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09/12/2011 13:09 CEST - Personaggi

10 tennisti in cerca di gloria

TENNIS - Dopo un anno avaro di sorprese, proviamo a immaginare quali potrebbero essere i principali candidati in grado di avvicinarsi ai top players. Se i Fab Four appaiono ancora irraggiungibili, diversi giovani nascosti tra le pieghe della classifica sembrano pronti a sferrare l’assalto alla vecchia guardia. Occhio in particolare ai teenager Harrison, Raonic e Tomic. Possibili sorprese Stebe o Andujar. Massimiliano Di Russo

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La stagione appena conclusa verrà ricordata per la grande concretezza di Novak Djokovic, che ha costretto Nadal e Federer a spartirsi gli avanzi del serbo tra Parigi e Londra, i tormenti del giovane Murray e la conferma di alcune seconde linee pronte a dire la loro quando i Fab Four tirano il fiato, vedi i vari Ferrer, Tsonga, Berdych e Soderling, ai quali quest’anno si sono aggiunti Fish e Tipsarevic.

Volendo addentrarci ancor più in profondità, in quel sottobosco ricco di piante bizzarre capaci di germogliare e appassire nell’arco di poche significative partite, ci siamo sorpresi ad ammirare gli sprazzi di genio di Dolgopolov Jr., le pennellate di Florian Mayer, che non darà vita a un nuovo Rinascimento tedesco ma che ha conquistato a Bucarest il primo meritato torneo, e la perseveranza di Kei Nishikori, che tra Kuala Lumpur e Basilea è sembrato intenzionato a riprendere quel discorso interrotto nel 2008.

Ciò che forse è mancato è stato un tennista in grado di scardinare fin da subito gli ormai consolidati equilibri del tennis attuale, lasciando intravedere la possibilità di un ricambio ai vertici nel breve termine: Fish e Tipsarevic sono cresciuti molto ma non sono più di primo pelo, il recupero di Del Potro ha patito più difficoltà del previsto, Cilic e Monfils hanno deluso, Harrison, Tomic, Raonic e Dimitrov hanno dimostrato di non essere ancora pronti a confermare quei lampi di classe per ora solo accennati.

Ci si appresta dunque a vivere un nuovo anno tennistico con la speranza che possa essere condito da ulteriori spezie i cui aromi hanno iniziato a pervadere a volte con sempre maggiore insistenza, altre soltanto saltuariamente la stagione appena conclusa. Di seguito quelli che potrebbero essere i maggiori indiziati per quel salto di qualità che ci regalerebbe nuovi protagonisti e nuove imprese da tramandare ai posteri.

Blaz Kavcic

Chissà che il futuro non sia di Blaz Kavcic, ventiquattrenne ragazzone di Lubiana numero 92 del mondo, nonché unico sloveno presente nella top 100 di fine anno. Divenuto professionista nel 2005, ha vivacchiato tra i challenger prima di affacciarsi con convinzione nel circuito Atp, raggiungendo quest’anno i quarti di finale a Chennai, Belgrado e Bastad. Ciò che ha impressionato di lui è la grande resistenza fisica che ha messo in mostra superando dapprima estenuanti sessioni di qualificazione e successivamente diversi turni nei tornei che contano, dimostrando di essere in grado di ritagliarsi uno spazio in un tennis sempre più dipendente dalla condizione fisica dei suoi interpreti.

Matthias Bachinger

Recentemente Boris Becker ha provato a spronare la Federazione tedesca affinché quella fucina in grado di forgiare campioni verso la fine degli anni ’80 tornasse a lavorare a pieno regime. Un piccolo colpo lo aveva battuto in autunno Matthias Bachinger con i quarti raggiunti a Bangkok e un set strappato al più quotato avversario Gilles Simon. Il bavarese, tanto talentuoso quanto discontinuo, rispetto all’anno scorso ha guadagnato ben cento posizioni, occupando attualmente il novantaquattresimo posto grazie soprattutto ai risultati ottenuti nei challenger, tra i quali spicca la vittoria di Atene in finale su Tursunov. Molti sono pronti a scommettere che, qualora riuscisse a compiere un ulteriore step, lavorando tanto sull’aspetto mentale quanto su quello tecnico, Bachinger potrebbe costituire una piacevole sorpresa per i connazionali del tre volte vincitore di Wimbledon.

Adrian Mannarino

Eccola qui la nuova speranza del tennis francese, capace di sfornare negli ultimi anni ottimi tennisti ma, ahimè, nessun campione in grado di vincere Slam. Chi vi scrive ebbe modo di seguirne le gesta durante gli Us Open dello scorso anno, quando nel secondo turno racimolò appena cinque games contro Verdasco. Chi l’avrebbe detto che quel mancino fin troppo leggero avrebbe iniziato il 2011 con un parziale di dodici vittorie a fronte di sole quattro sconfitte, con i quarti di finale raggiunti ad Auckland dopo aver estromesso Monaco e Clement e le semifinali a Johannesburg. Se i mesi a seguire sono stati decisamente interlocutori, senza che sia riuscito a superare due turni tra Memphis e l’Estoril, a Madrid si è tolto lo sfizio di rifilare un 6-0 a Ferrer davanti al suo pubblico prima di ricevere lo stesso trattamento nel terzo set, mentre al Queen’s ha eliminato uno dopo l’altro Gulbis, Simon e Del Potro, cedendo infine il passo nei quarti a James Ward. Da quel momento inizierà una flessione che lo porterà ad abbandonare rapidamente il best ranking rappresentato dalla quarantanovesima posizione per scivolare oltre l’ottantesima. Se riuscirà migliorare la tenuta mentale ottenendo una costanza di rendimento tale da garantirgli tabelloni non proibitivi potrà intraprendere nuovamente con successo quella scalata che lo aveva portato tra i primi 50 del mondo guadagnando oltre trenta posizioni in pochi mesi.

Robin Haase

Ai meno accorti Robin Haase potrebbe sembrare un tennista talentuoso affacciatosi sul circuito di recente, alle prese con una progressiva scalata, visti i risultati raggiunti negli ultimi due anni. In realtà questo ventiquattrenne olandese già nel 2008 oscillava tra la cinquantesima e l’ottantesima posizione, prima che problemi al ginocchio destro lo facessero precipitare oltre il trecentesimo posto. Tornata la condizione fisica, sono tornati nuovamente i risultati: primo titolo Atp a Kitzbuhel e vittorie sfiorate, per non dire buttate via, in semifinale a Winston-Salem contro Benneteau e agli Us Open contro Murray. L’anno scorso balzò all’onore delle cronache per essere stato in vantaggio di due set a uno a Wimbledon contro il futuro campione Nadal, prima di spegnersi ancora una volta sul più bello. Alto 1.90, fa del servizio e della potenza dal fondo le armi migliori, peccando in velocità e, come intuibile, in maturità tattica. Negli ultimi mesi ha oscillato tra la quarantesima e la quarantacinquesima posizione, per l’anno prossimo è lecito attendersi un ulteriore salto di qualità.

Fabio Fognini

Sembrava dovesse chiudere l’anno come miglior italiano, quando proprio alla fine Seppi è riuscito a superarlo, distanziandolo addirittura di dieci posizioni. Ancora una volta Fabio si è rivelato un moderno Tantalo, impegnato a spingere un – in verità non troppo pesante- masso per poi ritrovarsi come ogni anno al punto di partenza. Troppo incostante il rendimento del ligure, che quest’anno ha sì raggiunto i quarti di finale al Roland Garros e le semifinali a Santiago del Cile e Umago, ma per il resto ha perso diciotto volte al primo turno e nove al secondo. Eppure Fognini ha dimostrato che se è in giornata sulla terra battuta può dire la sua, con un talento che se gestito nel migliore dei modi non è inferiore a molti tennisti transitati nella top 20. Arrivato alla soglia dei venticinque anni, starà a lui dimostrare che il vero Fognini è quello della straordinaria partita giocata contro Montanes a Parigi e non quello che (non) si è presentato al cospetto di Berdych a New York.

Ryan Harrison

Se a diciotto anni batti agli Us Open Ivan Ljubicic e dai del filo da torcere a Stakhovsky, se a diciannove anni ben figuri contro Federer, Soderling e Ferrer, raggiungendo un paio di semifinali Atp per chiudere l’anno con i piedi ben dentro la top 100, non puoi non essere considerato un grande prospetto. Ryan Harrison ha tutto per poter entrare nella storia di questo sport, a partire da una varietà di colpi merce rara nel tennis moderno. Per farlo avrà bisogno di lavorare sul fisico e continuare a fare esperienza nei tornei del circuito, andando incontro come quest’anno a sconfitte “salutari”, cercando di smussare alcuni aspetti di un carattere che lo porta troppe volte a non accettare gli insuccessi, consegnandosi di fatto alla pressione di una nazione che da troppo tempo aspetta l’erede di Sampras.

Cedrik-Marcel Stebe

Giunto al secondo anno tra i professionisti, questo ventunenne tedesco si è imposto all’attenzione degli appassionati grazie ai cinque challenger conquistati - compreso il Masters di categoria-, ai quarti di finale raggiunti a Stoccarda e alle vittorie ottenute contro Davydenko – per ben due volte- e Juan Carlos Ferrero. Niente male, per uno che aveva iniziato l’anno alla 375esima posizione e che oggi è il numero 81 del mondo. Desta molta curiosità il 2012 di Stebe, chiamato a un ulteriore salto di qualità lontano dai challenger e a una progressione che secondo molti lo potrebbe portare presto nella top ten.

Pablo Andujar

Spagnolo di seconda fascia, Pablo Andujar ha conquistato quest’anno il suo primo torneo a Casablanca imponendosi in finale su Potito Starace. Sempre nel 2011ha raggiunto per altre due volte la finale in un torneo del circuito maggiore, venendo sconfitto a Stoccarda da Ferrero e a Bucarest da Mayer. Sempre sulla terra battuta, seppur battuto in tre set, non aveva sfigurato al secondo turno contro un Nadal a onor del vero ancora in rodaggio. Per il resto una stagione anonima sulle superfici veloci, ma c’è da scommettere che l’anno prossimo nella squadra iberica orfana di Nadal e Ferrer, chiamata a difendere la Davis conquistata quest’anno a Siviglia, potrebbe esserci posto anche per lui.

Milos Raonic

Viene da chiedersi cosa sarebbe accaduto se quell’infortunio all’anca patito a Wimbledon non avesse frenato la corsa di Milos Raonic, canadese nato in Montenegro capace di scalare quest’anno 125 posizioni, per chiudere infine la stagione al trentunesimo posto. Un’esplosione che lo ha visto aggiudicarsi il primo torneo a San Josè in finale su Verdasco, raggiungere la finale a Memphis e le semifinali all’Estoril e a Stoccolma, con il torneo svedese che ha sancito il definitivo recupero del giovane naturalizzato canadese dai guai fisici. Se riuscirà a mantenere una forma costante e a migliorare il gioco dal fondo limitando la dipendenza dal poderoso servizio, non sarà impossibile vedere Raonic già l’anno prossimo a ridosso della top ten.

Bernard Tomic

Era dai tempi di Boris Becker che un tennista così giovane non raggiungeva i quarti di finale a Wimbledon. Gli appassionati aussie già si fregano le mani al cospetto di colui che potrebbe rinverdire i fasti di una nazione che dai tempi di Hewitt aspetta un campione in grado di imporsi nel tennis che conta. Intendiamoci, la strada è ancora lunga: il diciannovenne australiano deve ancora raggiungere una finale del circuito maggiore, ma il convincente torneo londinese, culminato con una più che onorevole sconfitta patita contro Djokovic ,ha messo in luce un talento che ha bisogno di accumulare esperienza e trovare continuità-si pensi alle dieci sconfitte subite quest’anno al primo turno- prima di poter dire la sua.
 

Massimiliano Di Russo

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