29/09/2012 10:09 CEST - DOPPIO...GIOCO

Sukova - Kohde: “The twin towers”

TENNIS – Inizia un ciclo di ritratti sui candidati alla Hall of Fame. Partiamo con Helena SukovaVi riproponiamo la sua storia e i suoi successi in doppio con Claudia Kohde-Kilsch. Tra gli altri candidati Stich, Hingis e Tiriac. Daniele Camoni

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Helena Sukova (Getty Images Europe Stu Forster)
Helena Sukova (Getty Images Europe Stu Forster)

Durante gli anni Ottanta, il peggior incubo per un doppio femminile era quello di dover disputare una partita contro Martina Navratilova e Pamela Shriver (alle quali poco tempo fa abbiamo dedicato un articolo alquanto esauriente), praticamente imbattibili e detentrici di record assolutamente formidabili, che probabilmente non verranno mai superati : ebbene, Helena Sukova e Claudia Kohde-Kilsch hanno vissuto questa tremenda esperienza tennistica diverse volte, rimanendo vittime di due gigantesse che spesso e volentieri hanno crudelmente negato loro la cima del successo…

Nata a Praga nel 1965 da una famiglia con il tennis nel sangue (la madre Vera è stata finalista a Wimbledon nel 1962, semifinalista a Parigi nel ’57 e nel ’63 e #5 delle classifiche, il padre Cyril fu presidente della Federazione cecoslovacca di Tennis ed il fratello Cyril è stato tennista professionista, e discreto doppista), Helena Sukova raggiunse la sua prima finale di rilievo agli Australian Open del 1984, scioccando il mondo tennistico : dopo aver sconfitto Pam Shriver (#3) nei quarti, in semifinale sorprese, tra lo stupore generale, Martina Navratilova, reduce da una serie positiva di 74 (!!) incontri e pronta a realizzare un Calendar Year Grand Slam (quell’anno l’Australian Open venne giocato a cavallo tra novembre e dicembre), avendo trionfato consecutivamente a Parigi, Wimbledon e New York (sempre su Chris Evert). Il sogno della ceca, autrice di una cavalcata trionfale, di conquistare un Grande Slam si arenò tuttavia in finale, sconfitta in tre set da Chris Evert (6-7/6-1/6-3), non senza aver tuttavia mostrato un tennis spumeggiante e di buonissima qualità. L’anno successivo Helena avrebbe poi raggiunto il suo best ranking, issandosi fino alla quarta posizione mondiale.

A livello di Grande Slam, la Sukova vanta un’ulteriore finale in Australia (’89, sconfitta dalla Graf), due allo US Open (’86 e ’93, sconfitta rispettivamente da Navratilova e Graf), una semifinale al Roland Garros (’86) e ben cinque quarti a Wimbledon (1985-1988, 1993). Nel corso della sua carriera da singolarista (614 vittorie), la giocatrice ceca collezionò 10 titoli, tra i quali spicca il trofeo di Eastbourne ’87, conquistato dopo aver battuto la Evert in semifinale (8-6 al terzo) e la Navratilova (allora 6 volte vincitrice di tale alloro) in finale : con questa vittoria la Sukova entrò inoltre a far parte del ristretto circolo di giocatrici (tra le quali ricordiamo Tracy Austin e Hana Mandlikova) capaci di battere Chris e Martina all’interno dello stesso torneo, ed interruppe inoltre la striscia di 69 vittorie in erba della Navratilova. Nel 1993 rischiò poi di stabilire un altro clamoroso record, vincendo sia il torneo di doppio (in coppia con Arantxa Sanchez Vicario) che quello di doppio misto (in coppia con Todd Woodbridge) : il sogno di realizzare la celebre “triple crown” si arenò tuttavia nella finale del singolo, sconfitta da Steffi Graf con un doppio 6-3.

Ricordata spesso per la sua altezza, Helena veniva sovente identificata come “the pinnacle of Prague” grazie alla geniale abilità di Bud Collins nel coniare soprannomi semplicemente fantastici (alcuni tra i nicknames più celebri della storia, da "The Ice Maiden" per Chris Evert e "The Bucharest Buffoon" per Nastase a "Fräulein Forehand" per Steffi Graf, li dobbiamo alla penna creativa del giornalista americano) : in una donna, 1,88 metri difficilmente passano inosservati…

Sotto il profilo tecnico-tattico, il gioco della Sukova merita di essere inquadrato tra quello delle grandi interpreti del serve&volley (ah, les beaux jours…), seppur con alcune precisazioni : sebbene non si possa paragonare né allo stile energico ed esplosivo della Navratilova, né a quello raffinato ed elegante della Mandlikova, il tennis della Sukova, personale ed efficace, riassume comunque i principi di proiezione offensiva, pressione tattica e rapidità di colpi che hanno caratterizzato tale tipologia di gioco, da Margaret Smith Court a Billie Jean King, da Martina Navratilova a Hana Mandlikova e Jana Novotna (l’ultima grande interprete della specialità).

Coadiuvata da un servizio alquanto potente ed assai preciso, Helena era solita prendere la rete o subito dopo la prima palla, oppure supportata da un diritto piatto e potente (quasi un colpo di frusta) o da un back lavorato particolarmente col polso, il tutto accompagnato da volée secche e decise. Ciononostante, era comunque in grado di mantenere abbastanza bene anche lo scambio da fondocampo, spesso aiutata da un rovescio in top di pregevole fattura (soprattutto in qualità di passante). Il gioco della Sukova era comunque caratterizzato da una forte componente di rischio : le traiettorie ed i colpi spesso e volentieri erano delle rasoiate o dei piattoni a fil di rete, la costante proiezione a rete non sempre garantiva una perfetta riuscita e, in questi casi, la linea che divide l’efficacia di un colpo dall’errore è sempre oltremodo sottile…

Nonostante sia stata una buonissima singolarista, la Sukova trovò soprattutto terreno fertile nella modalità di doppio (#1 per 68 settimane e 9 Slam), grazie soprattutto alla collaborazione di Jana Novotna e Claudia Kohde-Kilsch : con la giocatrice ceca Helena raccolse 15 titoli, tra i quali spiccano 4 Slam (1 AO, 1 Roland Garros e 2 Wimbledon), sfiorando nel 1990 un clamoroso quanto storico Calendar Year Grand Slam (quell’anno, assieme alla Novotna, vinse Australian Open, Roland Garros e Wimbledon, perdendo tuttavia la finale dello Us Open contro Gigi Fernandez e Martina Navratilova), con la Kohde-Kilsch vinse invece 19 titoli, sebbene, come fra poco illustreremo, le cose avessero preso una piega alquanto particolare…

Nata nel 1963 in Germania, la carriera di Claudia Kohde-Kilsch a grandi livelli è stata migliore di quanto la sfortunata anonimità che purtroppo la circonda lasci pensare : a livello di Grandi Slam la bionda Claudia vanta tre semifinali in Australia (’85, ’87 e ’88, e non dite che non ci andava nessuno, perché non è vero…), una semifinale a Parigi (’85), un quarto a Wimbledon (’87) e altri due quarti a New York (’85 e ’87). In singolare, oltre ad aver raggiunto nel 1985 la quinta posizione mondiale, vanta poi ben 10 titoli (tra i quali risalta il torneo di Austin del 1982, vinto a spese della futura compagna Sukova).

Sotto il profilo più spiccatamente tecnico, il gioco della tedesca presenta una serie di varianti interessanti : un servizio discreto, volto alla ricerca della precisione, un rovescio in back di vecchia scuola ed un diritto con una presa abbastanza estrema per una giocatrice degli anni Ottanta. Spesso cercava anche la via della rete, accompagnando la progressione con un classico back d’attacco o appoggiandosi al diritto. Il principale neo del gioco della Kohde-Kilsch è sempre stato quello di essere abbastanza leggera, motivo per il quale spesso i colpi rimanevano corti o comunque poco incisivi e pesanti.

Oltre ad una discreta carriera da singolarista, Claudia ebbe una buona carriera da doppista (26 titoli totali e un best ranking al #3 delle classifiche), accompagnata sovente da Helena Sukova : tra il 1983 ed il 1987 le due fecero quasi sempre coppia, raccogliendo (come abbiamo già detto) 19 allori. Se andiamo però ad analizzarne il percorso, noteremo una curiosità quantomeno particolare : nelle sei finali Slam che disputarono insieme (2 AO, 2 Roland Garros, 1 Wimbledon ed 1 US Open), le “twin towers” (così ribattezzate dalla critica : la Sukova era alta 1,88 m, la Kohde-Kilsch 1,87 m…) in ben cinque occasioni dovettero affrontare la coppia formata da Martina Navratilova e Pam Shriver, risultando vincitrici solo nella finale dello US Open 1985 (con Martina probabilmente ancora scioccata dalla sconfitta nella finale del singolare contro la Mandlikova).

Aggiungendo poi che in altre due finali Slam (in coppia con Eva Pfaff e Hana Mandlikova) Claudia dovette comunque affrontare Martina e Pam, e che ai Virginia Slims Championships di fine anno (raggiunti quattro volte, tra il 1985 ed il 1987, in coppia con la Sukova) il ritornello fu sempre lo stesso: è chiaro che la sfortuna (per usare un eufemismo) della coppia ceco-tedesca nell’incontrare così spesso queste due eccezionali campionesse del doppio fu assolutamente di dimensioni cosmiche (delle 16 finali disputate tra le due coppie, Claudia e Helena ne vinsero solo una…).

Timide e riservate, Helena e Claudia non hanno mai voluto vivere sotto l’occhio delle telecamere o dei giornalisti, allora come oggi : attualmente Claudia risiede in Germania e si occupa, assieme al marito, di produzione musicale, mentre Helena, dopo aver collaborato con diversi enti statali ed internazionali vincolati al tennis e ad associazioni umanitarie, ha intrapreso con successo una carriera da psicologa dopo aver ottenuto il prestigioso titolo di “Doctor of Philosophy” (corrispondente, formalmente, al dottorato di ricerca italiano) in psicologia presso la prestigiosa Università Palacky di Olomuc (per inciso, la seconda più antica della Repubblica Ceca), in Moravia. Chissà che la saggia Helena (il passo degli anni le ha dato un’aria particolarmente intellettuale) non si sia decisa ad investigare, con occhio attento ed indagatore, il complicato e misterioso intreccio che da tempo coinvolge instancabilmente il nostro amato sport e la psicologia, forse memore delle sue molteplici esperienze sui campi da tennis…

Daniele Camoni

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