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24/01/2012 13:25 CEST - Rassegna nazionale

Saretta gigante di volontà (Crivelli). Vola Errani, hai la Kvitova (Azzolini). C’è ancora luce nel tennis azzurro (Clerici). Errani tra le magnifiche otto (Semeraro). Burraco, passatelli e sogni (Piccardi). Super Sara è già nella storia (Giorni)

24-1-2012

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Gigante di volontà, Saretta è nei quarti (Riccardo Crivelli, Gazzetta dello Sport 24-1-2012)

Tattica, intelligenza, fisico, volontà. Perché stupirsi, dunque, se la Errani si divora la Zheng e plana sui quarti degli Australian Open, terza italiana dopo la Serra Zanetti (2002) e la Schiavone (l'anno scorso)? Eppure il suo volo racchiude qualcosa di magico, un'ebbrezza che Robertina Vinci, con cui giocherà (e vincerà) in doppio due ore dopo, commenta così sulla pagina Facebook di Sara: «Ma adesso che sei arrivata fin lì, resti ancora mia amica?». Tattica perfetta E' tutto così piacevolmente strano, da quella nuvoletta: «Che dire, per me sono sensazioni nuove. Avevo il viaggio di ritorno prenotato per sabato scorso, sto facendo impazzire l'agenzia...». Fosse solo quello: i tifosi cinesi, che quest'anno sono aumentati del 40% a Melbourne sotto la spinta di Li Na, restano ammutoliti di fronte alla belvetta di Massa Lombarda che applica con feroce determinazione il piano di battaglia.

«La Zheng è rapida e tira forte se le metti colpi tesi— spiegherà la Errani — e dunque dovevo essere aggressiva già con la risposta, dettare il ritmo e farla spostare con palle alte e senza peso». Irretita e travolta, la cinese perde la bussola, concede sei servizi su sette e s'arrende in un'ora e 27' prendendosi solo tre game, ubriacata dalla tattica perfetta più che dai 40 in campo. «Complimenti — dirà —, ha letto la partita e i miei difetti in modo ideale». Adesso che ha scritto una pagina di storia, quantomeno personale, Sara ci vuol rimanere dentro fin che pub: «Mi hanno dato la sala stampa grande, che avevo visto solo in tv e adesso giocherò alla Rod Laver Arena, in cui sono stata solo da spettatrice. Certo, tutto è nuovo per me, ma resto una ragazza semplice, consapevole che conta l'allenamento, il sacrificio e non certo il contesto». Con questo spirito, sarà più facile affrontare domani la ceca Kvitova, numero due del mondo, regina di Wimbledon e probabilmente vera favorita del torneo. «Una partita è una partita — sorride Sara — anche se Petra è fortissima. Dovrò essere più aggressiva di lei per non farmi "mangiare", ma non posso diventare Sampras tutto d'un colpo».

Perfino coach Pablo Lozano non si arrende all'idea di una sconfitta annunciata. «E perché mai? Ci proveremo, pur consapevoli della forza della Kvitova. Certo non entrerà in campo per stare a guardare, ha una forza di volontà eccezionale, è maturata anche attraverso momenti difficili. L'anno scorso — racconta l'allenatore spagnolo — ha perso troppe partite per pochi punti, poteva crollare e invece si è messa a lavorare ancor più duramente. Ed è riemersa (…)

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Vola Errani, hai la Kvitova (Daniele Azzolini, Tuttosport 24-1-2012)

Se c'è una cosa che non si aspettano, i cinesi, è di essere battuti con tattiche cinesi. I grandi condottieri mongoli che molto insegnarono al popolo dei Chin, tanto per farla lunga, erano abili nell'attrarre l'avversario fin quasi a concedergli la soddisfazione di ritenersi incuneato nel fronte. Lì lo attaccavano sui lati e lo avvolgevano stringendolo. Né più né meno di una pianta carnivora che si chiude su un insetto che troppo abbia osato. Difficile credere che Sara Errani sia esperta di simili macchinazioni, o al corrente delle arti guerresche di Kublai Khan e dell’orlok Tsubodai, ma qualcosa di molto simile ha organizzato per battere Jie Zheng, e siccome in terzo turno aveva utilizzato altre armi per sistemare la rumena Cirstea, e qualcosa ci dice che altra ancora sarà la condotta per opporsi alla feroce, straripante, potentissima Petra Kvitova, ciò significa che nel giorno della festa per il primo "quarto" raggiunto nello Slam, Sarita ha meritato anche un Masters di Sagacia Tattica. Così, ai due estremi del tennis femminile, per una volta troviamo Sara Errani e Serena Williams. La prima impegnata nella scalata più ardita, l'altra in caduta libera, una frana inesorabile e a suo modo spettacolare, per il sussultante tramestio di controfiletti e costolette, bistecche e cimalini che il tonfo ha provocato, nel fisico di nuovo florido della sister trafelata.

TATTICA CINESE Sara non è mai stata così in alto, e i meriti vanno oltre le vittorie. Ha aspettato che Jie Zheng, errore dopo errore, le sfilasse esangue sotto il naso. E dite, esiste tattica più cinese di questa? Errori, peraltro, provocati dal buon tennis dell'italiana, che molto ha imparato nei suoi sette anni spagnoli, là a Valencia. Colpi lunghi, sempre in spinta, quasi d'attacco, alternati a rimbalzi alti, a una strenua resistenza negli scambi più duri, e alle angolazioni improvvise. Jie sui rimbalzoni non si trova bene, disperde il ritmo e le forze. Non solo, gli angoli improvvisi di Sara, molto incisivi e veloci, la lasciavano senza fiato. Ha lottato, certo, talvolta bloccando il punteggio sul "deuce" in un'infinità di scambi e di occasioni, per poi trovarsi inevitabilmente con Sarrita sulle spalle, incapace di scrollarsela di dosso. Quattro a zero nel primo, e tre a uno nel secondo set, tanto per dire.

CHE FASTIDIO - Il mio tennis le dà fastidio, lo sapevo. Ma il vero piacere è stato accorgermi che facevo bene tutto ciò che mi ero proposta di fare. Spingevo e reagivo. Il gran caldo non aiuta, ma ho sempre trovato i giusti appoggi nella corsa. Insomma, sono nei quarti e penso di essermeli meritati. Con la Kvitova lo scenario cambia. Pallate e servizi assassini, la ceka è così. "Ci siamo allenate qualche volta assieme, ha un tennis di grande impatto. Ovviamente è la favorita. Ma a me piace il ruolo di chi vuole fare lo sgambetto”. Giornata perfetta, quella di Sara. Poco dopo aver battuto Jie Zheng, è tornata in campo per il doppio, fianco alla Vinci. Quarti di finale anche lì, grazie alla vittoria su una coppia niente male, composta dalla Hantuchova e dalla Radwanska. Il conto finale è da lustrarsi gli occhi. In quattro ore Sarrita ha disposto di Jie, di Daniela e di Agnieszka. Non sappiamo quante siano riuscite in una simile impresa. Poche di sicuro.

UN MACIGNO Pesante, immobile e incapace di una qualsiasi parvenza di scatto, Serena Williams si è consegnata alla russa Makarova. Non c'entra il tennis, ovviamente. C'entra la forma fisica, che non c'è. Anni addietro il colpo le era riuscito, arrivare a Melbourne all'ultimo e trascinare i coscioni fino sul podio. Quest'anno aveva fatto le cose con più attenzione, ma una distorsione alla caviglia, rimediata ad Auckland, l'ha consegnata allo Slam senza preparazione specifica (…)

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C’è ancora luce nel tennis azzurro (Gianni Clerici, Repubblica 24-1-2012)

“She said hello when it was time to say goodbye". Questa frase assurta a proverbio, forse pronunciata da Damon Runyon, ingiustamente ignorato nella nostra provincia, sarebbe andata a pennello per Serenona, che oggi, passandomi a fianco nel lasciare scorata lo stadio, aveva mormorato un saluto. "Aveva detto ciao quando era ora di dire addio", come infiniti eroi al tramonto dipinti dal maggiore columnist sportivo mai esistito, almeno secondo Scott Fitzgerald. Se ne andava, Serena, tristemente aggrottata e pesante, sino ad apparirmi, poveraccia, una sorta di pugile ko. Glielo aveva inflitto, il ko, una delle solite russe, una che viene spesso derisa perché il suo nome, Makarova, somiglia in fondo a macaroni, il nomignolo con cui siamo stati tante volte crocefissi, nelle nostre povere emigrazioni. Anche lei accudita (soffocata?) da una mamma factotum, Olga, che oggi dalla tribuna mostrava il pugno a quei cretini degli operatori e dei registi televisivi di turno, tutti bisognosi di qualche lezioncina a Cinecittà. Mancina, Ekaterina, stazza rispettabile, e come tutte le mancine forzute adatta ai campi rapidi, dove il muscolo conta più del tocco.

Ma non sono, ormai vi siete rassegnati, temo, un buon patriota. Posto che la maggior parte degli italiani si riconosce tale solo nel successo sportivo degli azzurri. Avessi avuto ancora uno dei capi redattori che hanno soffocato il mio giovanile talento—che scusa—avrei iniziato con le note squillanti di Sorelle d'Italia, l'inno nazionale che da troppo tempo non sostituisce quello di Mameli. Perché farà magari notizia il crollo di Serena, e, se è saggia, il suo abbandono, ma avrei probabilmente dovuto iniziare questo pezzo con l'esaltazione di una nostra nuova eroina, quella Sara Errani che è riuscita a rendere meno dolorose le premature sconfitte della Leonessa e della Penna. Sara non aveva certo contro la Lina, ma un'altra cinesina di ammirevole qualità, quella Jie Zheng che fu la prima, nel 2006, a strappare—meglio sarebbe forse gentilmente sottrarre — due finali di Slam, guarda caso anglosassoni, Wimbledon e l'Open di qui. Insieme alla Yan, ora ritirata, affascinò quanti ancora credevano la Cina legata al tennis anteguerra di Ko-Sin-Ki, un esempio di mascolinità. Mentre le due doppiste governavano splendidamente la palla senza lasciarla battere.

Simile ottima tennista di tocco (n.38) è stata dominata da Sara, sempre più solida (18 errori contro 47) e soprattutto profonda nei tiri che hanno costretta la cinese negli angoli e aperto il campo. Campo in cui Sara non si limitava a infilare traccianti ma, spesso, avariare con tocchetti raffinati. Insomma, un successo di una ammirevole provinciale, non digiuna di studi, modesta la sua parte, che ripete un copione già recitato nel 2002 da un'altra tennista emiliana, Adriana Serra Zanetti, che mi sembra doveroso ricordare. Simili vicende, il crollo di Serena e il successo di Sara, non mi impediscono di segnalare quello che poteva forse essere un altro argomento della mia colonnina. L'accesso ai quarti di un giapponese, Nishikori, erede di Jiro Satoh (1932), capace di sgambettare Tsonga, che alcuni cosiddetti esperti ritenevano l'alternativa ai Fab Four, i Quattro Grandi.

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Errani tra le magnifiche otto (Stefano Semeraro, La Stampa 24-1-2012)

E’ una piccola, grande cosa di ottimo gusto il quarto di finale che Sara Errani ha conquistato a Melbourne mandando di traverso il capodanno (cinese) a Jie Zheng, qualcosa da mettere insieme ai tortellini e ai passatelli che mamma Fulvia, farmacista che sa dosare bene anche in cucina, le prepara quando Sarita torna a casa, stremata dai viaggi, «e i miei parenti mi prendono in giro perché passo tutto il tempo fra divano, letto e tavola». Ti siedi a bordo campo e li gusti, i match di Sara: applicazione, costanza, sapienza dei gesti. «La Zheng è una che picchia volentieri le palle tese» racconta dopo la vittoria negli ottavi degli Australian Open, lo Slam dove solo la Serra Zanetti (2002) e la Schiavone (2011) erano riuscite a tanto. «Il piano che avevamo studiato io e Pablo (Lozano, il coach spagnolo che la segue da anni, ormai un mezzo parente, ndr) era di spostarla con traiettorie senza peso».

Ricetta giusta, il piatto è riuscito: 6-2 6-1 per Sarita, romagnola emigrata a 12 anni negli States e poi sistematasi a Valencia, alla Tennis Val, la maison tennistica che ospita anche David Ferrer, l'operaio del tennis spagnolo: la pietra di paragone di Sara. Perché anche dalla fatica, dall'etica del lavoro, si può spremere il sublime. In un torneo deprimente per l'Italia, i 164 centimetri di Sara (per 60 chili) ci salvano il Pil, ci evitano lo sprofondo. Le dive Francesca (Schiavone) e Flavia (Pennetta) sono scivolate in fretta fuori dalla tavola delle grandi, Sara ha messo insieme quattro turni tosti e saporiti, e anche in doppio è nei quarti, insieme a Robertina Vinci. Il servizio, chez Errani, è quello che è, un filo rattrappito; il resto ricorda certe trattorie di provincia che si conquistano una stella Michelin ignorando la nouvelle cuisine e puntando sul genuino, offrendo Sangiovese doc.

Un quarto dello Slam Sara non lo aveva mai assaggiato, stavolta - a 24 anni, età in cui Pennetta e Schiavone ancora non erano esplose - lo ha addentato con una determinazione impressionante. E la 130 italiana della storia a entrare nel recinto delle «last eight», delle otto migliori del torneo, e lì domani la aspetta Petra Kvitova, la campionessa in carica di Wimbledon, numero 2 de facto e numero 1 in pectore di un tennis in cerca di regine vere, ragazzona ceca dal talento biondo e puro - ma a tratti tremulo come gelatina - a cui Sara rende quasi venti centimetri d'altezza e cospicue once di blasone. Paura? Macché. «Con la Zheng I'importante era essere pratici, più che badare al bel gioco», spiega la sfoglina nata a Bologna ma cresciuta a Massa Lombarda, provincia di Ravenna (sfoglina, in Emilia-Romagna, è l'umile artigiana che sa tirare la sfoglia a regola d'arte). «Con Petra dovrò cercare di non farmi mangiare. Dovrò servire bene, essere aggressiva con la prima e con la seconda di servizio (ahi!), anche se sono quella che sono, non posso certo inventarmi di colpo un servizio alla Sampras. Ma è una partita che posso portare a casa, perché no? Il volo spero di rimandarlo ancora».

Va mo' là, come dicono dalle sue parti. Le toccherà la Rod Laver Arena, uno dei quattro centrali più importanti del mondo, e va bene così. Coach Lozano ha già studiato su You-Tube i lati deboli dell'avversaria, Corrado Barazzutti si mangia con gli occhi la quarta moschettiera di Fed Cup. Lei, Sarita, n. 48 (temporanea) del mondo, non si tira indietro: «Per ora il Centrale l'ho visto solo da spettatrice, sarà un'emozione nuova. Io mi considero una ragazza semplice, che si è conquistata tutto a forza di sacrifici. Quello che sta attorno conta il giusto, sarà una sfida come le altre». Nobile, ma falso. Domani alla trattoria Errani arriva un cliente speciale, e il menù dovrà essere all'altezza. Servizio compreso.

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Burraco, passatelli e sogni: il mondo di Sara (Gaia Piccardi, Corriere della Sera 24-1-2012)

Anche le mascotte, nel loro piccolo, si inca...ano. Nella squadra italiana di Fed Cup, quel simpatico gineceo che in cinque anni ha saputo annettersi tre coppe, Sara Errani è la più giovane, «Francesca, Flavia e Roberta sono più grandi ed esperte, mi aiutano, mi consigliano, io mi do da fare il più possibile, se c'è da andare a prendere qualcosa vado io, mi rendo utile e assorbo tutto come una spugna». Sara è cresciuta per osservazione e i quarti raggiunti all'Australian Open, l'avamposto che l'anno scorso fu la Schiavone ad occupare, certificano un'evoluzione sul triangolo Bologna (dove è nata)-Valencia (dove si allena con il guru Pablo Lozano)-Melbourne (dove è sbocciata) che domani andrà a sbattere contro le spalle da nuotatrice di Petra Kvitova, prossima numero 1 del mondo, le fauci più nobili dentro le quali l'indomita Saretta («Dovrò essere aggressiva, non mi devo far mangiare da lei, che è favorita: il mio servizio è quello che è, non ne posso inventare uno alla Sampras, spero di fare una bella partita e perché no, di portarla anche a casa...») poteva scegliere di finire la corsa.

Eravamo qui a lamentarci dei dolori della Pennetta, degli umori della Schiavone, del vuoto pneumatico che s'intravvede dietro la generazione di fenomene che s'avvia verso il suo personalissimo Sunset Boulevard, ed ecco che da un tabellone sottostimato da Serena Williams (out con la numero 56 Makarova) e ancora in cerca di equilibri spunta la Sara da Massa Lombarda, figlia del grossista di frutta Giorgio e della farmacista Fulvia, un tipetto tosto che a 12 anni, mandata con mille sacrifici a studiare tennis all'Accademia di Bollettieri in Florida, piangeva di saudade tutte le sere, senza darlo a vedere: «Non parlavo una parola d'inglese, ero la più piccola ospite del college senza parenti al seguito, chiamavo casa e mi sforzavo di sorridere perché conoscevo bene gli sforzi che i miei avevano fatto per mandarmi in America».

Uscita dal corso d'aggiornamento con la premiata scuola Schiavone-Pennetta («Esempi meravigliosi di comportamento e professionalità: il trionfo di Francesca a Parigi, poi, mi ha insegnato che nulla è impossibile), Sara si è messa in proprio in questo primo Slam 2012 bruciato dal sole e dalle novità, la vocazione di doppista (con la grande amica Roberta Vinci: il sogno più sfrenato è vincere una medaglia all'Olimpiade di Londra) smentita, la fiducia in sé stessa (e in coach Lozano) come unico carburante perché non erano bastati due titoli Wta (Palermo e Portoroz nel 2008) a promuoverla aspirante campionessa. Finora ha battuto tenniste di seconda fascia, compresa quella Zheng Jie negli ottavi (6-2, 6-1) che aveva fatto fuori la Pennetta (infortunata) a Auckland e la Vinci proprio a Melbourne. Il vero salto di qualità, carpiato con triplo avvitamento, sarebbe eliminare la Kvitova ma sognare non costa nulla: «Sono ancora viva nel torneo, sto giocando bene...». Certo senza Flavia e Francesca salta il burraco serale, e pure i passatelli di mamma Fulvia possono attendere. 164 centimetri (per 60 kg) di mascotte non erano mai sembrati così grandi.

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Super Sara è già nella storia (Alberto Giorni, Il Giorno 24-1-2012)

Per quando avevo prenotato il volo di ritorno? Per sabato scorso. Lo sto rimandando di giorno in giorno, spero di spostarlo ancora!». L'appetito vien mangiando e stavolta non si tratta dei tortellini e dei passatelli che mamma Fulvia le fa trovare quando torna a casa, nella sua Romagna. La favola di Sara Errani avrebbe già un lieto fine, ma le ultime pagine sono ancora da scrivere. Non si è accontentata dei primi ottavi Slam in carriera; agli Australian Open è giunta ai quarti (terza italiana dopo Adriana Serra Zanetti nel 2002 e Schiavone l'anno scorso) e domani non ha niente da perdere contro la n 2 del mondo, la 2lenne ceca Petra Kvitova, regina di Wimbledon e probabile futura dominatrice del circuito. Negli ottavi Sara ha spazzato via la cinese Jie Zheng 6-2 6-1, vincendo diversi game in cui era sotto 40-0 e mettendo così in luce una delle sue qualità migliori: il cuore. E' nei quarti anche in doppio: lei e Roberta Vinci hanno superato Hantuchova e Radwanska, ora sfidano Makarova e Kudryavtseva.

Il duello con la Kvitova (sulla prestigiosa Rod Laver Arena) sarà Davide contro Golia: dal "basso" del suo metro e 64, Sara concede venti centimetri e dieci chili alla ceca, micidiale nel servizio e nel dritto mancino: «Cercherò di non farmi "mangiare" — ha spiegato la Errani, per la prima volta nella sala conferenze più capiente —. Dovrò essere aggressiva: la favorita è lei, proverò a giocarmela». Con i consigli di coach Pablo Lozano e magari qualche dritta di David Ferrer, lo spagnolo n°5 Atp, anch'egli nei quarti: "Sarita" si allena nella sua accademia a Valencia. Grande sorpresa: Serena Williams ha perso 6-2 6-3 con la Makarova. Tabellone allineato ai quarti: Wozniacki-Clijsters, Azarenka-Radwanska, Sharapova-Makarova, Kvitova-Errani.

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