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23/03/2012 13:30 CEST - Atp Miami

Il primo graffio di "Gattone" Mecir

TENNIS - Nel 1987 il torneo di Miami trovò la sua sede definitiva sull’isola Key Biscayne: ad inaugurarla fu il più grande trionfo in carriera di Miroslav Mecir, che confuse Ivan Lendl e lo battè in tre set. Luca Pasta

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Se venticinque anni fa circa si fosse chiesto ad un appassionato di tennis del torneo di Miami, non è così sicuro che avrebbe saputo rispondere. Ma se gli fosse stato chiesto del Lipton, avrebbe quasi certamente risposto: “Ah, certo, il Lipton International, il grande torneo che si tiene in Florida a febbraio-marzo, nel quale si gioca tre set su cinque fin dal primo turno e bisogna vincere 7 incontri per trionfare, insomma quel torneo che vorrebbe essere il quinto slam”. Ebbene è proprio così, questi furono gli esordi del torneo di Miami. Un grande torneo che ambiva ad essere considerato il quinto “major” della stagione, con un tabellone formato Grande Slam e con un sodalizio indovinato e forte con il main sponsor che durò parecchio, al punto tale da portare tutti ad identificare la manifestazione con il nome di quest’ultimo (caso rarissimo nel tennis).

Dopo aver girovagato nell’hinterland settentrionale di Miami, con la prima edizione nel 1985 a Delray Beach e la seconda nel 1986 a Boca West, nel 1987 la manifestazione sbarcò (ed è proprio il caso di dirlo trattandosi di un’isola) a Key Biscayne, in mezzo al mare, di fronte alla città. Il torneo aveva trovato quella che ancora oggi è rimasta la sua sede. La splendida location fu salutata da un’edizione del torneo molto interessante, che merita di essere raccontata. Tra le donne, l’irresistibile freschezza di quel giovane fenomeno tedesco chiamato Steffi Graf annichilì nella sua terra la grande signora decadente del tennis, Chris Evert. Ma concentriamoci sul torneo maschile. In quel periodo post-McEnroniano, dominato dal sovrano assoluto Ivan Lendl contornato dal vicerè Mats Wilander e dagli ambiziosi signorotti volleatori Stefan Edberg e Boris Becker, aveva cominciato da qualche anno a farsi vedere anche uno strano tipo, uno slovacco alto e magro; questo tizio bislacco era davvero un giocatore molto diverso dagli altri: non esprimeva per nulla potenza, eppure la sua palla camminava veloce, era penetrante; si trattava dello stupefacente risultato di un talento raro, di un’eccezionale fluidità nel colpire, di una leggerezza sublime, di un senso geometrico meraviglioso, di una souplesse intangibile eppur evidente che porterà il grande Clerici a chiamarlo “Gattone” perchè egli, come un gatto, si muoveva leggero e felpato sul terreno. Apparentemente senza sforzo, Miroslav Mecir, questo il nome del tizio, disegnava il campo, soprattutto con il rovescio bimane e la sua raffinata sensibilità, trovando angoli inimmaginabili.

Calandoci in quella prima parte di 1987, si tratta di un periodo in cui lo slovacco appare toccato dalla grazia: ha già vinto due titoli, ed a Key Byscayne si libera di Motta, Yzaga, Arias e Zivojinovic perdendo un solo set con il bombardiere serbo; nei quarti neppure Stefan Edberg fresco campione d’Australia può nulla e viene piegato in quattro set, mentre in semifinale anche la fortuna aiuta Mecir che usufruisce del ritiro di Noah sul 7-5 5-1 in suo favore.

Ad aspettarlo nella finale del Lipton, il numero uno del mondo Ivan Lendl, che ha però cominciato zoppicando la stagione, battutto in semifinale da Cash sull’indigesta erba australe. Lendl, reduce da una dura battaglia con l’eterno Connors in semifinale, non è al meglio dopo un problema al ginocchio sinistro sorto nel secondo turno, ma nel settembre del 1986 ha pur sempre macinato il connazionale nella finale di Flushing Meadows. Nel primo set, dopo un break per parte, sul 5-5 è un Lendl nervoso ed autore di molti errori gratuiti a crollare ed a cedere il servizio con due doppi falli. Mecir conferma il break e vince il set, 7-5. Nel secondo sono addirittura due i break che Lendl subisce, e con essi il 6-2. Il pubblico, assiepato sulle strutture tubolari del provvisorio centrale, è esterrefatto ed entusiasta al tempo stesso. Sempre più, alla rabbia, agli errori, ai lamenti di Lendl che riguardano il pubblico, le chiamate, l’ambiente, i microfoni, fa da contraltare la calma composta dello slovacco.

Sembra quasi che Gattone si diverta ad irridere il più illustre compatriota e ad aggravarne la precaria condizione facendolo correre senza pietà: ecco "lo scambio" del match, davvero incredibile Mecir, e pubblico in delirio! Nel terzo set Lendl riparte furioso con un break nel secondo game, ma la giornata è segnata per lui: contro break al settimo gioco e nuovo break decisivo di Mecir nell’undicesimo game. Nel dodicesimo gioco, l’irriducibile Lendl annulla due matchpoint, ma cede al terzo con un rovescio largo. Dopo 2 ore e 35 minuti, la finale di Key Biscayne 1987 è terminata, Mecir trionfa vincendo l’unica partita ufficiale contro Lendl in carriera.

Alla fine nel bilancio degli head to head risulterà soccombere per 1-5 e 0-2 nelle finali degli Slam, ma rimarrà questa vittoria come punta di diamante di un magico 1987 che lo vedrà vincere ben 6 titoli tra i quali spicca l’altra perla della sua carriera, il Masters WCT di Dallas, vinto in aprile battendo Supermac in finale, anche se dovrà in seguito piegarsi alla voglia di rivalsa dell’implacabile Lendl nella finale di Amburgo e nella semifinale di Roland Garros.

Gattone negli anni successivi regalerà ancora momenti indimenticabili, come l’eccezionale semifinale di Wimbledon 1988 in cui era avanti di due set contro il futuro campione Stefan Edberg, vincerà ancora il primo oro olimpico in occasione del rientro ufficiale del tennis a Seul 1988 ed un ultimo grande titolo nel 1989 ad Indian Wells, ma si dovrà arrendere ai gravi problemi alla schiena nel 1990, triste destino che Lendl condividerà 4 anni più tardi.

Una fine di carriera simile, per due giocatori invece tanto diversi: l’uomo che ha dominato il tennis degli anni ottanta, il perfezionista che nulla lasciava al caso, il mostro di volontà che divenne “amerikano” e poi golfista da una parte, il mite, disincantato, talentuoso ed appassionato di pesca slovacco rimasto fedele alla patria dall’altra, due figli di una stessa nazione le cui due componenti presero poi, proprio come i loro due figli tennistici, strade diverse.

Rimangono a noi le immagini del suo ineffabile e sottile talento, che particolarmente brillò in quel 23 febbraio 1987, una data che probabilmente occupa tuttora un posto speciale nei ricordi della carriera e, forse, della vita di Miroslav Mecir.

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Luca Pasta

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