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22/01/2012 14:06 CEST - Rassegna nazionale

Errani, salto tra le grandi (Crivelli). Errani può stupire ancora (Clerici). Sorellina Errani (Semeraro). Errani simbolo dell’Italia che torna (Azzolini). Sono i vecchi più giovani a dare ancora spettacolo (Giua)

22-1-2012

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Errani, salto tra le grandi: “Grinta e applicazione” (Riccardo Crivelli, Gazzetta dello Sport 22-1-2012)

E' la volontà che fa l'uomo grande o piccolo. Saretta Errani sarà carente in altezza e non avrà i muscoli delle valchirie che stanno lassù, però ci mette intelligenza, gambe e un'aggressività fin qui sconosciuta. Qualcosa è cambiato: da giocatrice di puro contrasto, abilissima in difesa, si sta trasformando in una piccola tigre che prova a imporre il ritmo, resistente anche agli scambi più lunghi. Così sorvola pure la Cirstea, giustiziera della Stosur, e per la prima volta in carriera approda agli ottavi di uno Slam: «Sono contenta perché questi risultati sono il frutto dell'allenamento e sono felice perché ho dimostrato di essere una giocatrice viva». Eccome, se lo è: la ragioniera perde il primo parziale contro la numero 58 nonostante nel tiebreak vada 5-3 e poi si issa al 6-5 del set point. Invece di smottare, riparte: «Era fondamentale non lasciarle altro spazio, se lei avesse allungato anche nel secondo si sarebbe fatta difficile». Game dopo game, con cambi di direzione e smorzate che disinnescano la potenza della romena, è 6-0 in 28 minuti.

La bella Sorana sbuffa e chiede un massaggio alla schiena: «Non so se stesse davvero male - commenterà l'azzurra - comunque in campo tirava sassate». Ma contro la ragnatela di Sara non ci sono contromisure: altri 4 giochi consecutivi per il 4-0 del terzo che in pratica chiude il sipario. Numero uno Avanti un'altra, cioè la cinese Zheng, trottolino in gran forma che troverà stanotte: «E' rapida, si muove benissimo, però almeno fisicamente non sarò sotto in partenza». Un ottavo contro la 38 del mondo (però è stata anche 15, l'azzurra è 48) sembra l'occasione della vita, con il brivido nuovo di scoprire come sarà: «Non sono mai arrivata al lunedì - sorride Sara - perciò la mia routine cambierà. Adesso penso soltanto a riposare».

All'ombra delle regine d'Italia Schiavone e Pennetta, il piccolo fiore sta sbocciando: «Forse i loro grandi successi hanno reso meno importante qualche mia vittoria - dice senza astio - ma io ho sempre pensato a me stessa e non ho mai corso il rischio di nascondermi dietro le loro luci». Intanto, qui e ora, è lei la nostra prima della classe: «Fa piacere, però sono abituata a pensare agli obiettivi solo attraverso il lavoro. Sono consapevole di non avere un talento da numero uno e non so dove arriverò in classifica o quanti tornei vincerò: per questo non smetto mai di allenarmi duramente (…)

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Errani è agli ottavi e può stupire ancora (Gianni Clerici, Repubblica 22-1-2012)

Nell'attesa di un Primo Ministro femmina, o quantomeno bisex, che risollevi le sorti non soltanto sportive, ci affidiamo, almeno nel nostro giochino, alle ragazze. Sfortunata la Schiavone in giornata nera, infortunata la Pennetta, ecco uscire dalle retrovie la Sara Errani, in tutto figlia di una regione positiva e sorridente— opinione personale — quale l'Emilia. L'avevo scoperta proprio qui a Melbourne, Sara, due anni addietro, e per un attimo, sentendola al telefono con suo fratello David, ipotizzavo fosse in parte una corazziale, ebrea come mia nonna. Non voglio essere bassamente spiritoso ricordando che il ben noto senso del risparmio aiuta noi semi-ebrei a sbagliare meno, nelle nostre varie attività, e quindi nel tennis e, speriamo, nel giornalismo. Ci eravamo incontrati, con Sara, nell' ambulatorio del Dottor Parra, l'inventore del ben noto laser Parracelso, e, mentre io mi lagnavo per le lombari insidiate dalle seggiole della sala stampa, Sara non aveva mai abbandonato il suo bel soni-so, nonostante lo svitamento di un paio di vertebre. «Ha il coraggio di una leonessa» aveva affermato il celebre medico. Poiché, disinformato come sono spesso, non la conoscevo, mi aveva offerto una sintesi della sua scheda anagrafica.

Nata nella regione dalla quale, insieme alle capitali Roma e Milano, sono usciti la più parte dei nostri campioni, l'Emilia, e più precisamente Massa Lombarda, non lontana quindi da quella gran tennista priva di battuta (non ha voluto gliela insegnassi) di Raffi Reggi, Sara si era spinta, sulle sue tracce, sino all'Accademia Bollettieri, per immergersi in quelle abitudini di severa collettività. Senza dimenticare la scuola, in cui, al contrario dei suoi colleghi semianalfabeti, ha conseguito il diploma di geometra, Sara avrebbe completato i suoi studi tennistici all'Accademia Val, a Valencia, una colonia di ottimi giocatori, soprattutto dell'Est. Di lì, avrebbe avuto inizio l'attuale carriera, che l'avrebbe via via portata sino a un più che dignitoso numero 31, due anni addietro, e all'attuale 48, in via di miglioramento. Simile onorevole classifica potrebbe nuovamente migliorare dopo la vittoria di ieri contro la bella rumena Cirstea, i cui lunghi capelli e il retro sottostante non avevo mancato di lodare nel corso del successo sulla Stosur.

Proprio la stessa parte dorsale, fonte di ammirazione e successo mediatico, ha oggi tradito la romena mentre la partita faticava a scostarsi da un instabile equilibrio, che aveva visto Sara, più volte in vantaggio, smarrire alfine sfortunatamente il primo set per 8-6, dopo aver mancato un set point sul 6 a 5. Ma, dall'inizio del secondo in poi, la bella Cirstea sembrava divenire imprecisa, e anche dolorante, affidata più volte alle mani, che avrei tanto volentieri sostituite, della fisio Melanie Omizzolo. La vicenda, nello scoraggiare la romena, non faceva, per contro, che incoraggiare le nostra ragazza, più aggressiva e lucida che all'avvio. Abbiamo così raggiunto, grazie a una donna, il lunedì della seconda settimana, che resta per ora il miraggio di un tennis che deve gratitudine e ammirazione solo al passato sesso debole (…)

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Sorellina Errani, al tennis italiano resta il peso piuma (Stefano Semeraro, La Stampa 22-1-2012)

D’Artagnan era il quarto moschettiere, il più giovane ma il più sfacciato, il cadetto di Guascogna. Sara Errani è la più giovane delle moschettiere made in Italy, viene da una terra dove raramente te la mandano a dire, la Romagna, ma nei suoi affondi non c’è un filo di arroganza. «Sono una ragazza umile, se volete farmi contenta dite che sono buona, una che non si monta la testa. E poi perché dovrei? Mica sono entrata nelle top-10 come la Schiavone e la Pennetta, non ho fatto nulla». Qualcosa invece lo ha fatto, Saretta.

Per la prima volta in carriera, alla quinta occasione, è approdata agli ottavi di un Grande Slam, battendo la bambolina romena Sorana Cirstea (6-7 6-0 6-2) e trasportando con il suo corpicino guerriero da formica atomica (1,64 per 60 chili) l’Italia del tennis nella seconda settimana degli Australian Open. L’unica superstite di una campagna disastrosa, nella quale le altre tre fiorettiste, la Penna, la Schiavo e la Vinci, si sono fatte trafiggere in fretta e che fra i maschietti si è campato (poco) solo sulle gesta di un altro peso piuma, Flavio Cipolla.

La Cirstea è un graziosissimo clone della sfolgorante Ivanovic, indossa lo stesso abitino e ha le stesse abitudini tattiche della serba, contundenti ma non sempre assennate. La formichina Sara, dopo averle lasciato il primo set, complice una distrazione al tie-break, ha approfittato dei dolori della cicala romena. Per ben tre volte Sorana – un quarto di finale a Parigi - si è fatta massaggiare dalla fisioterapista della Wta, ma negli ultimi due set, non ha trovato di meglio che opporre botte indiscriminate e poco precise alla grinta romagnola.

A 24 anni Sara invece pare approdata alla piena maturità. Il servizio resta il punto debole, ma ora, grazie anche ad un cambio di racchetta, il suo forcing da fondocampo è salito di intensità. Frulla come un insettino, non molla mai, sa pungere con la smorzata e contro la Cirstea ha messo sul piatto anche apprezzabili tocchi a rete. Tennisticamente Sara è un prodotto composito, prevalentemente di gusto spagnolo. Nata a Bologna ma cresciuta a Massa Lombarda («provincia di Ravenna, mi raccomando») a 13 anni papà Giorgio, grossista di frutta e verdura le aveva già finanziato un primo stage in America. A 17 si è spostata in Spagna, all’accademia Tennis Val di Valencia, affidandosi alle cure di Pablo Lozano. «Staccarmi dalla famiglia mi è pesato – ammette – ma ho anche trovato una struttura molto professionale, come in Italia non ce ne sono ancora».

Lozano, che non la molla un attimo, è diventato un parente aggiunto, Sara ha fatto anche da madrina al battesimo della figlia e con lui ha avuto la chance di allenarsi accanto a stracampioni come Safin e sorella, Ferrer, Andreev. Altro che Tirrenia. È n. 48 del mondo – ma è stata anche 31, ha vinto due titoli, a Palermo e Portorose, guadagnato già un milione e mezzo di dollari. «I successi di Flavia e Francesca per ora sono un’altra cosa rispetto ai miei», dice. «Ma io ho sempre pensato a migliorare me stessa, più che a imitare le altre». Touchè. Agli ottavi le tocca la cinese Jie Zheng, che ha stroncato la Vinci ma è la migliore fra le avversarie possibili a questo punto. Fuori la sciabola, Sara.

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La Errani è simbolo dell’Italia che torna (Daniele Azzolini, Tuttosport 22-1-2012)

A suo modo Sara Errani dà corpo a una nostra legittima speranza, quella che il mondo del tennis, prima o poi, a restituisca qualcosa di quanto, negli anni, ha trafugato dalle nostre povere casse. E potete starne certi se vi diciamo che non è poco. Lei è spagnola, si sa. Per tennis, e per mentalità. Basta sentirla gridare vamos, per fugare qualsiasi dubbio. Noi alla Spagna abbiamo dato Ferrero, che aveva i bisnonni di Cuneo. Fu numero uno in un momento di bassa, quando Roddick non era ancora pronto, Federer troppo giovane, Hewitt già sfumato e Nadal ancora un pulcino. Oggi la Spagna ci restituisce Sarrita che sono sette anni cge vive da loro, a Valencia. L'hanno fatta diventare tennista, e da noi ci avevano creduto in pochi. Ha messo su colpi e muscoli, e forse è davvero pronta a recitare qualche parte da protagonista, o a salire fra le venti più forti, un augurio dettato dall'amica del cuore, Roberta Vinci, che questi Open hanno reso plausibile con tre vittorie di valore e il primo ingresso negli ottavi. Attendiamo a mani tese altre restituzioni. All'Argentina abbiamo dato Gabriela Sabatini, agli Stati Uniti Jennifer Capriati, Derrick Rostagno, e continuiamo a dare, se è vero che le future new entry si chiamano Beatrice Capra e Bjorn Fratangelo. All'Australia consegnammo Philippoussis che ha mamma triestina e tre nonni su quattro italiani. La Francia ci deve un Santoro di bisavoli napoletani. Che dire? Ringraziamo per Sarrita, ma ci sentiamo ancora in credito. Lei, la romagnola Errani, è insieme la prima e l'ultima ad agganciare il carro dell’Italia in rosa, che vince a Parigi e trionfa tre volte in Fed Cup.

Dopo di lei, più niente. Ma finalmente prima, in questo Slam che ha messo le altre alla porta, sin troppo celermente. Lei davanti a tutte, alla Schiavone e alla Pennetta, alla stessa Vinci. Per una volta titolare, mentre le altre stanno in panca, o forse già comodamente sedute in una business di ritorno in Italia. Oggi, in questi Open, Sara è l'Italia del tennis. E forse ha un messaggio da mandare a chi apprezza le sue doti di resistenza e di abnegazione. Glielo chiediamo. Anzi, le chiediamo di suggerirci le parole con cui le piacerebbe essere presentata a chi la conosce per sentito dire. Eccole: «Sono una che lotta. Lo faccio sempre, per ogni cosa. Nel tennis, in campo, arche nella vita se è vero che affrontare da sola, giovane com'ero, un'altra città in un'altra nazione, non è stato per niente facile. Lotto e vado avanti. Magari di quel tanto, mai a grandi passi. Comunque avanti. Le mie sfide le tengo per me. Non mi vedo numero uno, o due, e nemmeno dieci o venti. Ma se sono numero 31, voglio diventare numero 30,e poi numero 29. Riflettori? Non li cerco, ma se me li puntate addosso vuol dire che me li sono meritati.

Ha battuto Sorana Cirstea, rumena, una che nel calendario delle bellezze con la racchetta ci è finita già più di una volta. Una combattente, anche lei, la Sorana, ma non quanto sarebbe servito contro Sarrita. Le ha sfilato il primo set al tie break, ed è stato un peccato, perché le Errani una chance per chiuderlo l'aveva avuta. Poi ha accusato un problema alla schiena, ma Sara si stava già staccando. In campo non dava l'impressione di stare male, colpiva tutto e si muoveva bene», riflette la nostra, incuriosita che qualcuno le chieda se la vittoria sia giunta per i guasti dell'avversaria. La verità è due dal secondo set Sarrita ha aumentato il ritmo dei colpi, li ha resi più profondi e pesanti, giudiziosi nelle angolazioni, e la bella rumena non è riuscita più a condurre il gioco (…)

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Sono i vecchi più giovani a dare ancora spettacolo (Claudio Giua, repubblica.it 22-1-2012)

Tutti a dire: bisogna dare spazio ai giovani, i vecchi è bene si rassegnino ad andare a casa, ché dovrebbero ringraziare d'essere stati protagonisti tanto a lungo. Succede nelle aziende, succede talvolta persino nel tennis, dove si diventa automaticamente obsoleti appena si compiono trent'anni o - soprattutto per le donne - se si ha un figlio da crescere. Invece i "vecchi" non hanno alcuna voglia di farsi da parte e, finché restano i migliori, non si capisce perché dovrebbero farlo. Come Roger Federer, 30 anni e due figlie gemelle, Myla Rose e Charlene Riva, due anni e mezzo. E come Kim Cljisters, che quest'anno ne compie 29, e ha una figlia, Jada Elly, di quasi quattro anni.

Federer ha giocato oggi il match clou degli ottavi di finale degli Open d'Australia contro il giovane idolo locale, Bernard Tomic, 19 anni compiuti in ottobre, 38 nel ranking ATP, che ha davanti a sé una carriera senz'altro brillante: "E' migliorato tantissimo negli ultimi mesi, non dico che sarà il prossimo Pete Sampras ma farà sicuramente bene", ha detto di lui il numero 3 al mondo al termine dell'incontro serale nella Rod Laver Arena. Generoso. Il risultato, 6-4 6-2 6-2, rappresenta fedelmente quanto s'è visto in campo. Nemmeno per un game Tomic ha dato la sensazione di poter trovare il modo di mettere in difficoltà lo svizzero, che invece ha mostrato eccezionale sicurezza di gioco come negli ultimi tornei del 2011, Masters Finals londinesi comprese.

Tutta un'altra storia la partita tra Kim Cljisters e la cinese Na Li, già finaliste a Melbourne un anno fa con vittoria della belga. Per la quale stavolta le cose sono sembrate mettersi male sul 3 pari nel primo set quando si fa male alla caviglia (una distorsione) ed è costretta a chiedere l'intervento medico. Il suo rendimento ha un drastico calo, Na Li chiude sul 6-4. Secondo set equilibrato, tie break inevitabile che la cinese - trent'anni tra un mese, numero 6 al mondo - domina fino ad avere quattro match ball: niente da fare, la ex numero 1 (non per caso, vien da dire) recupera e passa. Terzo set drammatico, con la belga che prende il largo, la cinese che si rifà sotto ma non basta: finisce 6-4 per Kim, con le centinaia di cinesi sugli spalti che si disperano.

Federer e Cljisters sono prim'attori sul palcoscenico del Grande Tennis da oltre dieci anni, così come le Williams, Hewitt, Roddick. È un piacere vederli lottare in campo e, spesso, prevalere su avversari più giovani e, si presume, affamati di gloria e premi. Accadeva così con Andre Agassi, che nel 2003 a quasi 33 anni conquistò il suo ottavo e ultimo Slam proprio agli Australian Open e nel 2005 a 35 compiuti arrivò in finale agli US Open perdendo solo per mano di Roger Federer.

A proposito di ragazzi un po' meno ragazzi degli altri, al primo turno del torneo agli Open australiani che non vedrete e di cui nessuno vi dirà nulla, la più simpatica coppia italiana ha eliminato la più forte coppia del mondo, ovviamente testa di serie numero 1 e superfavorita nel doppio misto: Roberta Vinci e Daniele Bracciali hanno inflitto alla ceca Kveta Peschke (36 anni) e all'americano Mike Bryan (vicino ai 34 anni) un 3-6 6-2 11-9 che dà l'idea di quanto il match sia stato combattuto. La tarantina, 29 anni tra meno di un mese, e l'aretino, 34 anni appena compiuti, meritano d'essere seguiti con affetto perché amano il tennis. Come tutti i tennisti che restano giovani a prescindere dall'età.

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