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02/12/2011 17:09 CEST - Coppa Davis

La prima Davis non si scorda mai (1)

TENNIS – A Siviglia l'Argentina proverà a conquistare la prima insalatiera della sua storia. Dall'abolizione del challenge round (1972) sono stati ben 9 i paesi ad iscrivere per la prima volta il loro nome nell'albo d'oro aggiungendosi alle 4 nazioni che vi erano riuscite prima (Usa, Australia, Gran Bretagna e Francia). Dal Sudafrica di McMillan alla Svezia di Borg fino al trionfo di Panatta & co. in Cile, riviviamo queste grandi imprese. Sabato la seconda parte. Stefano Tarantino

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Con il coltello tra i denti, pronti a dare il tutto per tutto, Nalbandian, Del Potro, Monaco e Schwank scenderanno da oggi in campo a Siviglia per cercare di portare per la prima volta la Davis in Argentina. Dal 1900 (anno della prima edizione) sino all'abolizione del challenge round (meccanismo attraverso il quale il paese detentore acquisiva di diritto la possibilità di difendere il titolo l'anno seguente ospitando oltretutto in casa la finale) erano state solo 4 le nazioni capaci di vincere l'insalatiera e cioé gli Stati Uniti, l'Australia, la Francia e la Gran Bretagna (escludiamo Australasia e Isole Britanniche per ovvie ragioni).

Da quando invece nel 1972 si è posto fine a questa regola (introducendo oltretutto l'alternanza nel assegnare il fattore campo per ogni sfida) sono stati ben 9 i paesi che hanno iscritto il loro nome nell'albo d'oro della manifestazione a testimonianza di un sistema sicuramente più equilibrato che ha finalmente premiato a seconda del periodo i movimenti tennistici nazionali in voga in quel dato momento.

Con questo articolo il nostro obiettivo è quello di far rivivere ai nostri lettori queste recenti “prime volte”, ripercorrendo il cammino delle nazioni giunte poi al loro primo successo e rievocando nomi e aneddoti che fanno parte della storia del tennis.

Nell'elencare questi successi diamo preferenza all'ordine cronologico nel quale si sono verificati, partendo da quelli più lontani nel tempo.

1974, L'INDIA RINUNCIA VINCE IL SUDAFRICA

L'edizione della Davis del 1974 si caratterizza per il fatto che in finale vi arrivano due paesi sino a quel momento ancora all'asciutto di successi e cioé Sudafrica e India.

I sudafricani si sono liberati strada facendo agevolmente dell'Ecuador, poi dell'Argentina che in polemica con la politica dell'apartheid applicata nel paese africano non scende proprio in campo, quindi del Cile e della Colombia battuti entrambi per 3-2 dopo aver però chiuso la contesa già al termine della seconda giornata con il doppio.

La formazione sudafricana si avvale di discreti giocatori nei singolari quali Ray Moore, Bob Hewitt e Cliff Drysdale (che detiene il record migliore in singolare nella storia del suo paese) e di una coppia di doppio da brividi, Hewitt e McMillan.

In semifinale i “bafana-bafana” ospitano in casa e sul veloce (sfruttando oltretutto l'altura di Johannesburg) la giovane Italia di Panatta e Barazzutti (che però non scenderà in campo nella tre giorni rimpiazzato da Tonino Zugarelli, preferito da capitan Gardini per l'occasione). All'apice della maturità agonistica i sudafricani, ancora acerbi i nostri paladini, si capisce da subito che per gli azzurri l'impresa sarà improba.

Zugarelli cede al quinto set a Ray Moore, Panatta perde in quattro con Hewitt. Il doppio rodato dei padroni di casa chiude la disfida in tre set al sabato, il Sudafrica raggiunge la prima finale della sua storia.

Dall'altra parte arriva all'atto conclusivo l'India degli altrettanto mitici fratelli Amitraji, Anand e Vijai, temibilissimi sull'erba. Ed infatti grazie all'amata superficie gli asiatici superano agevolmente il Giappone (4-1) e poi vincono una sfida incredibile a Calcutta con gli australiani che schierano al fianco di John Alexander due giocatori non proprio di prima fascia, Bob Giltinan e Colin Dibley.

Il match entrerà nella storia della Davis perché ancora oggi è quello con il maggior numero di game giocati (327). Ai fratelli Amitraji si affianca Jasjit Singh che batte Giltinan nel primo singolare, Alexander in quattro combattutissimi set pareggia battendo Vijai Amitraji. Decisivo diventa allora il doppio, se lo aggiudicano i fratelli Amitraji che con un punteggio incredibile hanno la meglio su Alexander e Dibley (17-15 6-8 6-3 16-18 6-4). Alexander l'indomani pareggia di nuovo battendo Singh, ma Vijai Amitraji non sbaglia e nell'ultimo singolare conquista il punto decisivo battendo Giltinan.

Il più è fatto, gli indiani in semifinale ospitano la Russia di Metreveli (finalista nel '73 a Wimbledon nell'anno del boicottaggio) che sarà battuta 3-1. Ancora decisivi i fratelli Amitraji che giocano sia i singolari che il doppio (battuti Metreveli e Korotkov dopo altra battaglia estenuante, 13-15 7-5 19-17 6-3).

Purtroppo la finale non verrà disputata (unico precedente nella storia della Davis), anche gli indiani (come gli argentini) per protestare contro l'apartheid decidono di non scendere in campo e lasciano via libera ai sudafricani privando gli appassionati di tennis di uno spettacolo di primo livello perché gli asiatici si sarebbero difesi alla grandissima ed avrebbero reso difficile la vita a Hewitt & co.

1975, BORG ONE-MAN SHOW E TRIONFA LA SVEZIA

La Svezia in Davis ha dominato il proscenio europeo tra gli anni '50 e '60 contrastando il dominio continentale ai nostri Pietrangeli e Sirola, ma in Davis non è mai riuscita ad arrivare in finale. Nel 1972 fa il suo esordio nel team nordico un giocatore non ancora sedicenne e già idolo delle ragazzine, cotal Bjorn Borg, che di lì a poco dominerà il tennis mondiale.

Il fenomeno svedese detiene un record mostruoso nei match di Davis, 37 vittorie ed appena tre sconfitte, queste ultime registrate nei due singolari contro la allora Cecoslovacchia nel '72 (contro Kodes e Pala) e nella sfida contro la Spagna dell'anno dopo (per mano di Manuel Orantes), dopo di che infila 33 vittorie consecutive, insomma una macchina da guerra.

Nel 1975 la Svezia affronta un cammino a dir poco tortuoso e per questo ancor più meritevole di essere ricordato.

Si parte con 4 trasferte consecutive, vittorie con la Polonia di Fibak (4-1), in Germania (3-2), con la Russia del solito Metreveli (3-2) e sulla terra rossa infuocata di Barcellona contro la Spagna di Higueras ed Orantes (ancora 3-2). In queste imprese al fianco di Borg una mano gliela dà Birger Andersson che in un paio di occasioni vince il singolare decisivo, mentre in doppio al fianco di Bjorn viene schierato (con risultati alterni) da Lennart Bergelin (capitano non giocatore e anche allenatore dell'orso svedese in quegli anni) Ove Bengtson. Il quarto uomo degli scandinavi è Rolf Norberg, non un granché.

In semifinale gli svedesi finalmente giocano in casa (a Bastad) ed ospitano i cileni che schierano Cornejo e Fillol che l'anno dopo arriveranno in finale. La squadra di casa non fallisce l'occasione, Fillol nella prima giornata batte Andersson e dà l'1-1 ai sudamericani, ma il doppio svedese conquista il 2-1 e dà l'abbrivio al 4-1 finale.

Si arriva così alla finale. Anche in questa occasione dall'altra parte arriva una nazione che in Davis non ha mai trionfato e cioé la Cecoslovacchia di Jan Kodes e Jiri Hrebec.

I cechi hanno sempre giocato in casa e hanno disposto agevolmente dell'Ungheria nel primo turno (4-1), con qualche patema nel secondo della sempre ostica Francia di Jauffret e Dominguez (3-2, ma i transalpini rimontano dallo 0-2) ed infine hanno realizzato l'impresa in semifinale battendo (seppur sulla terra) gli australiani che schierano Alexander, Tony Roche e Phil Dent.  La sfida con gli “aussie” finisce 3-1, bravissimo Hrebec nella prima giornata che rimonta da due sotto Tony Roche e dà ai suoi connazionali un rassicurante 2-0.

La Svezia ha diritto ad ospitare la finale e sceglie come sede Stoccolma e come superficie il veloce.

Stavolta come secondo singolarista non c'è Andersson ma Bengtson, ma la sostanza non cambia se hai un Bjorn Borg in squadra.

Infatti lo svedese lascia quattro game a Hrebec nel primo singolare, Kodes batte Bengtson, ma il doppio di casa composto dai due singolaristi vince agevolmente il doppio e Bjorn chiude asfaltando Kodes (6-4 6-2 6-2), è la prima Davis della Svezia che negli anni '80 tornerà con un movimento di giocatori ancora più corale (Wilander, Edberg, Jarryd, Nystroem e via dicendo) ad iscrivere il proprio nome nell'albo d'oro.

1976, FINALMENTE ITALIA

L'abolizione del challenge round dà i suoi frutti, per il terzo anno consecutivo la finale è tra due nazioni che devono ancora vincere l'insalatiera.

Il 1976 è l'anno nel quale esplode il talento di Adriano Panatta che vince Roma, Parigi e porta la nostra nazionale alla finale di Davis. Al suo traino si mettono in luce “soldatino” (come lo chiama Clerici) Barazzutti che non molla una palla, Paolone Bertolucci fido compagno di Adriano in doppio e Tonino Zugarelli, arma in più dei nostri quando si tratta di abbandonare l'amata terra rossa.

Sulla panchina azzurra è arrivato l'uomo dei record della Davis, Nicola Pietrangeli, subentrato a Fausto Gardini dopo il clamoroso rovescio dell'anno prima in Francia (gli azzurri conducevano 2-1 dopo il doppio, ma Panatta perse una delle sue solite partite sciagurate contro Patrick Dominguez spianando la strada alla rimonta francese).

Nicola ha probabilmente il carisma e l'autorità per mettere a posto gli equilibri nel team e così l'Italia avanza spedita verso la conquista della prima Davis.

Sommerse nell'ordine la Polonia (5-0), la Jugoslavia (altro cappotto) e la Svezia detentrice del trofeo ma orfana di Borg in contrasto con la federazione. Tutte queste sfide sono giocate in casa, la prima trasferta che ci capita è alquanto impegnativa, non tanto per l'avversaria, la Gran Bretagna, quanto per la superficie visto che i britannici optano per l'erba del campo nr. 1 di Wimbledon, superficie sempre mal digerita dai nostri.

Barazzutti proprio non se la sente e Pietrangeli lascia campo libero a Zugarelli, la mossa risulterà indovinata. La Gran Bretagna schiera i fratelli Lloyd (John e David) e Roger Taylor, buon singolarista e naturalmente a suo agio sull'erba.

Il match inizia alla grande , Zugarelli ci dà l'1-0 battendo in quattro set proprio Taylor, Adriano fatica ma alla fine la spunta su John Lloyd al quinto. Panatta e Bertolucci nel doppio hanno tre match point nel quarto set per guadagnarsi da subito la semifinale, ma i fratelli Lloyd li annullano e chiudono 6-2 al quinto. Adriano non trema nel primo singolare della giornata decisiva e chiude in quattro set su Taylor.

Superato l'ostacolo Gran Bretagna in semifinale ci tocca l'Australia dei mostri sacri Newcombe, Roche e Alexander. Ma la scelta della sede tocca a noi, quindi si va al Foro Italico naturalmente sulla terra.
Newcombe e Roche arrivano all'appuntamento in condizioni fisiche non perfette, ma chi ci fa dannare è John Alexander (preferito a ragion veduta dal capitano Neale Fraser a Roche) che batte sia Panatta che Barazzutti nei singolari. Come al solito decisivo il doppio, prova “monstre” di Panatta e Bertolucci, tre set a zero agli esperti Roche e Newcombe. Il punto del 3-2 lo conquista Panatta che batte Newcombe il lunedì mattina perché la domenica il match era stato sospeso per l'oscurità.

Siamo in finale che stavolta giocheremo in trasferta, in terra cilena. Il Cile che già l'anno precedente come abbiamo detto si era messo in luce fa leva sulla bravura di Patricio Cornejo e Jaime Fillol, due che sulla terra rossa sanno farsi rispettare e che naturalmente se impegnati in Davis sospinti dal loro pubblico sono capaci di qualsiasi impresa.

I cileni infatti arrivano in finale battendo al termine di due autentiche battaglie sulla terra rossa di Santiago prima l'Argentina (sconfitta 3-2, troppo solo Vilas che comunque vince i suoi singolari) e poi il Sudafrica, che rispetto alla vittoria del '74 non schiera Hewitt e Drysdale (sostituiti da Mitton nel singolare e da Beltram nel doppio con McMillan) ma che si trova dopo la seconda giornata avanti 2-1.

Bravissimi Cornejo e Fillol (suo il punto decisivo contro Mitton) a ribaltare il punteggio negli ultimi due singolari.

A quel punto ai sudamericani toccherebbe in semifinale la trasferta in terra russa, ma per protesta contro il regime di Pinochet l'allora URSS decide di non giocare il match (certo i russi che decidono di non giocare contro il Cile per protestare contro la loro situazione politica fa un po' sorridere, soprattutto pensando al regime comunista di quegli anni).

Sta di fatto che il Cile si trova in finale e se la potrà pure giocare in casa.

Tralasciamo le polemiche politiche che precedettero la nostra trasferta in Sudamerica delle quali si è più volte parlato, i nostri non dubitarono mai di poter disputare quella finale anche perché ben sapevano che si trattava di una ghiotta occasione per portare a casa la coppa.

Così fu, Barazzutti ebbe qualche difficoltà contro Fillol nel primo singolare vinto comunque in quattro set, Panatta passeggiò contro Cornejo , il nostro doppio (con le mitiche magliette rosse) ci diede la vittoria finale superando in quattro non facili set la coppia formata dai singolaristi cileni (con Cornejo che indossò un anomalo retino per i capelli di quelli che portavano i nostri nonni ad inizio 900). Una vittoria strameritata e che purtroppo non siamo più riusciti a ripetere (nonostante altre quattro finali).

1980, SMID E LENDL DANNO LA COPPA ALLA CECOSLOVACCHIA

Jan Kodes va oramai per i 34 anni e non è riuscito a dare la tanto agognata Davis al suo paese, alle sue spalle però stanno venendo fuori un paio di giocatori interessanti. Innanzitutto Tomas Smid, giocatore poco simpatico e dal gioco arrembante, che quando può si butta sulla rete per chiudere il punto, ma soprattutto un giovane di belle speranze, Ivan Lendl, figlio di una tennista ceca che avvia subito il figlio alla carriera agonistica.

La Cecoslovacchia già nel 1979 (dopo la finale di cui abbiamo dato conto prima del '75) era arrivata alle soglie della finale, fermata al Foro Italico dall'Italia (con la solenne bastonatura inflitta da Adriano Panatta ad Ivan Lendl nella prima giornata, 6-4 1-6 6-0 6-0).

L'edizione del 1980 darà l'occasione ai cechi per la pronta rivincita proprio contro i nostri giocatori.

Lendl oramai alberga tranquillamente nelle prime posizioni del ranking e nonostante abbia appena 20 anni mostra la sicurezza e la tranquillità di un navigato campione.

La Cecoslovacchia non ha alcun problema contro la Francia (battuta 5-0) e la Romania (4-1 in trasferta), i problemi sembrano sorgere quando in semifinale bisogna affrontare la trasferta argentina sulla terra rossa di Buenos Aires, contro Guillermo Vilas e Josè Luis Clerc. Oltretutto il capitano non giocatore ceco Bolardt decide di non schierare Tomas Smid in singolare, preferendogli Pavel Slozil, niente di eccezionale.

Clerc soffre e batte Slozil in cinque set, Lendl gioca però una grandissima partita e batte in tre combattuti set Vilas. In doppio giocano Lendl e Smid per i cechi che battono agevolmente proprio Vilas e Clerc (che in certi match a stento si parlavano), a questo punto ci si aspetta atmosfera infernale nel primo singolare della domenica tra Clerc e Lendl. Ma il giovane ceco non si lascia intimidire, altra partita magistrale e vittoria in quattro set per l'accesso in finale della Cecoslovacchia.

Cecoslovacchia che oltretutto avrà il vantaggio del campo visto che in finale arriva l'Italia affrontata come abbiamo detto l'anno prima in trasferta.

I nostri giocatori arrivano all'atto conclusivo della manifestazione per la quarta volta in cinque anni a testimonianza di un movimento davvero eccellente. Battono in casa la Svizzera e la Svezia (ancora una volta orfana di Borg), poi in semifinale si trovano davanti (ma sempre in casa, al Foro Italico) l'Australia di McNamara e McNamee.

Barazzutti non è in gran forma, Panatta invece nonostante vada per i 30 sta giocando quasi ai suoi massimi livelli. Dopo la prima giornata si è sull'1-1, nel doppio Panatta e Bertolucci soffrono da matti contro i due australiani, oltretutto campioni in carica di Wimbledon. Alla fine però i nostri eroi la spuntano al termine di cinque set mozzafiato (2-7 9-7 9-7 2-6 6-4) giocando forse uno dei match più belli della loro carriera vista la non più giovane età e visto il livello degli avversari.

Adriano nel primo singolare della domenica gioca alla grande e liquida McNamara portandoci così in finale.

A Praga succede di tutto, i giudici di linea e lo stesso giudice di sedia (Brubenik, espulso anni prima dal Roland Garros perché aveva rubato delle bottigliette d'acqua) fanno ammattire ed innervosire i nostri. Nel primo singolare Panatta (in splendida forma giova dirlo) va avanti due set a zero contro Smid, poi il match diventa corrida ed il ceco rimonta. Lendl che sta ancora schiumando rabbia per l'anno prima soffre la tensione contro un buon Barazzutti, ma alla fine vince in quattro set. Siamo con le spalle al muro, ma nel doppio giochiamo alla morte. I furti dei cechi continuano, vengono in alcune circostanze chiamati dei “net” sulle prime di servizio di Panatta con la palla che passa mezzo metro sopra la rete. I nostri reggono fin che possono, vanno avanti due set ad uno, ma la pausa (che allora veniva effettuata dopo il terzo set) raffredda troppo Bertolucci in non perfette condizioni fisiche, Lendl e Smid chiudono al quinto e permettono a Jan Kodes presente come quarto uomo in formazione di alzare finalmente la coppa.

Quella sarà l'ultima edizione con i raggruppamenti zonali, dal 1981 viene introdotta la formula del tabellone del World Group (formula in vigore ancora oggi) e soprattutto quella di Praga sarà l'ultima finale con il giudice di sedia locale, i furti perpetrati ai nostri danni convincono la federazione internazionale dall'anno seguente a optare per un arbitro neutrale.
 

Stefano Tarantino

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