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11/03/2012 12:41 CEST - Libri

Storie di sport, storie di donne

TENNIS - Giovanni Malagò racconta diciassette storie di donne di successo: da Pellegrini a Pennetta, da Di Centa a Vezzali. L'autore devolverà tutti i proventi del libro a favore delle atlete disabili. Alessandro Mastroluca

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Atleta. Una parola che non ha genere, almeno al singolare. Ogni atleta è una vita, è una storia. Giovanni Malagò ha scelto il giorno che celebra le conquiste politiche e sociali delle donne, secondo una tradizione che inizia l’8 marzo 1917, data della protesta delle donne di Mosca che hanno dato il via alla “Rivoluzione di Febbraio” e al crollo dello zarismo, per presentare il suo libro, “Storie di sport, storie di donne” (Rizzoli editore). Storie scelte, come scrive nell’introduzione, “per la mia passione – sconfinata, magari in qualche momento anche esagerata – per tutto ciò che è sport”. Diciassette pennellate in cui la donna e l’atleta si completano; in cui insieme ai freddi numeri dei record, delle medaglie, dei piazzamenti, si illumina il dietro le quinte, il percorso di vita che ha portato a quei risultati.

«Un percorso fatto di carattere, di etica, di forza, di morale, ma anche di società, di famiglia» ha spiegato Manuela Di Centa, prima donna italiana a entrare da dirigente nel Comitato olimpico internazionale, intervenuta alla presentazione nella lussuosa cornice del Salone d’onore del CONI. Nelle parole con cui Malagò apre il capitolo dedicato a “Nostra Signora di Lillehammer” c’è affetto e c’è ammirazione. C’è “un’amicizia da compagno di banco” perché Manuela “è una che sa quello che vuole. Perché è una che si prepara. Perché è una che non molla. Perché è una che sa aprire le strade. Sui monti e nella vita”.

Manuela è una delle diciassette donne che ha accettato di aprirsi e di raccontarsi a Nicoletta Melone, coautrice del libro e curatrice della rubrica “Donne & sport” che Malagò tiene sul settimanale A. Per sua stessa ammissione, Nicoletta non conosceva nessuna delle atlete che ha poi intervistato. Ma la sua esperienza nel raccontare le storie di donne consegna al racconto lo spessore e l’intensità della vita che si realizza attraverso lo sport.

Uno spessore che diventa tanto più importante quando si aggiunge una terza dimensione, quando la donna è atleta e disabile. Sono quattro le atlete di punta del movimento paralimpico presenti nel libro: Annalisa Minetti, Francesca Porcellato, Paola Protopapa e Giusy Versace. Se la Minetti e la Versace, per ragioni extra-sportive, erano già note al pubblico, Francesca Porcellato è una scoperta, per gli autori e per i lettori. Nonostante le undici medaglie olimpiche vinte, 10 ai Giochi estivi e una in quelli invernali.

«Mi piace che venga raccontata la mia storia» dice, «perché non sempre viene data attenzione al percorso che porta ai podi e alle vittorie. Un percorso fatto di convinzione, di obiettivi, di sogni, di cadute e di rialzate. Io mi alleno sei ore al giorno. Ed è importante poter trasmettere questo messaggio: le medaglie non piovono dal cielo». A loro, alle atlete italiane disabili, Malagò devolverà interamente tutti i suoi proventi della vendita del libro. Un’occasione, ha spiegato Luca Pancalli, presidente del Comitato paralimpico, «per trarre da questo libro, dalle storie di queste donne straordinarie, un’occasione di riflessione in materia di politica sportiva. E insieme per eliminare, per dematerializzare l’eccessiva categorizzazione che accompagna lo sport paralimpico, ancor di più al femminile».

Nel libro c’è il meglio dello sport italiano: Tania Cagnotto, Deborah Compagnoni, Giulia Conti e Giovanna Micol, Antonella Del Core, Josefa Idem, Carolina Kostner, Federica Pellegrini, Flavia Pennetta, Francesca Piccinini, Alessandra Sensini, Valentina Vezzali. Esempi fulgidi della rivoluzione, del sorpasso di qualità che si è avuto nel recente passato in Italia: “L’elite del nostro sport” scriveva Candido Cannavò, “è donna”.

I numeri, snocciolati dal segretario generale del CONI Raffaele Pagnozzi, sostanziano e rafforzano il concetto. «Ai Giochi di Barcellona ‘92, le donne rappresentavano il 20% della delegazione e hanno vinto una medaglia su 4. A Pechino c’è stato il pareggio in termini di numero di partecipanti e di ori; sul totale, le donne hanno conquistato il 40% delle medaglie».

Ma il sorpasso lo si vede anche dai dettagli. «E’ donna l’atleta con più medaglie alle Olimpiadi invernali (Stefania Belmondo). È donna l’atleta con più medaglie olimpiche nella vela (Alessandra Sensini). Nessuno ha vinto più medaglie olimpiche di Valentina Vezzali e Giovanna Trillini. Nessuno ha partecipato a più edizioni delle Olimpiadi di Josefa Idem. Una donna ha il record di atleta più giovane ai Giochi (Luciana Marcellini) e di medagliata più giovane (Elena Gigli). Solo una donna nella storia dello sport Italiano ha vinto l’oro firmando anche il nuovo record del mondo (Federica Pellegrini)».

In più l’Italia ha avuto tre portabandiera donne alle Olimpiadi estive (Miranda Cicognani a Helsinki nel ‘52, Sara Simeoni a Los Angeles 1984 e Giovanna Trillini ad Atlanta 096). Solo gli Usa (4) ne hanno avute di più. E ai Giochi invernali è sempre stata scelta una donna da Lillehammer ‘92 a Torino 2006.

Sono tutte storie di punti di arrivo, storie di percorsi culminati in un happy ending. Ma sono tutte storie scritte per chi ancora deve arrivare, o per chi magari quel percorso lo deve ancora iniziare. Ha ragione, concedetemelo, Manuela Di Centa quando conclude che «c’è ancora molto da fare», che «non ci dovrebbe essere una giornata delle donne da celebrare. Ma bisognerebbe insistere perché i giovani, fin da piccoli, vengano educati a sentire che uomini e donne sono uguali. E invece sono troppe le competizioni, ai livelli più bassi, in cui, ad esempio, i premi per gli uomini sono superiori, a volte doppi, di quelli per le donne».

Autore: GIOVANNI MALAGÒ, NICOLETTA MELONE

Titolo: STORIE DI SPORT, STORIE DI DONNE

Editore: RIZZOLI

Collana: DI TUTTO DI PIÙ

Pagine: 324

Prezzo: 19,00 EURO

“Storie di sport, storie di donne” - Flavia Pennetta
Offriamo ai lettori di Ubitennis un piccolo estratto del capitolo dedicato a Flavia Pennetta. “La leggenda di Nicola Pietrangeli e Adriano Panatta resterà per sempre, ma siamo noi, adesso, ad aver dato una smossa al tennis”.

Non andate a letto con Flavia Pennetta. Vi fa un occhio nero: di notte, picchia. Mena racchettate. “Mi scatta il braccio nel sonno e sblam, certi colpi in faccia...”. (…) Occhi scuri, chignon, pelle ambrata: dopo tanti anni tra Maiorca e Barcellona Flavia Pennetta ha preso l’accento spagnolo. Sembra una ballerina di flamenco in gonnellino da tennis. (…) Racconta di un’infanzia passata a bordo campo, a giocare con la terra rossa come fosse sabbia, le magliette bianche perennemente macchiate (…). “A 14 anni ho lasciato la famiglia e sono andata a vivere a Roma, al centro federale dell’Acquacetosa. Certo mi sono persa delle cose dell’infanzia, ma ne ho avute altre che ragazzi della mia età si sognavano (...)”.

Flavia racconta della storia con Moya, delle difficoltà e delle risalite. “Anche il tatuaggio portafortuna, tre M sul polso, avrà fatto la sua parte. “Nel 2007 dopo la rottura con Carlos, le mie amiche per tirarmi su il morale mi hanno tappezzato la casa di foto con la scritta ‘Flavia la Meior del Mundo Mondiale’: non significa niente, ma suonava incoraggiante”. Flavia ride di Valentino Rossi (“che è una frana ma con cui giocherebbe volentieri un doppio misto”), racconta l’amicizia con Gisela Dulko e “dipinge l’affresco di un mondo dorato e un po’ viziato, di uno sport più ricco rispetto agli altri”. Nega la love story con Starace e le voci su Francesca Schiavone: “Francesca gay? Per me neanche per sogno. Dopo scherzando le ho detto: ‘Frà, convochiamo una conferenza stampa e diciamo che io e te siamo fidanzate. Impazziscono tutti”.

Alessandro Mastroluca

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