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23/12/2011 19:47 CEST - DOPPIO...GIOCO

Hewitt-McMillan: doppio senza età

TENNIS – Bob Hewitt e Frew McMillan fanno riconciliare con un tennis purtroppo moribondo (quasi defunto...) e fanno riscoprire un’epoca dove alla quantità di coppie eccezionali corrispondeva altrettanta qualità ; i veri appassionati dovrebbero conoscere nel migliore dei modi questi due maestri, capaci dare lezioni a tutti, anche alla soglia dei 40 anni… Daniele Camoni

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Mentre mi accingevo a scrivere dei geniali sudafricani Bob Hewitt e Frew McMillan, ho potuto ragionare sulla buona produzione di giocatori (alcuni di indubbio talento) sfornati dalla scuola del Sudafrica nel corso degli anni : partendo da Eric Sturgess (3 finali Slam in singolo,1 Slam in doppio e 5 finali, 4 titoli in misto a cavallo tra gli anni Quaranta e Cinquanta) e passando da Ian Vermaak (sconfitto nella finale del Roland Garros del ’59 da Pietrangeli), fino ad arrivare a Cliff Drysdale, Johan Kriek (due volte vincitore agli Australian Open) e Kevin Curren (finalista agli AO ’84 e Wimbledon ’85), culminando nei più recenti Wayne Ferreira (15 titoli in carriera e 2 volte semifinalista Slam) e Amanda Coetzer (#3 nel ’97 e 3 volte semifinalista Slam), ho scoperto, quasi inconsciamente, come la scuola sudafricana sia riuscita a piazzare con buona costanza almeno un giocatore di livello in tutte le grandi fasi storiche del tennis, dagli anni Cinquanta fino ai recenti anni Duemila.

Sicuramente è questo un grande merito (tenendo soprattutto conto che non stiamo parlando di scuole “tradizionali”, quali quella australiana, statunitense o di variegata matrice iberica), che si arricchisce esponenzialmente quando facciamo riferimento a Robert Anthony John Hewitt e Frew Donald McMillan, non esattamente due personaggi qualunque da trascurare…

Nato nel 1942 a Springs, Frew McMillan è sempre stato un giocatore atipico sotto molti punti di vista : oltre alla celebre ed onnipresente coppola bianca (che rimanda un po’ al “moschettiere” Jean Borotra, soprannominato “The bounding Basque”), McMillan è ricordato per essere stato uno dei primi uomini a giocare entrambi i colpi a due mani (i primi “inventori” del tennis quadrumane furono, negli anni Trenta, gli australiani John Bromwich e Vivian McGrath), con l’ulteriore peculiarità che, pur essendo destro, il sudafricano impugnava la racchetta con la mano sinistra sotto, in pratica come se fosse mancino. Mica male…Dotato di colpi secchi e potenti, che all’occorrenza sapevano essere anche sguscianti ed insidiosi grazie ad un gioco di polso diabolico, McMillan non brillò particolarmente in singolare (gli unici risultati di rilievo furono i quarti allo US Open del ’73 e la vittoria al torneo di Monaco di Baviera del ’74 contro Niki Pilic), preferendo sempre i pressi della rete alle sconfinate praterie di fondocampo. Il tocco era delizioso, quasi volto ad irretire l’avversario, e gli angoli creati con il gioco bimane quasi impossibili : insomma, un Santoro ante litteram !

Modalità amica del diabolico Frew fu soprattutto il doppio, dove assieme all’amico Bob Hewitt seminò il terrore per quasi un decennio, da Roy Emerson a John McEnroe, da Ken Fletcher a Peter Fleming, dimostrando come il tennis (soprattutto) il doppio, spesso e volentieri possa prescindere dall’effettiva età anagrafica…

Nato in Australia nel 1940 ma naturalizzato sudafricano dopo il matrimonio, Bob Hewitt difficilmente avrebbe potuto essere identificato come un giocatore professionista di tennis, vista la pingue corporatura da direttore di banca, il volto bello rotondo ed una calvizie più che mai incipiente, se non fosse che il suo gioco rivelava l’esatto opposto: tra i risultati di rilievo in singolare ricordiamo tre semifinali in Australia (’60, ’62 e ’63), tre quarti a Wimbledon (’62, ’64 e ’66) e un altro quarto agli US Championships (’67), il tutto coadiuvato da uno splendido tocco e da una mente sopraffina e geniale. Dentro il campo Bob fu soprattutto un maestro del gioco psicologico, un vecchio volpone, una terribile “carogna”, sportivamente parlando, che avrebbe di lì a poco trovato il suo degno erede in Ilie Nastase, sbruffone ed impertinente ma sublime nel suo tocco vellutato.

Terra di conquista dei nostri due sudafricani fu soprattutto la specialità di coppia : tra il 1966 ed il 1980 Bob e Frew vinsero 60 tornei (il numero è però molto incerto), tra i quali spiccano tre titoli a Wimbledon (’67, ’72 e ’78), uno al Roland Garros (’72) ed uno allo US Open (’77), nonché il WCT Masters del ’74 contro Owen Davidson e John Newcombe. Hewitt può inoltre vantare altri quattro Slam (Wimbledon ’62 e ’64 e gli Australian Championships del ’63 e ’64), tutti in coppia con l’australiano Fred Stolle (10 Slam in doppio e 2 in singolare).

Il loro capolavoro fu soprattutto la finale di Wimbledon ’78, dove i due vecchi volponi, ormai quasi vicini alla quarantina, diedero una sonora lezione a due giovani americani rampanti, tali John McEnroe e Peter Fleming, travolgendoli per 6-1/6-4/6-2 e dimostrando al mondo come il tennis non abbia età, almeno entro certi limiti.

Parlare di Hewitt e McMillan significa però parlare soprattutto di un’epoca che ha visto una concentrazione di doppisti eccellenti come forse mai era accaduto nella storia del tennis (sarebbe più corretto parlare di “tennisti universali”, visto che molti giocavano singolo e doppio con assoluta disinvoltura) : se ripercorriamo tutti gli anni Settanta ritroviamo gente del calibro di Stan Smith e Robert Lutz, Owen Davidson, John Newcombe, Tony Roche, Wojtek Fibak (un fenomeno, troppo spesso poco considerato), Brian Gottfried e Raul Ramirez, Vitas Gerulaitis, Marty Riessen, Tom Okker e tanti altri illustri esponenti della categoria…

 

Ora, senza voler cadere nel passatismo più falso ed ipocrita che possa esistere, credo che rimpiangere il vero doppio, quello giocato di tocco, volée e schemi, non sia, per dirla alla Queneau, un mero “esercizio di stile”, ma semplicemente un’aspirazione e una ricerca di bellezza ed entusiasmo : checché se ne dica, il doppio (almeno secondo l’opinione del sottoscritto) ha la stessa dignità del singolare, e non vedo perché dovrebbe essere altrimenti, anche se molti si impegnano quotidianamente nel considerare la specialità di coppia come il terreno fertile di chi non sa giocare. Bisognerebbe chiedersi per quale motivo molti considerino poi miglior giocatore il monotono e robotico fondocampista rispetto allo spumeggiante ed estroso volleatore…

Il doppio non è nato come un ripiego (lo insegna la storia, basta informarsi), ma lo è progressivamente diventato per tutta una serie di motivi che ben conosciamo : oltre alla nota evoluzione del tennis in senso fisico a scapito della tecnica (che spesso ci fa assistere a doppi che gridano vendetta, essendo molti giocati da fondocampo e senza un minimo di raziocinio), non bisogna sottovalutare il motivo economico (pecunia non olet, diceva il saggio Svetonio) e la visibilità, pressoché nulla, concessa ai suoi protagonisti. L’appassionato di tennis potrà anche conoscere Daniel Nestor e Max Mirnyi, Nenad Zimonjic, Mark Knowles o i Woodies dei tempi che furono, ma non chi non ha una passione viscerale e sviscerata per questo sport, mentre Djokovic, Federer o Nadal (elencati in ordine alfabetico, così non ci sono problemi) sono conosciuti a livello planetario.

A me francamente dispiace vedere questo appiattimento costante del tennis, tutto improntato verso un’unica specialità, ovvero il singolare, che ormai, salve rare eccezioni (Federer in primis) fornisce una monotonia ed appiattimento di schemi abbastanza triste, una folle robotizzazione dei giocatori ed una perdita di senso estetico ed artistico che imbarbarisce un sport creativo ed artistico qual è il tennis. Forse sarà un semplice dispiacere di carattere personale, forse una nascosta tristezza di una buona collettività di amanti di questo sport che non accetta ancora di rassegnarsi a qualcosa probabilmente inevitabile, ma che abbiamo tutto il diritto di criticare…

DOPPIO...GIOCO - LE PUNTATE PRECEDENTI

Court-Wade: pacate, esplosive

Sedgman-McGregor: una stagione indimenticabile

Brough-Osborne: dolci assassine

Quist-Bromwich: inizia la storia

Sukova - Kohde: “The twin towers”

Semplicemente "Woodies"

Martina-Pam: simply the best

Fleming-McEnroe, braccio e mente

Fernandez-Zvereva: sorrisi e vittorie

Newcombe e Roche: che rocce!

King-Casals compagne di lotta

Daniele Camoni

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