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13/12/2011 16:50 CEST - IL PERSONAGGIO

Amélie Mauresmo
a due anni dal ritiro

TENNIS - Considerazioni su Amélie Mauresmo, prima francese ad essere numero uno delle classifiche, prima francese a vincere Wimbledon dopo Suzanne Lenglen. Personalità delicata e sensibile, ebbe il coraggio di dichiarare la sua omosessualità ad appena 19 anni. Le resta il rimpianto di non aver mai vinto il Roland Garros. La sua nuova carriera dai molti impegni crea una nuova luce anche sul suo passato da atleta? Enos Mantoani

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Una carissima amica, tempo fa, rinvigorì la mia passione per il tennis parlandomi del suo idolo femminile: Amélie Mauresmo. Ero all’università e avevo appena iniziato a mettere il naso nel mondo del tennis. Se da una parte c’era un Federer nel pieno del suo dominio, dall’altra il tennis femminile era piuttosto variegato con delle chicche niente male, come il rovescio della Henin, o quello della Mauresmo stessa. Alcune settimane fa, scoperto il mio hobby su Ubitennis, la stessa amica mi ricontatta dicendo che vorrebbe scrivessi qualcosa sulla Mauresmo, che anni addietro ci accomunò. Ma che scrivere sulla Mauresmo? Non certo uno dei profili storici che mi son ritrovato a fare; cosa dunque?

In queste settimane in cui l’idea incubava, mi son accorto che il nome di Amélie ritornava più volte. Nell’ultimo mese l’ho ritrovata nelle seguenti circostanze: la notizia della sua nomina a guida della squadra di Fed Cup francese (14 novembre); citata dalla Reggi in un’intervista degli inizi di Dicembre, e nei giorni scorsi una notizia riportava come fosse riuscita a convincere la Sharapova a partecipare al torneo di cui è codirettrice (l’Open GDF-Suez, di Parigi). Insomma, tre elementi che illustrano bene un dopo-carriera interessantissimo; e una personalità altrettanto interessante e variegata, che danno una luce nuova anche ai suoi risultati.

Ricordo brevemente la carriera: dopo un inizio folgorante (finalista a 19 anni agli AO), la Mauresmo si ritrovò probabilmente a gestire troppe pressioni sia sulla vita da tennista che sulla sua vita privata. I risultati che il suo talento ammirato dagli esteti (stupendo il rovescio a una mano) e dagli addetti ai lavori prometteva, tardavano a venire, tanto che solo nell’anno di grazia 2006 riuscì a far suoi AO e Wimbledon. Troppa pressione e un gioco non adattissimo alla terra rossa le preclusero il Roland Garros (mai oltre i quarti), attirandosi ancor più fantasmi e fardelli psicologici pesanti da portare. Ricorderete come sembrasse sempre in mancanza di quel pizzico di cattiveria in più, o come fosse quasi dal “braccino” facile; insomma, all’esterno dei campi era di una sensibilità troppo accentuata a causa di millanta motivi e mal incanalata, che sul campo perdeva match alla sua portata o che magari conduceva abbastanza agevolmente. Dando un’occhiata alle avversarie, devo dire però che spesso perse da campionesse indiscutibili: le Williams, ma anche la Seles, la Hingis, la Cljisters, e sopratutto la Henin, immagino amata e odiata (più odiata che amata?). Contro quest’ultima infatti vinse entrambi gli Slam (il primo dei quali per un ancora discusso abbandono), ma perse una medaglia d’oro alle Olimpiadi di Atene e un WTA Championships (2005). Ritiratasi due anni fa tra le lacrime, quasi come se si togliesse un macigno dallo stomaco, ora sembra molto più rilassata e impegnata in molteplici progetti.

Tre elementi, dicevo, legati ad Amélie e su cui riflettere in questo mese: la sua eredità sulla storia del tennis (come giocatrice e come personaggio), la gestione del post-ritiro e, infine, la sua parabola umana (da quanto almeno lasci intravedere). Parlavo dell’intervista alla Reggi, fatta da Emanuela Audisio per Repubblica: l’argomento principale era in realtà la Grande Sfida milanese e le Williams. Ma parlando dei suoi tempi, Raffaella fa un paragone sull’omosessualità “non esibita” della Navratilova con quella “sfoggiata” di Amélie, chiosando che la classe dei suoi tempi era diversa da quella più recente; affrettandosi inoltre a sottolineare come fossero comunque “altri tempi”. Il rischio che si corre, secondo me, è che si parli della Mauresmo, da ora in avanti, solo per questo aspetto, e non dell’importanza che ha effettivamente avuto nella storia del gioco. Ad esempio, è stata una delle ultime a sfoggiare un sontuoso rovescio a una mano in un’epoca in cui già era quasi passato di moda, abbinandolo però a un fisico “moderno”, cioè costruito per creare potenza e agilità allo stesso tempo (la Henin, ad esempio, era molto più “classica” e forse più geniale, dato anche il fisico minuto). Altra cosa da sottolineare è che, paradossalmente, fu molto più facile per la Navratilova affermare la propria omosessualità di quanto lo fu per la Mauresmo, che a soli 19 anni (come si dice orribilmente) fece “outing”. Sappiamo le battute che le riservarono le colleghe e sappiamo come anche diversi sponsor la discriminarono per questo (salvo poi ritrattare sotto la pressione della pubblica opinione francese). Fu tanto coraggiosa quanto inesperta quando sul centrale degli Australian Open dichiarò il suo amore verso la fidanzata seduta in prima fila. È impossibile, chiaramente, intuire la portata psicologica sul suo tennis di quel gesto che la espose a critiche e a durezze anche da parte dei suoi, della federazione, di alcuni giornalisti.

Gli altri due elementi sono strettamente legati. La decisione del ritiro perché non sentiva più la sufficiente carica per allenarsi, il peso toltosi in conferenza stampa attraverso le lacrime e poi una nuova vita in cui appare molto più serena. Rimane una sportiva e giustamente è legata al mondo dello sport e del tennis in particolare, ma non solo. Via twitter l’abbiamo vista incitare la nazionale di rugby; si è allenata come maratoneta, e ora seguirà la squadra di Fed Cup (in una competizione che l’ha vista trionfare anche da giocatrice). Ma ha saputo ritagliarsi anche un ruolo come commentatrice, come organizzatrice di tornei e nel 2010 è stata consigliere tecnico di Llodra a Wimbledon. Con lo stesso doppista francese avrebbe voluto competere nel doppio misto al Roland Garros di quest’anno, ma è stata fermata dalle severe regole antidoping. Insomma, si palesa come una persona dai molti interessi, probabilmente dalle molte capacità che evidentemente sta coltivando facendosi anche un certo bagaglio esperienziale.

Forse è proprio questa molteplicità di interessi ad averla frenata nei trionfi sportivi che al giorno d’oggi richiedono unicità di intenti e dedizione maniacale e univoca. Limitata, forse, nei successi, ma non impedita di essere la prima francese numero uno delle classifiche computerizzate e la prima francese a vincere Wimbledon dai tempi di Suzanne Lenglen. D’altra parte, non fu proprio Clerici, uno che di queste cose se ne intende, a scrivere, quando la vide per la prima volta, un pezzo intitolato: “Profumo di Lenglen”?

Ecco alcuni articoli apparsi in passato su Amélie Mauresmo sul sito e sul Blog.
Dossier: La tournée “araba” di Amélie Mauresmo
Amélie Mauresmo rinuncia ai Giochi
Che sorpresa: ha vinto Amelie
Amelie rinasce a Parigi
Mauresmo: ritiro in vista?
Da Capriati a Mauresmo
Ciao Amélie, e grazie!
A Paris, la soirée d'Amélie

 

Enos Mantoani

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