, dovessero incontrarsi su un campo da tennis, dando vita ad una fantastica collaborazione, forse i numi tutelari del nostro amato sport avevano già previsto tutto, donandoci questo nettare divino, quest’ambrosia che ancora oggi bagna le nostre labbra, quest’ultimo baluardo di un tennis insensibile al passo del tempo, preziosamente classico e terribilmente affascinante…

Nato nel 1965 ad Adelaide, Mark Woodforde non solo brillò di luce propria in doppio, specialità che lo ha consegnato alla storia, ma ebbe una carriera da singolarista di assoluto rispetto : oltre a quattro titoli (due dei quali vinti ad Adelaide, sua città natale), a livello di Grande Slam possiamo ricordare gli ottavi di finale raggiunti a Parigi nel ’97, a Wimbledon (’88, ’90 e ’97), agli US Open (’87 e ’88) e, soprattutto, la semifinale australiana del 1996, ottenuta dopo aver eliminato Mark Philippoussis (giustiziere di Pete Sampras al terzo turno) e Thomas Enqvist (allora #7 delle classifiche mondiali) : Woodforde raggiunse inoltre tale traguardo alla sua 38esima partecipazione in un torneo del Grande Slam, un vero e proprio record !

Sotto il profilo più prettamente tecnico, il gioco di Woodforde risulta caratterizzato da un’eccellente combinazione di colpi da fondocampo, discese a rete e serve&volley : nel suo repertorio si contano un servizio che assomiglia, in parte, a quello di Todd Martin, un diritto alquanto fluido ed un rovescio foriero di diverse soluzioni (in back, con una presa abbastanza estrema, o piatto e forte, potremmo dire quasi di “scuola Connors”). A livello di classifiche, il rosso Mark vanta come best ranking la diciannovesima posizione mondiale, raggiunta nell’aprile del ’96 ; per un curioso capriccio del destino, anche Todd Woodbridge raggiungerà, nel 1997, il suo best ranking allo scalino #19 delle classifiche…

Il nome di Mark Woodforde, oltre ad essere di obbligata conoscenza per tutti coloro che amano il doppio (dovrei forse dire “per tutti coloro che amano il tennis”, e mi piacerebbe molto, anche se, purtroppo, mi sono accorto che da diverso tempo a questa parte il tennis, per molti, è solo quello giocato da due soli giocatori, uno contro l’altro…), appare indissolubilmente legato (come molti già sapranno) a quello di un altro aussie, ovvero Todd Andrew Woodbridge.

Nato nel 1971 a Sydney, la carriera da singolarista di Todd Woodbridge ricorda molto da vicino quella del compagno ed amico Woodforde : tra i risultati di rilievo possiamo ricordare i terzi turni raggiunti a Parigi (’92, ’96 e ’98) e New York (’91, ’94 e ’95), gli ottavi australiani del ’91 e ’98 e, soprattutto, le semifinali di Wimbledon ’97, centrate dopo un’esaltante vittoria negli ottavi ai danni di Pat Rafter (non proprio l’ultimo sprovveduto su erba e superfici rapide ; di lì a poco avrebbe poi trionfato allo US Open…) : sconfitto in semifinale da Sampras, Woodbridge può comunque dichiarare di essere uno dei pochi giocatori ad aver battuto il tennista americano sui prati di Church Road (primo turno nel 1989).

Sotto il profilo tecnico il gioco di Woodbridge rappresenta l’emblema del doppista per eccellenza : movimenti brevi e rapidi, colpi secchi e decisi, un servizio piatto e penetrante ed un gioco di rete assolutamente fantastico, il tutto condito da un’agilità diabolica nei pressi del nastro ed una lucidità e visione tattica fuori dal comune, tutte caratteristiche ereditate dai gloriosi ed indimenticati predecessori australiani. Il “colpo jolly” di Woodbridge era però la risposta al servizio (soprattutto di rovescio ; Rosewall e Laver insegnano...), una vera e propria fiondata secca, piatta e bassa sopra la rete : insomma, un vero incubo per tutti gli avversari !!

Detto questo, vedere giocare i Woodies è sempre stato sinonimo di divertimento, spettacolo e, soprattutto, di grandi vittorie ed un dominio che si è spesso concretizzato sui grandi palcoscenici : “They used the entire court, the lobbed beautifully, they angled well, they moved as a team, they had a lefty-righty combination which Martina and I enjoyed” (“Usavano tutto il campo, giocavano lob fantastici, angolavano bene, si muovevano come una squadra, ed avevano una combinazione destro/mancino con la quale anch’io e Martina ci divertivamo”) disse di loro Pam Shriver, compagna abituale della Navratilova e grandissima doppista.

O ancora : “They were terrific, they just kept winning, and they knew what doubles was all about” (“Erano terribili, continuavano a vincere continuamente, e conoscevano tutte le chiavi ed i segreti del doppio”) ribadì Bud Collins, condensando in poche efficaci e dirette parole l’immediatezza di schemi, la lucidità tecnico-tattica e la mentalità vincente dei due australiani, capaci di combinare gioco da fondocampo e gioco di volo e, soprattutto, capaci di giocare qualsiasi colpo in qualsiasi momento, ed in qualsiasi porzione del campo. È stata proprio questa la geniale grandezza dei Woodies, ovvero quella di giocare un tennis globale a 360°, il tutto miscelando soluzioni e varianti tattiche capaci di essere adattate fluidamente al singolo o al doppio, a seconda delle necessità.

In circa un decennio di collaborazione (la prima vittoria della coppia australiana risale al torneo di Bruxelles del 1991, l’ultima al Masters di Cincinnati del 2000), i due aussie hanno collezionato ben 61 titoli, tra i quali spiccano 11 Slam (2 AO, 1 Roland Garros, 6 Wimbledon, di cui 5 consecutivi tra il 1993 ed il 1997, e 2 US Open), 2 Masters Cup (’92 e ’96), 14 Masters Series, una medaglia d’oro olimpica (Atlanta ’96), una Coppa Davis (nel ’99 contro la Francia) nonché il raggiungimento della prima posizione mondiale : Mark Woodforde manterrà lo scettro per 83 settimane, Todd Woodbridge per ben 204 settimane. Inoltre, sono stati nominati “ATP Top Doubles Team” per ben cinque anni (1992, 1995-1997, 2000).

Il regno dei Woodies si concluderà nel 2000, quando Mark Woodforde appenderà definitivamente la racchetta al chiodo dopo la sconfitta in finale di Davis contro la Spagna, non senza prima essersi tolto la soddisfazione di realizzare un Career Grand Slam con la conquista del Roland Garros (ovviamente in coppia con l’amico Todd) ; Woodforde chiuderà la carriera con 67 titoli (e 12 Slam, tra i quali spicca lo US Open del 1989, conquistato in coppia con John McEnroe), Woodbridge continuerà fino al 2005, concludendo la sua avventura tennistica con 83 titoli e 16 Slam, di cui gli ultimi cinque conquistati in coppia con un altro grande protagonista della specialità, Jonas Björkman (AO nel 2001, Wimbledon nel 2002, 2003 e 2004).

Entrambi i Woodies vantano poi anche un Career Grand Slam a livello di doppio misto (prossimamente, nella nostra rubrica dedicheremo un capitolo specifico a Margaret Court e Ken Fletcher, forse la migliore coppia che sia mai esistita nella specialità, con il permesso di Billie Jean King e Owen Davidson) : Woodforde conquistò in tale specialità cinque Slam (2 AO, 1 Roland Garros, 1 Us Open ed 1 Wimbledon, quest’ultimo in coppia con Martina Navratilova), Woodbridge ne vinse sei (1 AO, 1 Roland Garros, 1 Wimbledon e 3 Us Open).

Il tennis dei Woodies è da considerare come un tassello tremendamente fondamentale nel prezioso mosaico della storia di questo fantastico sport, una pietra miliare destinata a durare per sempre, come testimonia l’introduzione nella Hall of Fame di Newport (nel 2010, assieme a Gigi Fernandez, Natasha Zvereva e Owen Davidson, ndr) e nell’Australian Tennis Hall of Fame ; non tutti, d’altronde, possono permettersi di avere una propria statua a Flinders Park affianco a quella di “The Rocket” Rod Laver. Un recondito motivo dovrà pur esserci…

Daniele Camoni

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