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13/01/2012 13:25 CEST - Personaggi

La versione di Baker

TENNIS - Da junior, Brian Baker batteva Djokovic, Baghdatis, Tsonga. A 19 anni era numero 174 del mondo e agli Us Open eliminava in tre set Gaston Gaudio, fresco vincitore del Roland Garros. E' l'inizio della fine. Avverte dolori all'anca sempre più forti e sceglie di operarsi. Resta fermo due anni, diventa coach alla Belmont University. Poi una parentesi nel 2007 e altri quattro anni fuori. Ora ci riprova. Marco Caldirola

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A volte ritornano, o meglio ancora, a volta rinascono. E' lo strano caso di Brian Baker da Nashville, Tennessee, cuore degli Stati Uniti, uno di quei personaggi sportivi a cui la Dea bendata ha ben presto voltato le spalle, impedendogli di vivere una carriera che, se tutto fosse andato nel verso giusto, ora probabilmente lo avrebbe arricchito. Di soldi e fama, certamente. Ma non solo, anche di quelle soddisfazioni che purtroppo il 26enne statunitense non si è potuto togliere.

Sentirlo parlare oggi fa scendere qualche lacrimuccia: “Per diversi anni non ho guardato un grande torneo come Wimbledon, è durissima veder giocare tennisti che io battevo regolarmente. La nota lieta? Che giocano molto bene ed hanno raggiunto grandi traguardi, chissà cos'avrei potuto fare io...” dichiarò al New York Times durante i Championship edizione 2009. Baker parlava tra gli altri anche e soprattutto di Novak Djokovic, Andy Murray, Gael Monfils, Joe Wilfried Tsonga, Marcos Baghdatis, John Isner e Thomas Berdych, campioni di oggi, che ieri il buon “panettiere” batteva con regolarità a livello giovanile. Brian raggiunse la posizione numero due a livello Juniores, vinse l'Orange Bowl 2002 battendo Baghdatis in semifinale ed il compianto Montcourt in finale, fece finale al Roland Garros Junior 2003 superando Baghdatis e Tsonga prima di perdere da Wawrinka e nello stesso annò si issò sino ai quarti di finale di Wimbledon e Us Open sconfitto prima da Guccione e poi da Tsonga. C'era tutto per sfondare, tennis e talento in primis, due cose nel piatto, ricco ma non ricchissimo, di Brian Baker però mancavano: un buon fisico, inteso come propensione agli infortuni, e... purtroppo un po' di fortuna.


Vedi Gaudio e poi scompari

Nel febbraio 2003, a 18 anni non ancora compiuti, Baker disputa il primo match a livello professionistico. La USTA gli affida una wild card per il torneo Atp di Memphis, dove perde subito da Spadea. Da quel momento la scalata: ad aprile ha già raggiunto la prima finale Itf, ad agosto strapperà un set a Melzer nella prima partecipazione in un grande slam, l'Open degli Stati Uniti. Il 15 novembre del 2004, a 19 anni e qualche mese, è già numero 174 delle classifiche mondiali, il suo best ranking, nonostate gli impegni collegiali ed una programmazione a singhiozzo per via dei primi problemi fisici.

Il mondo del tennis si accorge di lui agli Us Open 2005: gli organizzatori gli “regalano” la terza wild card consecutiva, chiaro segnale anche di quanto la USTA punti sul “panettiere” di Nashville, lui la onora fino in fondo superando il vincitore del Roland Garros 2004 Gaston Gaudio in tre set prima di arrendersi a Malisse in quattro combattutissime partite. Il giorno più bello sarà tuttavia anche l'inizio del calvario. Cominciano i problemi all'anca, nel match con Gaudio i dolori diventano sempre più forti e, al termine di Flushing Meadows, la scelta di fermarsi.

Un paio di tornei a novembre, a casa sua, a Nashville, e poi a Champaign, infine la scelta dell'operazione. Un lungo stop, durante il quale Baker lavora moltissimo sullo sviluppo del suo fisico e, proprio nel momento in cui sembra per lui esser vicino il giorno del rientro, ecco una seconda tegola. Il gomito comincia a dare un gran fastidio: necessaria l'operazione e la ricostruzione. E' l'inizio della fine. Due anni lontano dal tennis, due anni in cui sale la malinconia perchè la testa da tennista c'è ancora, il fisico no. Comincia a dedicarsi al mondo universitario dove è attualmente assistant coach (per la Belmont University), dedicandosi occasionalmente a quello che avrebbe potuto essere il suo mondo come inviato per qualche media statunitense.

Quando giocai con Djokovic nel 2005 pensai che stavo affrontando un mio clone, facevamo tutto uguale – raccontò sempre in quel Wimbledon 2009 al “Times” - costruivamo il punto sempre con il rovescio, lo battei ma di misura...”. In quell'intervista parlò di molti dei “suoi” colleghi, traspariva la voglia di esser lì con loro e la rabbia per quel che poteva essere e non è stato, senza però mai perdere il sorriso: “Se sono arrabbiato per questi infortuni? Certo, è durissima. Ma succede, è la vita. Ho comunque trovato tante altre cose da fare e poi... riesco ancora a stare in piedi, non me la passo male!”.

Due tornei anche nel 2007, Champaign e Knoxville, esattamente due anni dopo l'ultima apparizione, per qualcuno è il segnale di un possibile ritorno, in realtà non sarà così. Brian Baker resta lontano dai campi da tennis altri quattro anni, ricompare in un Futures sul suolo americano a luglio di quest'anno e, con alle spalle una manciata di partite in sei anni (dal 2005 al 2011), vince a mani basse il suddetto torneo partendo dalle quali. Chi conosce il tennis sa di che impresa stiamo parlando, quando dopo sei anni di inattività ottieni un risultato simile. Insomma, inutile girarci attorno, Baker sarebbe stato un probabilissimo campione.


La rinascita definitiva?
Una rondine non fa primavera, quando però poi lo si vede, a sorpresa, ai nastri di partenza di un Futures Canadese a settembre e soprattutto ai Challenger di Charlottesville e Knoxwille, qualche speranziella di un ritorno definitivo alle competizioni qualcuno comincia ad averla. A Knoxwille, il suo torneo, compie l'impresa. E' un Challenger, il tabellone è competitivo, eppure infila prima Cox, Smyczek e Mclune nelle qualificazioni, nel tabellone principale supera Matsukevitch, Van der Merwe, Ignatik, Jamie Baker prima di arrendersi in finale a Levine. Dal nulla, finale Challenger. Pazzesco. Già, proprio questo risultato, oltre ad aver fatto la fortuna degli scommettitori, ha convinto Brian a riprovarci in una sorta di seconda vita tennistica. Senza obiettivi, senza pressioni e particolari aspettative. Solo per il gusto di poter rivivere un sogno che gli è stato tolto. Adesso è numero 465 al mondo (con due tornei all'attivo!) e probabilmente non lo vedremo più agli Us Open, ma forse neppure al torneo di Memphis, dove tutto ebbe inizio. Giocherà qualche torneo, proverà, si divertirà... e chissà. Questa settimana è di scena in un itf americano, a Plantation. Ha iniziato dando 6-2 6-0 a Dennis Novikov, numero 968 al mondo. Non sorprendetevi se domenica sera quando, presentandovi sul sito dell'Itf per spulciare i risultati della settimana, troverete il “panettiere” vincente con magari un solo set perso per strada e superando in finale un top 250. Tutto normale, come normale sarebbe anche una sconfitta per “3-1 e ritiro” al primo turno da un carneade qualunque sul campo numero cinque. Purtroppo, questo è Brian Baker...

Marco Caldirola

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"Odio venire a New York. Odio la città, odio il torneo e odio Flushing Meadows. Dovrebbero buttare una bomba su questo posto"

Kevin Curren

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