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09/03/2012 12:19 CEST - SARANNO FAMOSI

La meglio gioventù - Capitolo 2

TENNIS - Nella seconda puntata dedicata alle migliori promesse del tennis femminile andremo a conoscere il duo francese Garcia-Mladenovic ed una coppia di russe tutto pepe. In conclusione, una panoramica del movimento statunitense e le prospettive del dopo-Williams, sempre più vicino. Samuele Delpozzi

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Nel secondo capitolo dedicato alle giovani più promettenti, iniziamo da due prodotti della Francia multietnica, la “spagnola” Caroline Garcia e la “serba” Kristina Mladenovic. Entrambe diciottenni, diversissime nella fisionomia – la prima bruna e mediterranea, la seconda biondissima e con gli incisivi spaziati à la Madonna – sul piano prettamente tennistico hanno molto in comune: gran fisico e colpi già molto pesanti, da ogni angolo del campo.
La Mladenovic, più alta della connazionale, ha in dote un servizio fischiante, capace di sfondare anche il muro dei 200 orari, e fondamentali estremamente piatti, con una leggera predilezione per il rovescio bimane. Per contro la Garcia, forse un po’ meno esplosiva, è più agile nella copertura del campo e mischia maggiormente le rotazioni, in particolare sul lato del diritto dove è capace di alternare botte piatte a parabole in top spin.

Se sul piano tecnico e fisico sono molti i punti di contatto, radicalmente diversi sono stati invece i loro percorsi fino a questo momento: Kristina già a 16 anni era una star in divenire, campionessa al Roland Garros e finalista a Wimbledon junior, nonché numero 1 mondiale di fine anno tra le ragazzine.
Dopo aver guadagnato oltre 800 posizioni nel corso di quella folgorante stagione, la sua progressione è stata sinusoidale:impantanata in un forte regresso nel 2010 – nonostante l’ottimo match disputato a Parigi contro Na Li – la Mladenovic è tornata a farsi notare lo scorso anno con 4 titoli ITF, i primi della carriera. Tuttavia i dubbi sulla sua reale consistenza permangono, stanti i 3 soli match vinti (di fronte a 6 sconfitte) nel 2012, e le qualificazioni fallite in tutti gli appuntamenti più importanti, incluso l’Australian Open.

La mora Caroline – nata a Saint Germain-en-Laye come la Mauresmo, alla quale somiglia per la carnagione scura ed i tratti marcati del viso – ha proseguito a fari spenti fino allo scorso anno, quando ha subito lasciato il segno tra le professioniste: entrata nel main draw a Melbourne grazie ad una wild card, ha abbattuto senza pietà la numero 76 mondiale, l’uzbeco-americana Lepchenko, per poi cedere alla Morita. Ma è soprattutto nello Slam di casa che ha fatto alzare più d’un sopracciglio, quando sul Court Chatrier – dopo aver eliminato al primo turno un’altra top-100, la Ondraskova – ha fatto tremare addirittura Maria Sharapova, presa a pallate fino al 6-3 4-1 per poi cedere d’inesperienza, sopraffatta dall’occasione. Nonostante la sconfitta, la sua performance ha impressionato anche alcuni colleghi maschi (solitamente avari di complimenti verso il gentil sesso…), tra cui Andy Murray, che le ha immediatamente vaticinato un futuro da numero 1.
In attesa che le profezie dello scozzese si tramutino in realtà – e augurandole che Andy non abbia le stesse doti divinatorie di quando afferma di essere pronto a vincere uno Slam – la Garcia ha finora avuto una crescita graduale ma costante, senza grossi scivoloni, che le ha consentito di ritagliarsi già un posto tra le prime 150. Resta semmai da risolvere la piccola sindrome da piazzamento, come dimostrano i risultati degli ultimi Slam junior della carriera (finale all’US Open, semi a Parigi e Wimbledon) e le 3 finali perse a livello ITF, senza alcun titolo: la ragazza ha troppo talento per arrivare solo “in vista di”.


Lasciata la Francia, passiamo ad una delle nazioni-traino dell’ultimo decennio, la Russia. Finiti i tempi delle campionesse sfornate in serie, i nomi da tenere d’occhio sono principalmente due, le moscovite Irina Khromacheva e Yulia Putintseva, entrambe nate nel 1995.
La prima – bionda, paffutella e non particolarmente fisicata – ha un arsenale di colpi già piuttosto completo, nutrito da un insidioso servizio mancino e fondamentali molto anticipati, dai quali estrae brucianti accelerazioni in lungolinea. Niente affatto disprezzabili anche la sua attitudine al gioco di volo, come dimostrano gli ottimi risultati in doppio, e la capacità di alterare il ritmo dello scambio con diritti choppati ed improvvise smorzate.
A livello giovanile la Khromacheva si è laureata campionessa mondiale Under 18 nel 2011, frutto di numerose vittorie – tra cui spiccano i tradizionali tornei italiani di Santa Croce e del Trofeo Bonfiglio – ed altri piazzamenti di assoluto rilievo, come le semifinali al Roland Garros e la finale a Wimbledon. Sempre nella scorsa stagione ha assaggiato anche il mondo del professionismo, imponendosi nei 10mila dollari di Ribeirao Preto e Casarano e piazzandosi seconda nel 25mila di Ankara.
Il 2012 le ha regalato un’altra finale ITF, sul cemento australiano di Burnie, e la qualificazione sfiorata nel primo Slam stagionale: dopo aver sconfitto Kulikova e Schoofs, a Melbourne è stata fermata al turno decisivo dalla connazionale Bratchikova, colei che avrebbe poi fatto strage di italiane.
Una curiosità: da tempo risiede a Maillen, in Vallonia, per allenarsi all’Accademia di Justine Henin. Visti i cattivi rapporti con la sua federazione d’origine, sta anche vagliando la possibilità di acquisire la cittadinanza belga.

La gemella diversa Putintseva, più anziana di qualche mese, è invece già molto definita muscolarmente: le braccia sono possenti e per gambe ha due tronchetti degni di Arantxa Sanchez. Il problema è che in verticale si estende per soli 156 centimetri, taglia che solitamente restringe le ambizioni all’ordine di grandezza delle Cibulkova, o delle Amanda Coetzer nel migliore dei casi.
In attesa di testarne la consistenza contro i pesi massimi, va detto che le misure bonsai non le hanno impedito di raccogliere ampi consensi tra le junior – campionessa all’Eddie Herr, Prato e Santa Croce, e costantemente tra le migliori negli Slam. Memorabile in particolare la finale all’US Open 2010, quando, appena quindicenne, venne sconfitta dalla connazionale Gavrilova, di un anno più grande: risultato eccellente, specie se rapportato all’età. Lei tuttavia doveva pensarla diversamente, se una volta rientrata negli spogliatoi ha distrutto con ferocia il trofeo da seconda classificata. E chissà come sarà andata lo scorso gennaio a Melbourne, dove da favoritissima si è fatta nuovamente scippare il bottino grosso, questa volta dall’americana Taylor Townsend… il silenzio degli armadietti, c’è da scommetterci.
Perennemente caricata a molla, la piccola Yulia è dotata di rapidità e di un buon senso dell’anticipo, specie sul lato del rovescio, rigorosamente bimane. Il diritto è invece più ricco di rotazione – necessaria per sopperire ai centimetri mancanti – e particolarmente adatto alla terra battuta, superficie che ammette di prediligere.
La sua arma migliore però, come molti avranno già intuito, è il caratterino decisamente pepato. Se la Khromacheva talvolta indulge in qualche come on di troppo, la Putintseva è una vera e propria macchinetta letale, programmata per vincere ad ogni costo: al servizio ha già più tic di Nadal e Djokovic, e non esita a galvanizzarsi con urla vagamente inquietanti… neppure contro professioniste navigate!
Le conseguenze in caso di sconfitta, l’abbiamo già detto, possono essere devastanti: tra gli altri memorabilia rintracciabili in rete, la racchetta scagliata a terra – e rimbalzata violentemente sul seggiolone dell’arbitro dopo un volo di sei metri – al termine di un match perso con la Robson.
I risultati comunque le danno ragione, almeno per ora: a soli 17 anni ha già in tasca ben 5 titoli ITF, tra cui spicca il 50mila dollari di Kazan dello scorso agosto, conquistato a spese della Garcia. Nel primo scorcio di 2012 si è invece ritagliata un altro successo, a Launceston, ed un posto tra le prime 200 al mondo.


Ma se Atene piange, Sparta non ride di certo: gli Stati Uniti, patria di alcuni dei più grandi fuoriclasse del nostro sport, stanno attraversando una crisi senza precedenti, soprattutto in campo maschile dove non vincono uno Slam dal 2003. Nel femminile ci hanno pensato le Williams a reggere la baracca, che però – stante il loro invecchiamento – rischia di diventare sempre più pericolante.
Tra i giovani puntelli della catapecchia americana, al momento non c’è un nome che risalti in maniera evidente sugli altri. Tuttavia, dopo anni in cui i migliori prodotti sono state le varie King, Oudin e Vandeweghe, la pattuglia a stelle e strisce è quantomeno tornata ad infoltirsi.
La capofila, anche per ragioni anagrafiche, è attualmente Christina McHale. Vent’anni il prossimo maggio, questa brunetta cosmopolita – padre irlandese, madre cubana, infanzia trascorsa ad Hong Kong – ha già toccato la posizione numero 34, frutto di un rendimento affidabile e costante. Il suo tennis preciso, giocato prevalentemente da fondocampo, rispecchia proprio tali caratteristiche, ancorché privo di particolari guizzi: non si intravvedono colpi in grado di devastare le difese avversarie, anche a causa della struttura fisica leggera.
Per queste ragioni sembra difficile pronosticarle un futuro da campionissima, ma c’è da scommettere che la nostra andrà molto vicina a massimizzare il proprio potenziale: mentalmente è solida, e tende a non lasciarsi sfuggire le buone opportunità.

Momentaneamente dispersa Beatrice Capra, più indietro si affacciano altre promesse come Sloane Stephens e Lauren Davis. La prima – prematuramente etichettata come erede delle Williams – si è già ritagliata un posto tra le prime 100, ma con le sorellone californiane non ha molto in comune, colore della pelle a parte: sostiene di preferire la terra al cemento, dove pure ha centrato un ottimo terzo turno all’ultimo US Open, e come la McHale tende a piazzare la palla più che a farla esplodere.
La Davis tascabile (1.57 di statura) si ispira invece a Nadal per lo spirito indomito, ma quanto a dotazione fisica siamo ad anni luce dal maiorchino. Per il momento sopperisce con tanta corsa, applicazione e buon senso dell’anticipo, più avanti si vedrà.

I frutti migliori potrebbero rivelarsi quelli al momento più acerbi, come la diciassettenne Madison Keys. La tennista dell’Illinois, da tempo stanziata in Florida presso l’Accademia di Chris Evert, ha già sviluppato un ottimo fisico (sfiora il metro e 80) che le consente di schiacciare a terra poderosi servizi e groundstrokes fischianti: potenza e facilità potrebbero essere le… chiavi del suo successo.
A soli 14 anni si prese già il lusso di strapazzare Serena Williams nel World Team Tennis e di vincere il suo primo match a livello WTA a spese della Kudryavtseva, solida top-100. Lo scorso anno ha invece impressionato all’US Open, dove – assicuratasi la wild card grazie ad un mini-torneo interno – ha travolto la Craybas e sfiorato la vittoria con la Safarova.

Dulcis in fundo Taylor Townsend, rivelazione dell’ultimo Australian Open junior. Le poche immagini disponibili mostrano un fisico possente ma fin troppo corpulento, che potrebbe rivelarsi un limite all’aumentare di livello. Tecnicamente, il suo tennis mancino sembra non disdegnare le incursioni a rete, dato interessante per una giocatrice di nemmeno 16 anni. In attesa di saperne di più, registriamo che in classifica WTA naviga già attorno alla 400° posizione.
Ma a prescindere dai risultati, è sufficiente il sorrisone a 32 denti con cui ha infranto i sogni di gloria della ringhiosa Putintseva per iniziare a seguirla con simpatia.


To be continued…
 

Samuele Delpozzi

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