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06/12/2011 14:24 CEST - IL PERSONAGGIO

David Ferrer, l'uomo di Ferru

TENNIS - E' uno dei giocatori più sottovalutati e meno considerati del circuito, eppure è sempre lì a dar battaglia ai primi. Anche in Spagna "Ferru" non viene apprezzato come dovrebbe nonostante negli ultimi mesi sia stato di gran lunga il migliore tra gli iberici. L'evoluzione di un tennista che è stato capace di reinventarsi e di arrivare al vertice senza un talento eccezionale, almeno sul piano squisitamente tecnico. Karim Nafea

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La Spagna ha vinto per la quinta volta la Coppa Davis e si è confermata, una volta di più, come l’unica vera superpotenza del tennis mondiale. Il punto finale della vittoria se l'è aggiudicato Nadal ma quello che, a mio avviso, è stato il punto decisivo l’ha portato a casa David Ferrer, regalando il 2-0 alla nazionale iberica, con la vittoria in rimonta su Del Potro.

David Ferrer è il miglior giocatore spagnolo dietro Nadal ma di solito passa inosservato, sia perché fa meno notizia di Verdasco, sia perché piace meno di Lopez sia perché ha meno talento di Almagro. Eppure il valenciano è più “giocatore” di tutti e tre messi insieme.
Togliendo Nadal, che è un’anomalia, è lui il vero capolavoro del “sistema” spagnolo, è lui l’esempio.
Già, perché Nadal, partendo già con una base di talento tennistico maggiore, ha potuto sfruttare alcuni accorgimenti come il mancinismo o la grande forza nella parte superiore del corpo per diventare al tempo stesso letale ed impossibile da imitare.

David invece, senza un fisico straripante (è alto 1.75) e senza un talento di primo livello, è arrivato a giocarsela con tutti, con continuità e grandi risultati. Il rischio più grande parlando di un giocatore di questo tipo è la condiscendenza, poiché si tende un po’ troppo facilmente a bollarlo come “gran pedalatore”, uno che non sbaglia mai, che ci mette il cuore e la testa. Effettivamente questa è la definizione standard per David e sarebbe stata realistica e fedele nel 2000, quando mosse i primi passi nel professionismo, o nei primi anni da giocatore affermato. Poi è arrivata l’esplosione, soprattutto nel 2007, quando ha raggiunto la sua miglior classifica (n°4) a seguito della finale al Masters persa da Federer. Eh già, perché il miglior risultato, anzi i migliori risultati, Ferrer li ha colti sulle superfici veloci: solo nel 2007 semifinale allo US Open (battendo Nadal abbastanza nettamente in corso d’opera) e la citata finale al Masters a cui va aggiunta la semifinale all’Australian Open di quest’anno. Da notare che il viatico per questi risultati è stato sempre una vittoria su Nadal. Si parlava della condiscendenza: si continua a sottovalutare Ferrer quando invece andrebbero analizzate le chiavi del suo successo.

E’ vero che nel suo caso il talento tennistico, il braccio, non è proprio di livello sopraffino ma spesso ci si dimentica di quanto sia migliorato il giocatore e di quanto abbia ampliato le sue opzioni in un campo da tennis.
Infatti David è passato dall’essere un giocatore che poteva far punto quasi esclusivamente sfinendo l’avversario all’essere un attaccante da fondo campo, con un servizio all’altezza ed una buona possibilità di produrre dei colpi vincenti. Tra gli spagnoli è quello che più di tutti riesce a variare la tattica in base al tipo d’avversario; come? Come fa a variare senza un braccio sopraffino? Nel modo insieme più semplice (da pensare) e più difficile (da attuare): variando la posizione in campo, più vicino alla riga di fondo quando non può permettersi di perdere campo, più indietro quando vuole assumere il ruolo di contrattaccante.
Questo modo di preparare le partite è una prova della grande intelligenza tattica del valenciano; volendo fare un paragone al riguardo col più illustre amico, Nadal quando si è trovato a dover variare qualcosa non ha mai apportato altro che piccoli cambiamenti (per esempio l’uso del back in determinate partite), piccoli accorgimenti, confidando nella “dominanza” del diritto incrociato per il resto.

La differenza sa nel fatto che pur non cambiando rotazioni Ferrer può stravolgere completamente il suo impianto tattico, quando serve, avvicinandosi di più alla riga di fondo. Ovviamente, non sarebbe in grado di fare tutto questo senza la sua preparazione atletica. Quella, va detto, è da numero 1 del mondo. Mentre si vedono Djokovic e Nadal distrutti a fine stagione, lui è ancora in campo a muovere alla velocità della luce quei piedi che lo portano dovunque, che gli permettono di essere sempre al posto giusto, di eseguire sempre il colpo in controllo.  Il gioco di piedi di Ferrer è una delle cose più incredibili cui si può assistere su un campo di tennis. Non perché è aggraziato, non perché, come Federer, sembra protagonista di un complesso ed unico passo di danza ma semplicemente perché è poco realistico vedere un uomo muoversi così rapidamente e con così tanta e nervosa precisione.

Come detto è un grandissimo lottatore, uno che non si arrende per nessun motivo, uno che ama sinceramente questo sport, che lo rispetta e non manca di dimostrarlo ogni volta che entra in campo. E poi, soprattutto, cosa non da poco nel tennis moderno, ha una storia, il tennis è una rivalsa, da quando Piles, il suo allenatore, lo chiudeva nello sgabuzzino, da quando faceva il muratore per continuare a giocare e ad uscire con gli amici.
Questi trascorsi gli hanno regalato una carica emotiva ed un’umiltà che di solito non coesistono, in questa misura, nella stessa persona.
Un giocatore fantastico, poco considerato, ma che nell’ultimo periodo è stato di gran lunga il numero uno di Spagna; uno di quei giocatori che, a volte inspiegabilmente, attira la tua stima, simpatia e rispetto, uno di quelli per i quali non puoi parlare di fortuna, ma solo di merito, perché sai che tutto quello che ha se l’è guadagnato.

Karim Nafea

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