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23/01/2012 18:36 CEST - Australian Open

Le mille fatiche di Roger Federer

TENNIS - Quella che martedì lo vedrà opposto a Del Potro sarà la millesima partita di Federer in carriera, arrivato a 30 anni a questo storico risultato. Prescindendo un po' dai numeri, ripercorriamo il percorso di una gloriosa cavalcata, fino a questa vittoria contro Tomic, analizzando le più importanti vittorie e sconfitte di quello che viene considerato uno dei più grandi giocatori di tutti i tempi. Rossana Capobianco

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 Quando Bernard Tomic ha iniziato a scuotere la testa, nella prima serata australiana, dopo l'ennesimo colpo vincente del suo avversario, si è compreso che difficilmente Federer avrebbe rimandato l'appuntamento con quella che sarà la millesima partita della carriera, martedì contro Juan Martin Del Potro, nel suo trentunesimo quarto di finale consecutivo in un torneo dello Slam.

Mille, da quando è professionista. Dal 1998. Da quando dopo aver vinto Wimbledon juniores, accettò la Wild Card nel torneo di casa di Gstaad, rimpiangendo un po' di non aver potuto partecipare alla "Cena dei Campioni" alla quale era stato invitato ai Championships. Già da allora nutriva pura venerazione per Wimbledon.

Fu una sconfitta, la prima di Roger. Contro Arnold, argentino di bassa classifica, allora intorno all'ottantesima posizione, che però era grande abbastanza per rifirargli un doppio 6-4. Da lì alla completa esplosione Federer avrebbe dovuto aspettare degli anni, maturando molto più tardi di quanto chiunque si aspettasse, soprattutto lui stesso. Anche la seconda fu una sconfitta, ma con un avversario decisamente più illustre, quell'Andre Agassi che già allora spese parole di elogio per il ragazzino di Basilea, proprio a Basilea, nel primo turno del torneo di casa dello svizzero.

Quell'anno vinse anche Orange Bowl battendo Coria in finale: capelli colorati biondi da vero tamarro crucco, brufoli in faccia e nasone in evidenza. Ma troppo talento in quel braccio destro.

La prima vittoria nel circuito dello svizzero arriva a Rotterdam contro Guillaume Raoux, francese, al tie-break del terzo set (6-7 7-5 7-6), in rimonta. Quell'anno, il 1999, avrebbe segnato il suo esordio in Davis, contro l'Italia capitanata da Paolo Bertolucci e la Svizzera da Claudio Mezzadri. Roger vinse in 4 set contro Sanguinetti, mostrando subito di che pasta era fatto; in Italia, come tutti sanno, anche la prima vittoria in un torneo. A Milano, in finale contro Boutter, ma solo due anni più tardi. Partita che diventa storica tra queste 999, perché segna l'inizio di un cammino poi diventato glorioso, ma che allora pareva più che tentennante. "Mi sono detto che finalmente ce l'avevo fatta, finalmente ero arrivato. E' stato un sollievo, ero stanco di venir considerato, anche da me stesso, il talento che però non riesce ad esplodere".

Quello è anche l'anno di quella che rimane forse tutt'ora la partita più importante di Federer, che segna in qualche modo il passaggio di consegne tra lui e Sampras. Roger arriverà in ritardo ai livelli che gli competono, a dominare come Pete, ma quei bellissimi cinque set sul Centre Court sono bellezza e storia. Chiude con una bellissima risposta di dritto uno dei match più belli e importanti che SW19 abbia mai visto. Gettandosi a terra, coprendosi il volto. Piangendo, come sempre. Con una collanina probabilmente acquistata in spiaggia, il corpo smilzo e non ancora adatto al tennis che verrà.

E' lì però che quasi tutti gli addetti ai lavori si dicono sicuri di aver trovato il nuovo Re.
Passeranno Amburgo e diverse posizioni ranking, racchette spaccate e delusioni, aspettative e dolore. Quello per la morte del suo coach storico, Peter Carter, colui che ci aveva visto lungo prima di tutti. Colui che si beccò tutti gli isterismi di un ragazzino infelice di non trovare la perfezione alla quale aspirava. Colui che si fece da parte quando Lundgren poteva dare di più al giovane Federer. Che andò a fare un viaggio in Sudafrica, l'"altra" terra di Roger, per festeggiare la guarigione della moglie da una brutta malattia. E trovò la morte in un incidente. "Per Roger fu uno shock incredibile, non aveva ancora sperimentato niente del genere", ebbe a dire Lynette qualche anno dopo.

Un dolore che gli fece dimenticare, in seguito, le assurde lamentele per i propri errori sul campo e la frustrazione che ne derivava. Che spinse Roger a comprendere di doversi dare una sveglia e di andare a prendersi quello che aveva sempre sognato.

Non passò molto fino ad un'altra delle partite chiave, la semifinale di Wimbledon 2003 contro Roddick. Ancora Centre Court, un avversario allora più in ascesa di lui, favorito in quel match, più accreditato a vincere quel torneo. Federer demolì Roddick, avvertendo l'avversario di quello che sarebbe stato il futuro da lì a poco. Il match contro Philippoussis, giocato ai limiti della perfezione da entrambi, lo consegnò alla gloria.

Ma c'è un'altra partita, che pochi considerano, che ha definitivamente consegnato Roger al tennis; che lo ha reso giocatore e campione. Ed è la vittoria contro Andre Agassi nel round robin di Houston, salvando match point ed andandosi a prendere la vittoria. Prima di scendere in campo, Federer subì un "avvertimento" verbale litigando con un tizio, tifoso di Agassi e con un interesse acquisito nel torneo, e la cosa lo scosse parecchio. Ma trovò la forza, e da lì l'importanza, di vincere lottando e salvandosi. Cosa che Federer, fino ad allora, aveva fatto poco e niente.

La vittoria in finale a Melbourne contro Safin nel 2004 è un'altra partita storica, perché lo fa arrivare lassù, dove sarebbe poi rimasto per 237 settimane consecutive. Quel numero 1 che è rimasto tale per 4 anni. In questi anni di dominio, una sconfitta che avrebbe (forse) potuto cambiare la storia di una rivalità: la sconfitta contro un Nadal ancora molto giovane ma già campione, a Roma. Con due match point. Giocati col braccino.

Nel 2008 sono tre i match che diventano storici e significativi, per diversi motivi. Due sono sconfitte. La prima nell'epica finale di Wimbledon (sì, accade tutto sempre a Wimbledon) contro Nadal, in una partita che segna in qualche modo la fine del vero dominio federeriano nel circuito. Roger finisce nell'oscurità della notte londinese, sbagliando l'ultimo dritto incrociato, dopo aver tentato la rimonta e quasi esserci riuscito. Abbracciato al proprio cardigan, molti raccontano di uno shock che durò giorni. E forse anche mesi.

Dopo aver perso contro Simon a Toronto, un mese dopo, a Cincinnati si arrende a Ivo Karlovic in tre set, partita che segna la caduta dalla vetta, mandandolo a Pechino deluso e stanco.

Ma a New York, ancora un mese più tardi, gioca un match che gli fa capire di amare ancora questo sport e di sapere essere ancora "cazzuto". E' una vittoria, e non è quella in finale.
Contro Igor Andreev agli ottavi
soffre in maniera esagerata ma vince lottando e recuperando fiducia e grinta, al quinto set. Trionferà in finale su Andy Murrya, aggiudicandosi il tredicesimo Slam; a un passo dal record di Sampras.

C'era ancora un posto che Roger però non aveva reso storico e decisivo: Parigi. Una città che lo ama e lo coccola. Una città nella quale però ha visto parecchie delusioni, tutte targate Rafa Nadal. Ma quando Robin Soderling compie una delle imprese più incredibili dell'ultimo decennio, battendo lo spagnolo agli ottavi, Roger deve giocare una delle partite più difficili della propria carriera.

Non solo per l'avversario, uno splendido Tommy Haas troppo sfortunato in carriera; ma anche e soprattutto per la pressione che dal giorno prima, dalla sconfitta del re del Roland Garros, ha sulle spalle. Partita vinta in rimonta, passata da un dritto all'uscita del servizio che ogni volta che lo rivedi pare che vada fuori, sempre. E invece beccò la linea, e la leggenda di Federer seguì quella palla, andandosi a prendere Career Slam ed eguagliando il record di Pete, qualche giorno dopo, proprio contro Robin Soderling.

Dal match, altrettanto importante, in finale contro Roddick a Wimbledon che gli regala il numero quindici, Roger non si sazia, ma si rilassa. Inizia un'altra fase della propria carriera, fatta di priorità da scegliere, di lampi, di vittorie meno frequenti. Ma sempre e solo di grande tennis.

La novecentonovantanovesima partita di Federer è una vittoria contro Bernard Tomic, futuro del tennis. Ed è una lezione all'australiano, uno di quei match in cui Roger vuole dimostrare di non avere ancora intenzione di rinunciare a vincere.

La millesima sarà forse la più difficile in questo inizio 2012: Juan Martin Del Potro è tornato, e Federer sa che non ha paura di fargli male.

Ma in questa millesima volta c'è tutta l'esperienza di un fenomeno divenuto campione che ha ancora l'orgoglio di giocare l'ennesimo quarto di finale Slam consecutivo della propria carriera e che non si fermerà certo dopo martedì, comunque vada.

Un po' di numeri

Match: 813-186 (0,814)
Set: 1.999-639 (0,758)
Game: 15.087-10.843 (0,582)
Ace: 7258
Media ace per match: 7.3

Esordio: Gstaad 1998, Arnold b. Federer 64 64
Partite per arrivare top-100: 24 (8-16). Entra in top100 il 20 settembre 1999 (n.95)
Prima finale: Marsiglia 2000 (l. to Rosset)
Primo titolo: Milano 2001 (w. Boutter)
Titolo: 70, including 16 grand slams.

Prize-money delle prime 999 partite: 60,999,408 dollari
Media guadagno a partita: 61,060 dollari.
 

Rossana Capobianco

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