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02/03/2012 19:50 CEST - IL PERSONAGGIO

Caroline, la n.1 incompiuta

TENNIS – E’ senza dubbio questo il momento più difficile della carriera di Caroline Wozniacki, passata da una rapida ascesa ai vertici del tennis ad una crisi di risultati che si prolunga da quasi otto mesi e rischia di portarla fuori dalla top 5. Cosa attende ora la ex-numero 1 appena detronizzata? Lo stesso destino di aurea mediocrità toccato a Jankovic, Ivanovic e Safina? Daniele Vitelli

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E’ passato quasi sotto silenzio, come se tutti se lo aspettassero da tempo, come se oramai fosse inevitabile. Invece soltanto un mese fa è avvenuto il cambio al vertice del tennis femminile, che in un sol colpo sembra aver trovato una regina degna di questo titolo e una rivalità per la testa della classifica, che potrebbe infiammare finalmente l’interesse per l’universo rosa del tennis mondiale. Victoria Azarenka e Petra Kvitova sono indicate da tutti come le sicure protagoniste del circuito negli anni a venire. Sono giovani, hanno i colpi, il fisico e soprattutto hanno già vinto uno Slam, entrambe alla prima finale giocata. Ma che ne sarà di colei che fino a qualche tempo fa resisteva da oltre 67 settimane al vertice della graduatoria mondiale, pur non avendo mai vinto un titolo del Grande Slam?


La prima che se lo sta domandando è probabilmente lei, Caroline Wozniacki, la ormai ex-numero 1, e sta diventando un chiodo fisso, almeno a giudicare anche dalle ultime e praticamente disastrose prestazioni espresse in campo. Ma la crisi della tennista danese viene da lontano e si protrae da circa 8 mesi ormai. Una crisi prima tecnica e tattica, poi anche mentale, come dimostrano le difficoltà a chiudere i match palesate nelle ultime apparizioni.
Il periodo migliore della sua carriera è stato indubbiamente quello che va dall’estate del 2010 a tutta la prima parte della stagione 2011. I pesanti risultati raccolti in questo arco di tempo, tra cui spiccano 9 tornei Premier vinti (Montreal, Bejing e Tokyo 2010, Indian Wells, Dubai, Charleston e Brussels 2011, New Haven 2010 e 2011) e due semifinali Slam, le hanno permesso di chiudere due stagioni consecutive in cima alla classifica mondiale. Questo è stato l’arco di tempo in cui Caroline ha perso le più ghiotte occasioni di successo in un evento dello Slam, cedendo con la Zvonareva a New York 2010, quando sembrava destinata a ripetere almeno la finale dell’anno precendente, e uscendo sconfitta a Melbourne contro Li Na, dopo un incontro in cui era stata in vantaggio e aveva avuto un match point nel secondo set. Due sconfitte brucianti giunte proprio quando il suo livello di tennis avrebbe potuto portarla vicina all’agognato titolo. A dimostrarlo sono i risultati e la forma mostrata sia nella trasferta asiatica di fine 2010 appena dopo gli US Open, sia nei tornei arabi di inizio 2011, a qualche settimana dalla fine degli Australian Open.
Eppure la sua prima, e finora unica, finale in un major, la Wozniacki l’ha raggiunta più di due anni fa, agli US Open 2009, quando, a 19 anni, era sì già una top ten, ma non sembrava assolutamente pronta a raggiungere un tale traguardo. Eppure in quel match mise seriamente in difficoltà la pluricampionessa di Slam Kim Clijsters. Si potrebbe avere il sospetto che da allora la tennista danese non sia migliorata per nulla, invece non è assolutamente così. I fondamenti del suo gioco sono rimasti invariati: grande solidità da fondocampo, gioco difensivo impeccabile e una tenuta fisica invidiabile; si sono, però, aggiunti piccoli miglioramenti tecnici, come il superiore rendimento della prima palla di servizio, e tattici, come la capacità di portarsi in avanti, non con costanza, ma almeno quando necessario per chiudere il punto. Ma il problema fondamentale è che non è riuscita a mettere in pratica i miglioramenti di cui sopra con sufficiente continuità, confidando troppo spesso nelle sue eccezionali capacità atletiche e doti di recupero. In un certo senso queste aggiunte al suo tennis comportavano una dose di rischio a cui Caroline non era abituata e che riusciva ad affrontare solo se sufficientemente tranquilla e sicura di sé. E ciò non accadeva mai in uno Slam, quando aveva addosso tutte le pressioni, soprattutto dal momento in cui tutto il mondo dei Media ha iniziato a parlare del suo numero 1 “falso”, palesemente immeritato, in quanto non corroborato da una vittoria nei quattro tornei più importanti.

Alla fine, dopo l’ennesima delusione in un major, la sconfitta contro Dominika Cibulkova nel quarto turno di Wimbledon, qualcosa si è incrinato anche nella testa della allora numero 1 del mondo. Proprio la solidità mentale era, però, l’ultimo appiglio per una tennista che, schiava di una tattica troppo difensiva e non dotata di colpi definitivi, se si esclude qualche sporadica accelerazione di rovescio, tende ad affidarsi spesso alla lotta per uscire vincitrice in un incontro. A partire dal luglio dello scorso anno è stata crisi vera. I numeri non mentono: negli ultimi 8 mesi, contando assieme la seconda parte del 2011 e questo inizio di 2012, il bilancio è di 22 vittorie e 14 sconfitte nei 14 tornei disputati, con un solo titolo conquistato, a New Haven. Neppure la semifinale agli US Open è riuscita ad invertire questo trend, anzi, se possibile lo ha aggravato, considerato il modo in cui è stata dominata da Serena Williams. Un crollo verticale notevole se si tiene presente che la prima parte del 2011 si era conclusa con un attivo di 48-9 su 14 eventi e ben 5 titoli vinti. Inevitabile perdere il trono se si esce sconfitti nei primi turni dei tornei con tenniste fuori dalla top 20, come capitato per ben 3 occasioni negli ultimi mesi. Non è solo l’ascesa della Azarenka e della Kvitova ad aver scalzato dal trono la danese, ma anche un deciso calo di rendimento. Difficile immaginare, vedendo i match persi con Safarova a Doha e con Goerges a Dubai, che quella in campo è la stessa tennista che fino a poco tempo quei tornei li vinceva.


Quali le possibili cause di queste evidenti difficoltà? I motivi sono, a mio parere, molteplici e hanno radici non solo nel campo da tennis. Indubbiamente la presenza costante dell’ingombrante padre Piotr sta diventando più un peso che un punto di forza. E’ vero che è stato lui come allenatore a portare la figlia fino ad un certo livello, ma è altrettanto evidente che forse è venuto il momento per lui di farsi da parte e lasciare che Caroline trovi la sua strada in maniera indipendente, magari con un altro allenatore. Il padre potrà essere anche un grande motivatore, ma a giudicare dall’involuzione di gioco degli ultimi mesi, non è probabilmente la miglior guida tecnica. Di questa necessità sembravano essere consapevoli gli stessi Wozniacki, considerato che avevano ingaggiato, a fine 2011, Ricardo Sanchez come nuovo coach. Ma il sodalizio si è rotto dopo appena due mesi, in seguito alla sconfitta agli Australian Open. Troppo difficile per il nuovo tecnico scardinare un rapporto così stretto e duraturo come quello tra padre e figlia. E’ lo stesso Sanchez a confermarlo: “Era impossibile continuare a lavorare insieme”,ha confermato, “Caroline e Piotr hanno il loro sistema, lavorano così bene insieme. E’ impossibile rompere il ghiaccio perché hanno una relazione strettissima in cui è difficile penetrare”. Questa stessa difficoltà è stata evidenziata anche dalla stessa tennista, che, ammettendo una certa ritrosia ai cambiamenti, ha dichiarato: “Credo di sapere qualcosa del mio personale modo di giocare, di come devo allenarmi: da quali punti devo partire per migliorare il mio tennis. Ho capito che il nuovo coach non avrebbe potuto fami fare il salto di qulità sperato, quindi abbiamo deciso di interrompere il rapporto. Se avessi vinto gli Australian Open la decisione sarebbe stata la stessa: non avrebbe fatto alcuna differenza”.
La Wozniacki pare ripercorrere la stessa strada battuta nel passato da altre numero 1, come le due serbe Ana Ivanovic e Jelena Jankovic e la russa Dinara Safina. Certo le tre hanno storie diverse, ma ciò che le accomuna è un lungo periodo di crisi avvenuto subito dopo aver ceduto lo scettro. E la causa, per tutte, è sembrata essere la mancanza di fiducia, a cui, per alcune di loro si sono sommati anche gli infortuni, dovuta per la gran parte all’improvvisa pressione messa addosso dai media. E di questo aspetto sembra essere caduta vittima anche la Wozniacki, che ha lasciato trasparire un certo nervosismo nelle dichiarazioni. In una di queste si è scagliata contro le due Martina, Hingis e Navratilova, colpevoli di pesanti critiche sul suo gioco e sulla “legittimità” della sua posizione di numero 1. "Io non potrei mai dire che Martina era n.1 perchè le altre erano scarse, e i fatti lo negherebbero se io lo dicessi", ha detto Caroline. "Però voglio essere onesta: ho perso un po' di quel rispetto che nasceva dalle tante vittorie che hanno ottenuto. Io non sarò mai una capace di svegliarmi e poter dire che vincerò con certezza un torneo, d'accordo, ma dire che tu non meriti quello che hai vuol dire non pensare a ciò che uno fa e provocare per il semplice gusto di farlo.” 
Ma non sono solo le polemiche a distogliere la sua attenzione dal tennis. La ragazza non solo è sempre più richiesta dagli sponsor, anche grazie al suo aspetto, ma vede anche la sua vita privata ogni giorno costantemente sotto i riflettori, a causa della sua chiacchierata relazione con il golfista Rory McHilroy. Tutte queste distrazioni le permetteranno di tornare a concentrarsi sulla sua carriera tennistica?
Per ora la forma latita e quella che scende in campo è una versione depotenziata di Caroline. Il diritto resta il grosso limite del suo gioco da fondocampo, un colpo insicuro che, anche nei momenti di grande forma, risulta troppo lento, arrotato e poco penetrante per poter competere con le mazzate delle varie Kvitova, Serena o Azarenka. Anche la seconda di servizio appare troppo lenta e attaccabile, spesso facile preda delle risposte aggressive delle avversarie. Assodato, poi, il fatto che, per predisposizione tecnica e mancanza di tocco naturale, la sua attitudine al gioco di volo resterà sempre limitata, la Wozniacki degli ultimi tempi sembra aver perso anche la straordinaria capacità di tenere un ritmo elevato dal fondo e di trovare angoli pronunciati con i colpi di rimbalzo, che l’aveva portata alla ribalta. Inevitabilmente il ritorno ad altissimo livello passa per un gioco più propositivo e meno rinunciatario. Non possono essere solo le gambe a farle vincere le 7 partite necessarie per trionfare in uno slam, ma la capacità di prendere con più frequenza in mano le redini dello scambio.

I prossimi due mesi potrebbero essere cruciali per la danese. Ceduto da poco lo scettro, rischia ora concretamente di uscire dalle prime 5 del mondo. Ad incalzarla, a meno di 450 pt. ci sono Radwanska e Stosur che potrebbero approfittare dei tantissimi punti che deve difendere tra marzo e aprile, ben 1930, frutto delle vittorie a Indian Wells e Charleston nella scorsa stagione. Se non darà una concreta svolta alla sua annata, mettendo in mostra uno stato di forma migliore rispetto a quello degli ultimi mesi, la sua scomparsa dall’élite del tennis mondiale sarà qualcosa di più di una remota eventualità.
 

Daniele Vitelli

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