ITALIANO ENGLISH
HOMEPAGE > > Ljubicic: "Non siamo ingordi".

17/01/2012 23:44 CEST - L'intervista

Ljubicic: "Non siamo ingordi"

TENNIS - In un'intervista a Simon Cambers pubblicata su The Tennis Space, l'ex presidente del Player's Council Ivan Ljubicic torna sulle ragioni della protesta dei giocatori. "Il tennis è uno sport globale. Gli Slam guadagnano cifre incredibili grazie a noi. Non è giusto che ci riconoscano solo l'11%". E sostiene che non ci sarà nessuno sciopero dei tennisti. Alessandro Mastroluca

| | condividi

Guadagniamo troppo poco dagli Slam”. Dietro le proteste annunciate dai giocatori, le lamentele sul calendario, rimane la vera questione di fondo che agita i tennisti. E se a dirlo è Ivan Ljubicic, ex presidente del Player’s Council dell’ATP, c’è da prestare attenzione.

I tennisti ottengono dai major l’11% degli introiti complessivi: non è la situazione che vorremmo. Ma al momento non abbiamo una struttura, nessun rappresentante ufficiale che possa andare a discutere con gli organizzatori”. Le parole di Ivan Ljubicic, intervistato da Simon Cambers, fanno tornare indietro l’orologio della memoria al 1988, alla protesta “del parcheggio” fuori dai cancelli di Flushing Meadows. Anche se all’epoca le motivazioni che spinsero Hamilton Jordan, cui era stato negato dalla USTA l’accesso alla sala stampa, a tenere quella conferenza improvvisata erano apparentemente diverse. Allora i top player, come Wilander e McEnroe, volevano giocare più spesso uno contro l’altro. Per questo nacque il circuito dei Super 9, poi diventati Masters Series e ora Masters 1000.

Ma i giocatori lamentavano anche il troppo potere dell’ITF, che dal 1990 avrebbe visto ridotto il suo ruolo alla sola gestione degli Slam, della Davis e delle Olimpiadi. Almeno due generazioni di top player hanno continuato a comportarsi come quelle precedenti: pensando solo a giocare a tennis e disinteressandosi delle questioni organizzativo-sindacali.

Si è radicata così una visione troppo articolata della rappresentanza (ATP, WTA, ITF, televisioni) e si è creata qualche inevitabile confusione che si genera quando è difficile individuare le priorità tra esigenze compresenti e non sempre convergenti.

I top player di oggi, con Federer e Nadal nel Player’s Council, vogliono entrare direttamente nella gestione dello sport. E sono sempre i top player di ieri e di oggi che chiedono di giocare di meno, di ridurre i tornei obbligatori, e lo chiederanno sempre. Perché, in fondo, sono loro a creare l’evento, a creare il business. Ljubicic lo spiega con chiarezza: “Deve essere il Tour dei vincenti, non quello dei perdenti. Non puoi alzare il prize money di un primo turno a 30 mila dollari, non è così che dovrebbe andare. Chi vince, guadagna. C’è chi si lamenta, ok, ma andasse là fuori ad allenarsi e migliorare per vincere quei soldi. Sull’assegno non c’è scritto “per Roger Federer”, c’è scritto “per il vincitore”.

Potete pensare o meno che siamo ingordi, ma i fatti sono quelli che sono” prosegue Ljubo. “Per me, il tennis è dopo il calcio lo sport più globale del mondo. Gli Slam registrano introiti incredibili, e semplicemente non è giusto che ci venga riconosciuto solo l’11%”.

Ljubicic ha raccontato anche della recente riunione in cui Rafa ha mostrato la sua vis polemica. “Stava dicendo che i giocatori sono uniti, sono pronti, che vogliono ottenere quello che meritano. Ed è quello che pensavano più o meno tutti, non solo lui. Rafa aveva il microfono in quel momenti, ma erano in tanti a parlare”.

L’ipotesi di sciopero, però, appare una prospettiva decisamente lontana. “Non esiste questa possibilità. Prima i giocatori, soprattutto i top, che hanno il potere, devono sedersi attorno a un tavolo, dire qual è la loro richiesta e come strutturarla. So cos’è una guerra, ci sono passato. E ho imparato che parlare è sempre meglio che combattere”.

Anche se questa rimane la battaglia dei top player, la battaglia di chi ha già e vuole avere di più. Di chi, in principio, ha ragione a chiedere una fetta più grossa dei proventi perché sa che senza di lui questi proventi non ci sarebbero. Ma di chi farebbe anche bene a considerare che la sperequazione dei guadagni tra i grandi tornei e gli altri, tra i grandi giocatori e gli altri, se portata oltre un certo limite non è più il naturale frutto degli ineliminabili incentivi alla vittoria e diventa un danno per l’intero movimento, top player compresi.

E infine i top player nel Player’s Council sono lì per rappresentare chi? Se stessi, i primi 50 del mondo, i primi 100 del mondo? Se questa è la strada, la divisione delle competenze potrebbe anche essere più netta: ATP a gestire Slam e circuito maggiore, ITF a occuparsi di tornei minori e giovanili.

Se però i giocatori di vertice rappresentano anche quegli artigiani della racchetta che girano il mondo nel circuito Challenger o nei Futures, che magari vorrebbero giocare di più per guadagnare quanto basta per pagarsi il coach o le trasferte dell’anno successivo, allora il discorso cambia. Perché è anche a loro che bisogna guardare, se davvero si vuole creare una struttura sindacale per poter trattare con i tornei per alzare i prize money o riformare il movimento.

E la battaglia non può essere più finalizzata solo ad “aumentare il prize money di Wimbledon del 10% in cinque anni”, per citare l’esempio di Ljubicic. Ma deve coinvolgere anche un ripensamento nella distribuzione complessiva delle risorse tra le varie categorie di tornei. Perché se la base è fragile, anche il vertice è destinato a cadere.

Alessandro Mastroluca

comments powered by Disqus
Partnership

 

Quote del giorno

"Giocare sull'Hisense Arena non sarebbe stato un problema. A Wimbledon e a Parigi ho giocato spesso nel secondo stadio, è qui e a New York che vado sempre in quello principale. Ma con me, Rafa e Tomic nella stessa parte di tabellone, è normale giocare anche all'Hisense"

Roger Federer

Ultimi commenti
Blog: Servizi vincenti
Ubi TV

Le tenniste e la fine del mondo

Virtual Tour / Fanta Tennis virtual tour logo 2

Il fanta gioco di Ubitennis

La vittoria di Francesca Schiavone a Parigi 2010

Copertine di magazine e giornali