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29/12/2011 14:45 CEST - Personaggi

Non chiamatela "Serena 2"

TENNIS - Alla scoperta di Taylor Townsend, da molti considerata l’erede delle Williams. Dotata di una varietà di colpi fuori dal comune, la giovane afroamericana nata nel 1996 dovrà essere abile a scansare i paragoni che già si stanno sollevando nell’ambiente tennistico e che hanno contribuito a tarpare le ali a molti altri atleti afroamericani a loro tempo in rampa di lancio. Massimiliano Di Russo

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A metà anni ’90, quando le sorelle Williams iniziarono a giocare i primi match tra le professioniste, in pochi dubitarono che presto quei due cicloni avrebbero imperversato sul circuito WTA negli anni a seguire. Abbinando potenza a eleganza seppero dare un’impronta indelebile al tennis che si affacciava nel nuovo millennio, conquistando tutto quello che c’era da conquistare: dalle vittorie negli Slam in singolare, doppio e persino doppio misto fino alle Olimpiadi in entrambe le categorie, passando per i WTA Championships. Da quando le due sorelle hanno diradato le apparizioni sui campi da gioco, complici l’età che avanza e una certa propensione ad attività extratennistiche improntate al glamour più sfrenato, il circuito femminile si è ritrovato di colpo impoverito, un mondo decadente abitato da regine prive di corona.

E’ così partita la caccia a quella “next big thing” che raccogliesse il testimone delle Williams tanto da un punto di vista sportivo quanto da quello, ci scuserete la crudezza, “etnico”, se è vero che fin dai tempi di Arthur Ashe si è provveduto ad attirare i riflettori su potenziali campioni di colore. Che fosse una questione di sponsor, di immaginario o di quello che volete, la Storia insegna che quasi mai il peso affibbiato sulle spalle dei malcapitati ha prodotto i risultati sperati: utile ricordare a tal uopo la carriera brillante ma non certo scintillante di James Blake e quelle mai decollate di Scoville Jenkins, onorevolmente sconfitto nel 2005 in un secondo turno degli Us Open da un acerbo Nadal e ritiratosi a 24 anni, senza neanche essersi minimamente avvicinato alla top 100, e di Donald Young, al quale ancora concediamo un seppur flebile beneficio del dubbio.

Tra le donne recentemente ha ricevuto grandi attenzioni Sloane Stephens, classe ’93 e autrice di una brillante carriera nel circuito junior che l’ha portata a conquistare nel 2010 tre Slam in doppio e ad essere considerata da molti addetti ai lavori in rampa di lancio anche tra le professioniste, dopo che negli ultimi Us Open è riuscita a spingersi fino al terzo turno con in tasca lo scalpo di Shahar Peer. In attesa di osservare i progressi della giovane tennista nata in Florida a partire dai prossimi Australian Open, in questa sede vogliamo concentrarci su Taylor Townsend, altra promessa afroamericana che desta ancor più curiosità perché benedetta da Richard Williams: il padre di Venus e Serena infatti, dopo aver assistito durante gli ultimi Us Open al match di qualificazione da lei giocato e perso contro Laura Robson dopo una battaglia durata oltre tre ore, pare abbia voluto congratularsi di persona per l’ottima prestazione fornita dalla giovane tennista arrivando a offrirle di incontrare il suo idolo, la figlia Serena. “Mi piace molto Serena per il suo atteggiamento combattivo sul campo da gioco. E’ stato fantastico poterla incontrare, un sogno che finalmente si è avverato” ha rivelato la Townsend.

Introdotta al tennis dalla madre Shelia, Taylor ha potuto beneficiare a Chicago dei consigli di Donald Young Sr., amico di famiglia e impegnato nel frattempo a plasmare anche il figlio Donald. “E’ stato lui (Donald Young Sr., n.d.r.) a improntare il mio gioco all’attacco, dal serve and volley al chip and charge” ha detto in un’intervista rilasciata subito dopo aver sconfitto Allie Kiick in finale al Plaza Cup. “Sto giocando in questo modo da molto tempo, sono comunque consapevole che ci vorranno anni prima che diventi naturale. E’ sempre una buona cosa ampliare il proprio bagaglio tecnico con una varietà di soluzioni che finiscono con il rendere la vita dura alle avversarie”. La formazione definitiva è avvenuta per mano della Usta grazie al coach Kathy Rinaldi del training camp di Boca Raton, in Florida. La stessa Rinaldi si esprime in termini entusiastici sulle potenzialità della Townsend: “Penso sia un caso unico nel tennis di oggi, basato esclusivamente sull’ attacco da fondocampo. Lei invece è in grado di abbinare queste caratteristiche a una propensione al serve and volley che la porta a trovarsi a suo agio tanto a fondocampo quanto sotto rete. Molte persone mi hanno detto ‘wow, è una giocatrice retrò’, e questo in effetti corrisponde al suo stile di gioco”.

A partire dal 2010 Taylor Townsend ha ottenuto i primi risultati di rilievo nel circuito ITF nel doppio, quando in coppia con la coetanea Gabrielle Faith Andrews si è imposta a Lexington e Boca Raton, arrestandosi nell’atto conclusivo ad Atlanta. Sempre ad Atlanta ha centrato i quarti nel singolare, miglior risultato di un anno comunque interessante. Nel 2011 la giovane afroamericana ha mostrato enormi progressi, con la prima vittoria ottenuta nei Pan American Championships e la conferma nel doppio con i tre successi consecutivi conseguiti a Carson, Rancho Mirage e Plantation e la finale di categoria agli Us Open. Ha chiuso l’anno al trentunesimo posto del ranking junior e come numero 430 del ranking WTA.

In molti sono pronti a scommettere sulle potenzialità di questa giocatrice in fieri, la speranza è che possa lavorare lontano dalle pressioni indotte da un ambiente che inizia a porsi insistentemente la domanda se sia o meno l’erede di Venus o Serena. Ancora la Rinaldi: “Le Williams hanno fatto molto per il nostro sport, ovviamente sono state un modello per Taylor. Ma lei sta sviluppando il suo stile di gioco”. Se riuscirà a superare questo tipo di ostacolo, certamente ben più pericoloso delle decine di avversarie che incontrerà lungo la strada che porta alla gloria, potrà dire la sua tinteggiando con i colori dell’arcobaleno le pareti bianche di un tennis femminile in cui la fantasia sta lasciando sempre più spazio all’omologazione tecnica delle sue interpreti.

Massimiliano Di Russo

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