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17/02/2012 10:47 CEST - TENNIS

Djokovic e l'onore della bandiera

TENNIS - Novak Djokovic si è esposto: sarei entusiasta di essere portabandiera alle Olimpiadi. Torna alla mente il grande rifiuto di Federica Pellegrini. E' un onore "obbligato" portare la bandiera della propria nazione? No, il sentimento patriottico dev'essere innato, non imposto. Ma i fuoriclasse assoluti devono prendere coscienza di essere simboli. Riccardo Nuziale

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Non vi è dubbio che, se non il più celebre, Novak Djokovic sia attualmente il tennista più celebrato del globo.
Una settimana fa il Laureus Award come sportivo dell’anno, ieri la massima onorificenza serba con parole piene di elogi da parte del presidente serbo Tadic, che l’ha definito il “miglior ambasciatore” del suo Paese. Senza contare naturalmente i tantissimi successi che l’incontrastato numero 1 del mondo sta ottenendo sul rettangolo di gioco.

Ma il grandissimo, enorme successo non ha fatto dimenticare a Nole certi valori. Non gli ha fatto dimenticare soprattutto il legame con le proprie origini, con la propria terra, con la propria gente.

Tanto che, intervistato dall’agenzia serba Tanjug, si è dimostrato entusiasta all’idea di essere il portabandiera serbo a Londra per i Giochi Olimpici: “L’intero mondo dello sport sta pensando alle Olimpiadi ora, particolarmente alla cerimonia d’apertura. Sarebbe per me un’immensa gioia avere l’onore di portare la bandiera. Questa è la competizione con la più grande e antica tradizione e anche l’evento più importante di tutto lo sport. Assieme ad altri grandi atleti serbi, tenterò il tutto per tutto per vincere una medaglia per il mio Paese” ha affermato Djokovic, che di medaglia olimpica ne ha già vinta una, di bronzo, a Pechino 2008 (in semifinale fu sconfitto da quel Nadal che ora batte con tanta regolarità).

Parole d’amore senza condizione, semplici e limpide. Le quali – sarò brutalmente sincero – mi hanno fatto tornare alla mente un episodio simile, avuto luogo qualche mese fa da noi ma con esito ben diverso.

"Lo dico a malincuore, ma se me lo proponessero direi di no. Sono patriottica, ma ci alleniamo quattro anni per prepararci ai Giochi. E anche se il giorno dopo la cerimonia inaugurale non avessi la gara, stare sette ore in piedi non è uno sforzo che si recupera in un giorno.

Esatto, Federica Pellegrini, indiscussa regina del nostro nuoto e delle piscine di tutto il mondo, campionessa tra le più grandi della storia del nostro sport. Un episodio che fece discutere moltissimo, ponendo la questione se sia “sacrilegio” o meno il rifiutare l’”onore” di rappresentare il proprio Paese alla cerimonia d’apertura delle Olimpiadi; discussione che arrivò anche qui nel nostro sito, con il direttore Ubaldo Scanagatta e Rino Tommasi a prendere le difese di Federica.

Ebbene, a distanza di mesi, pur non avendo un trilionesimo dell’autorevolezza e della competenza dei due appena citati, rimango dell’idea che la nuotatrice originaria di Mirano, che pure vidi un paio d’anni fa passeggiare tranquillamente per le strade di Verona, abbia sbagliato.

Non tanto per la scelta in sé, che tutto sommato capisco: il sentimento patriottico dev’essere innato e se uno non ce l’ha (io ad esempio ne sono in larga parte sprovvisto: mai capito ad esempio perché, in ambito sportivo, per obbligo divino dovrei tifare per qualsiasi squadra o atleta che condivida con me le proprie origini geografiche), non può essere forzato a palesare qualcosa che non sente.

Mi piacque poco però quel giro di parole arzigogolato, quel tentare di costruire una scusa plausibile (che invece non sta minimamente in piedi) per non esplicitare con estrema chiarezza il sentimento sacrosanto che provava: non considerava quell’onore un onore poi così grande.
I fuoriclasse non sono semplici sportivi, sono simboli, e nel momento in cui Federica Pellegrini ha rifiutato simbolicamente l’Italia sportiva e non, ha dimostrato di non avere ben chiaro questo concetto, lei così fiera e orgogliosa dell’integrità della propria persona, a costo di apparire antipatica a molta gente (e in questo ha tutta la mia stima).

Si potrebbe obiettare che Djokovic, a differenza della Pellegrini, nella decisione sia stato aiutato dal genuino e sincero sentimento che prova per la Serbia. Chissà, se Nole fosse stato poco patriottico avrebbe rifiutato anche lui. Ma scommettiamo che il serbo, così ammiccante mattatore, avrebbe inventato una scusa migliore, lasciando intonsa la sua figura di simbolo della patria?

Riccardo Nuziale

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