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18/02/2012 17:16 CEST - Non solo tennis

Tutti sul carretto dei perdenti

NON SOLO TENNIS – Viva il rugby, isola felice e primitiva di cui in Italia abbiamo la fortuna di non capirci ancora niente. Un confronto tra la passione genuina per questo ‘nuovo’ sport e il modo in cui intendiamo altre discipline più radicate nella nostra tradizione, dal calcio al nostro caro tennis. Il risultato? Niente di nuovo: si stava meglio quando si stava peggio... Marco Sicolo

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La cosa bella del rugby, in Italia, è che nessuno ci capisce una mazza. Eravamo in qualche migliaio, sabato, tra stadio, tv e streaming, ad appassionarci genuinamente alle gesta, rudi e confusionarie, di una quindicina di ragazzoni con addosso una maglia azzurra, identica, per quanto importa al cuore, a quella dei Riva o dei Paolo Rossi.

Non ci capivamo un cavolo, eppure ci bastava sapere che dovevamo spingere di là, verso destra, per sentirci coinvolti e tifare, e dare il nostro contributo, ignorante e fondamentale, per scrivere un’altra gloriosa pagina della storia del nostro Sport.

Com’è strano, com’è bello, ritrovarsi ad esaltarsi per la meta di Venditti, il grande Venditti, come se tutti lo conoscessimo da una vita, e invece non sappiamo neanche che ruolo abbia, quali che siano i ruoli nel rugby, e dove egli sia stato mai fino a ieri. Tanti, tra i 70.000 dell’Olimpico e il pubblico davanti alla tv, sono tra quelli che alla domenica professoreggiano sulle tattiche dell’Inter o sui cambi ritardati effettuati dall’allenatore, eppure ieri erano ugualmente contenti, pur sapendone quanto mia nonna ne sapeva di Schillaci in quell’estate del ’90: ciò che cambia negli occhi bambini del tifoso, nelle due situazioni, sono solo cose inutili, le piccole differenze che distinguono la sapienza dall’ignoranza.

Quello che resta è la solita, scontatissima, primitiva, irrinunciabile voglia di stare insieme, di condividere un’esperienza, di avere un nemico comune, che questi inglesi ci pareva di averli affrontati già mille altre volte, come se praticassimo questo sport da secoli.
Con queste inutili righe non vogliamo arrivare a niente che non si sia già capito, che non sia stato detto cento altre volte, che ‘si stava meglio quando si stava peggio’. Solo ribadire che è vero.

Ma l’avete mai fatto un giro su qualche blog pallonaro? Ammazza, pare che tutti quanti posseggono il libro delle verità, e sono verità volatili e veloci che manco i titoli di Wall Street: Cristiano Ronaldo tra oggi e domani diventa uno scarso, un giocatore con un piede solo, Messi è un sopravvalutato in attesa di essere rivalutato diventando un sopravvalutato sottovalutato, Gattuso è già morto e risorto dieci volte, quest’anno si è vinto solo lo scudetto, la Nazionale, ah, non parlatemi della Nazionale, com’è provinciale tifare per la nazionale, io guardo i Mondiali per vedere del “buon calcio” (argh).

E su questi lidi? Vogliamo parlarne, signori? Chiunque segua il tennis saltuariamente è portato a credere, povero pazzo, che Federer, Nadal e ‘quell’altro uscito adesso’ siano dei grandi campioni, e noi qui che si fa? Quello è un vecchio che ha avuto cu*o, quell’altro sa solo correre, quest’altro è solo la moda del momento, e così via. Persino Borg era una pippa. Ammazza.

E’ questo il lato oscuro della cultura, della sapienza, dell’esperienza? La completa perdita del fondamentale, dell’immediato, per andare a curare il dettaglio. Banale come scoperta, eh? Il fatto è che torna puntualmente a galla, quando un fenomeno va troppo oltre la propria essenza.

E insomma, tirando le fila di questi quattro pensieri sparsi: viva il rugby, che si vinca o che si perda, viva il rugby com’è qui, adesso, semplice e indecifrabile, perché tanto, prima o dopo, pure noi cominceremo a dire che Bortolami, no, non puoi mettermelo all’ala, ignorante… Per non parlare di quando i nostri nipotini verranno a chiederci, con tanto d’occhi, “ma è proprio vero che tu hai visto giocare insieme Dominguez e Troncon?”, e noi, con gran faccia di bronzo, risponderemo orgogliosamente di sì, dimenticando che mentre Telemontecarlo (mica Sky, ché allora il rugby ti dovevano pagare, per vederlo) trasmetteva le prime, audaci gesta del ‘Sei Nazioni’, noi pigramente sbucciavamo una mela e mettevamo a preparare il caffè, salvo girarci, di tanto in tanto, quando il cronista alzava un po’ la voce.

Marco Sicolo

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