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24/02/2012 13:07 CEST - Personaggi

Provaci ancora, Juan Martin!

TENNIS - Quella contro Federer, a Rotterdam, per Del Potro è stata la settima sconfitta su otto incontri contro i Fab Three (l'unica vittoria contro Djokovic), in seguito allo stop forzato al quale è stato costretto a causa dell'infortunio al polso destro. Tutti invocano un suo ritorno ai livelli del 2009, ma cosa realmente manca all'argentino per tornare quello di prima? Stefano Pentagallo

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Ci siamo lasciati alle spalle la passata stagione con l'immagine di un Del Potro tramortito, abbacchiato, con la testa poggiata sulla spalla di Nadal quasi a cercare conforto dopo la doppia batosta subita in Davis, che è costata l'insalatiera alla sua nazione. Non ha mai fatto mistero, "Delpo", di sentire, a volte, la pressione, le attese della gente, specie in Davis, in qualità di unico giocatore argentino di vertice. Una delusione, quella per la sconfitta patita a Siviglia, mitigata, però, da una prestazione che, a tratti, ci ha fatto ricordare il miglior Del Potro. Ricordo, per qualche momento, di aver strabuzzato gli occhi, come solo in quel 2009 mi capitò di fare.

Quello trascorso per l'argentino è stato un anno difficile, volto a recuperare il terreno perso in classifica - dopo essere stato, in passato, anche numero 4 del mondo per un breve periodo - e a ritrovare la miglior forma possibile, dopo quasi un anno di inattività dovuta al famoso infortunio al polso destro, che lo costrinse ad un intervento chirurgico. È stato un anno, comunque, positivo, concluso a ridosso dei primi dieci e con alcuni ottimi piazzamenti nei tornei che contano.

Il nuovo anno, invece, inizia con un bel carico di attese. La classifica è finalmente ricostruita e, inoltre, le ultime due prestazioni hanno lasciato non poche speranze su un suo recupero ai massimi livelli. Esordisce a Sidney da testa di serie numero uno e l'unico risultato che ci si aspetta da lui è la vittoria, ma al primo vero scoglio viene buttato fuori. Niente paura, alla seconda partita della stagione ci può stare. Si vola a Melbourne per il primo Slam dell'anno. L'esordio è da brividi, lontano parente di quello ammirato neanche due mesi prima, vince ma non convince. Poi pian piano cresce e arriva a giocarsi il quarto di finale più atteso, quello contro Roger Federer. Tutti rievocano la splendida finale degli Us Open, quella della consacrazione per l'argentino, ma nessuno ricorda il precedente australiano in cui lo stesso Del Potro venne umiliato dallo svizzero. Melbourne non è New York: superficie, gente e pubblico non sono gli stessi. Vince ancora una volta facile Federer, proprio come accadde tre anni prima. Niente paura, anche in questo caso è una sconfitta che ci può stare.

L'argentino sceglie, poi, di giocare a Rotterdam. Come spesso gli accade parte a rilento, prima di mettere in ridicolo uno dietro l'altro Troicki e Berdych, travolti con prestazioni al limite della perfezione. In finale c'è ancora Federer. Qualcuno, visto lo stato di forma dei due contendenti, si spinge a tal punto da dar favorito addirittura Del Potro. Niente di più errato. Il primo set è un assolo dello svizzero, mentre nel secondo la "Torre di Tandil" non sfrutta le occasioni concessegli e, così, finisce per perdere ancora una volta. Niente paura, ci può stare anche questa di sconfitta. Del resto quando si perde dal terzo giocatore più forte al mondo, ma senz'altro il più vario e completo tra quelli di vertice, ci può sempre stare. Aggiungiamoci, poi, che Federer ha giocato la sua miglior partita di questo inizio d'anno e la sconfitta è servita. Ma, visto il modo in cui era arrivato a questa finale, mi sarei onestamente aspettato qualcosa in più dall'argentino.

A questo punto alcune domande mi sorgono spontanee: ma può Del Potro tornare quello del 2009? Se sì, cosa gli manca per tornare quello del 2009? Siamo proprio sicuri che, anche tornasse quello del 2009, sia al livello dei primi quattro giocatori del mondo?

Andiamo a ritroso. Per prima cosa al termine della finale dell'ABN AMRO World Tennis Tournament son voluto andare a controllare i precedenti contro i Fab Four, perché "Delpo" sembra appartenere ad una categoria a sé stante, che si colloca indietro ai vari Djokovic, Nadal, Federer e Murray, ma davanti a tutti gli altri. Ebbene su trentadue confronti ne ha vinti soltanto sette ma prendendo in esame il suo anno migliore, su quattordici ne ha vinti sei. Pur essendo questa statistica fortemente inficiata dallo stop di Del Potro - immediatamente successivo al suo anno migliore, quello della definitiva consacrazione, che gli diede una consapevolezza dei propri mezzi oggi tutta da acquisire - ne risulta ugualmente che gli altro quattro sembrano avere un qualcosa in più ma, allo stesso tempo, il miglior Del Potro non è poi così lontano dai più forti come, invece, appare attualmente.

Il modo in cui ha annichilito Berdych - non un Pinco Pallo qualsiasi, bensì il numero sette del mondo, dato peraltro in grandissima forma - apre spiragli per il prosieguo della stagione. È chiaro che a "Delpo" manchi ancora qualcosina per raggiungere il top della forma, soprattutto a livello fisico e mentale. Al momento pecca di continuità nelle sue prestazioni, mettendo in mostra grandi cose nella singola partita ma non nell'intero torneo. La chiave della svolta trovo risieda nella fiducia, tassello fondamentale che ancora manca nelle grandi occasioni all'attuale Del Potro. In passato lo stesso argentino affermò che "quando hai fiducia in te stesso è parecchio più facile. Nei momenti importanti ti fidi a giocare i punti vincenti, e magari chiudere i match". Questa fiducia può restituirgliela soltanto qualche vittoria di prestigio in un palcoscenico di prestigio. Io sono convinto che possa farcela, forse perché ho nostalgia del Del Potro che fu. Ma il passato è ormai alle spalle, ora bisogna pensare al presente con un occhio di riguardo al futuro. Un futuro in cui mi auguro di ritrovare un Gian Martino grande coi grandi, protagonista e non semplice comprimario.

Stefano Pentagallo

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