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15/02/2012 09:07 CEST - Personaggi

Saranno famose: Mona Barthel

TENNIS - Il 2012 potrebbe diventare l'anno di Mona Barthel. Ha vinto Hobart partendo dalle qualificazioni, elimimato Cetkovska agli Australian Open e raggiunto i quarti a Parigi. Non ha il curriculum delle "bambine prodigio". I genitori l'hanno sempre stimolata a finire gli studi e vedere il tennis come un hobby. Dal 2009, dopo il diploma, inizia la scalata nel circuito. Stefano Beata

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C’è una giocatrice che in questo 2012 pare intenzionata a vestire i panni della grande sorpresa: stiamo parlando della tedesca Mona Barthel. E’ vero, l’anno è appena iniziato, ma la ventunenne di Bad Segeberg a giudicare dai primi tornei sembra davvero avere intenzioni bellicose: dopo aver superato il primo turno ad Auckland nel primo torneo della stagione, (sconfitta al secondo dalla connazionale e ben più famosa Sabine Lisicki al termine di un incontro estremamente lottato), ha inanellato una serie di 8 match consecutivi vinti ad Hobart, (partiva dalle qualificazioni), che le sono valsi il primo, inaspettato, hurrà della carriera.

Nel primo Slam dell’anno ha confermato il buon momento di forma eliminando una delle prime 30 teste di serie, (la slovacca Petra Cetkovska), prima di arrendersi alla scatenata bielorussa Viktoria Azarenka che pochi giorni dopo avrebbe alzato al cielo il suo primo Major.

Qui la storia recente si tramuta in cronaca per segnalare la cavalcata della scorsa settimana che le ha permesso, anche in questo caso partiva dalle qualificazioni, di raggiungere i quarti di finale a Parigi dove ha ceduto il passo alla belga Wickmayer al termine di una partita combattutissima durata quasi tre ore.

La Barthel fisicamente è longilinea, (quasi troppo a giudicare dal fisico di molte altre colleghe), non certo una grande bellezza ed anche i suoi limiti tecnici paiono ancora inesplorati perché, a discapito di quello che si potrebbe distrattamente pensare considerando che ha già superato i 20 anni, non ha seguito il classico iter delle “bambine-prodigio” che fin dalla culla iniziano a giocare a tennis, a pensare solo al tennis e a vivere solo per il tennis.

La storia della Barthel è diversa. Inizia a giocare a 3 anni, guardando la sorella maggiore. l genitori nel corso degli anni la incoraggiano, ma in un modo “sano”: non fanno voli pindarici con la mente ipotizzando chissà quale futuro da professionista, ma la sostengono moralmente e le tolgono pressione “ordinandole” solamente di divertirsi. La Barthel inizia a manifestare un certo talento, ma mamma e papà non le permettono di abbandonare la scuola, il tennis è solo divertimento le continuano a ripetere. Nonostante lo studio riesce ad issarsi al numero 220 al mondo nella classifica femminile junior partecipando solamente a tornei in Europa.
La scintilla però scocca alle superiori quando la giovane Mona capisce che è il tennis la sua più grande gioia e decide di dedicarsi anima e corpo a questa disciplina. Decide di tramutare l’hobby in professione.

La famiglia Barthel non ha però grosse possibilità economiche da destinare al sogno-obiettivo della figlia e così si decide di provarci per due anni per vedere quello che può succedere. La cavalcata inizia nel 2009 dopo aver conseguito il diploma. E’ la stessa Barthel a dichiarare: “Ho iniziato a pensare seriamente di poter giocare a tennis dopo le superiori. I miei genitori, al quale sono molto legata, mi hanno dato tutto l’appoggio necessario, ma non avendo particolari disponibilità economiche mi sono data due o tre anni di tempo per inseguire il mio sogno. Fortunatamente i miei cari non mi hanno mai dato obiettivi specifici in modo da non mettermi pressione. L’unico consiglio era quello di divertirmi”.

Dal 2009 ad oggi la carriera della Barthel è in costante ascesa: dedicandosi a 360° al tennis è riuscita a sistemare un diritto che in gioventù era parso un po’ ballerino, ha migliorato il servizio che da semplice rimessa in gioco è diventato colpo con il quale può trovare il punto, ha ulteriormente potenziato il suo colpo migliore: un rovescio bimane che le riesce con grande naturalezza ed estrema eleganza. In più è riuscita a perfezionare il già notevole timing sulla palla che le permette di prendere l’iniziativa e comandare lo scambio.

Certo, c’è ancora molto da lavorare: i colpi sono estremamente piatti e poco lavorati quindi soffre particolarmente le giocatrici che le cambiano ritmo, il fisico certamente non è formato: è longilinea, ma deve potenziarsi notevolmente ed anche tatticamente tende a commettere degli errori e a perdere la pazienza un po' troppo facilmente (bagliori di un carattere focoso).

Il potenziale però, come rimostrano i recenti risultati è davvero interessante. Merito anche del suo coach Mike Schürbesman che l’allena in Germania, ma non la segue nel circuito. A seguirla per il tour ci pensa la mamma che le fa da manager e da amica e le permette di concentrarsi solo ed esclusivamente al tennis.

La ragazza promette bene e per capire ancor di più di che pasta è fatta si può considerare quanto ha dichiarato al termine del suo primo torneo vinto ad Hobart. Molte giovani colleghe si sarebbero sciolte in un pianto liberatorio o nella gioia più sfrenata, la Barthel non nascondeva certo un grande sorriso, ma serafica ha risposto al giornalista che le chiedeva le sue impressioni al termine della finale vinta: “Sono felicissima, è davvero un grande traguardo per me. In più sono riuscita a terminare la partita velocemente. Se la finale fosse durata solo due minuti in più avrei perso l’aereo per Melbourne”.

Che caratterino!

Stefano Beata

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