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27/03/2012 15:19 CEST - LA RIFLESSIONE

Non è un paese per giovani

TENNIS - Il mondo del tennis è molto cambiato: se un tempo juniores come Becker e Chang vincevano Slam, ora i giovanissimi fanno molta fatica ad emergere in un tennis sempre più fisico e tecnologico. Ubaldo Scanagatta

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“Il giorno in cui Boris Becker ha vinto Wimbledon a 17 anni e 7 mesi, i tornei juniores sono diventati meno importanti”.

Questo scrisse 27 anni fa, e come sempre senza usare perifrasi di circostanza, il giornalista di tennis allora più autorevole in Italia, Rino Tommasi sulla Gazzetta dello Sport.

Era appena accaduto, ai primi di luglio del 1985, che battendo il sudafricano Kevin Curren il Pel di Carota tedesco di Leimen celebrasse il primo dei suoi tre trionfi (1985-1986, 1989) wimbledoniani. Nel secondo avrebbe sconfitto Lendl, nel terzo Edberg.

Ma per l’appunto, proprio in quello stesso anno del primo exploit beckeriano, due ragazzi italiani, Claudio Pistolesi, tre mesi più vecchio di Boris e Laura Garrone, una settimana più dello stesso Boom Boom, conquistarono il titolo mondiale junior.

“Aho che jella, avessi vinto l’anno prima avrei conquistato i titoli su tutti i giornali! Invece quella vittoria di Becker ha…ammazzato la mia” si è sempre lamentato, scherzandoci su, il buon Pistolesi, romano de Roma.

La frase scritta da Tommasi e quasi scolpita nel piombo della linotype aveva una sua ragion d’essere, perché non solo Becker aveva vinto il torneo più importante e prestigioso del mondo del tennis, ma anche perché tutti i più forti under 18 di quel tempo avevano preso l’abitudine di disertare le competizioni junior.

Non tutti potevano permettersi di vincere gli Slam e i più grandi tornei, ma erano almeno una dozzina, i migliori al mondo appunto, quelli che riuscivano a ben figurare anche nei tornei degli…adulti. Svalutando, di fatto, il valore dei tornei junior.

Già prima di Boris c’era stato il “nipotino svedese” di Bjorn Borg, Mats Wilander, anche lui diciassettenne, ad imporsi nel 1982 in un altro torneo dello Slam, il prestigioso Roland Garros, il Campionato del mondo sulla terra rossa.

E in quello stesso decennio, nel 1989, ecco che un cinesino di 17 anni e 2 mesi e trapiantanto nel New Jersey, Michelino Chang, ingurgitando una banana dopo l’altra ai cambi di campo per scongiurare i crampi, avrebbe ripetuto l’exploit di Wilander riuscendo a battere prima Ivan Lendl negli ottavi al termine di un match epico ed indimenticabile (probabilmente il più sorprendente della storia del torneo, con Chang che fece letteralmente impazzire il tennista ceco, servendo perfino dal sotto) e poi Stefan Edberg in finale, all’indomani della vittoria di un’altra junior, la diciassettenne Arantxa Sanchez su Steffi Graf.

Fra le donne, molto più che fra gli uomini per i motivi che accennerò poi, le junior avevano dimostrato di sapersi far valere anche nei tornei delle più grandi. Già all’inizio degli anni ’70 con Tracy Austin avevano colto i primi Slam. Ma avrebbero continuato a mietere successi nei Majors, senza alcun complesso nei confronti delle tenniste più anziane ed affermate, anche altre ragazze straordinarie come Monica Seles prima e Martina Hingis poi, ricalcando così le orme di Austin e Sanchez. Mentre Jennifer Capriati, appena sedicenne, conquistò la medaglia d’oro ai Giochi di Barcellona 1992 sorprendendo la favorita Steffi Graf.

Ma anche le considerazioni tecnicamente e anagraficamente corrette di Tommasi si sono rivelate, con il passare degli anni, anacronistiche. Ciò che era giusto, sacrosanto, pensare fino all’inizio degli anni ’90 per gli uomini, con Pete Sampras che vinse il suo primo US open a 19 anni, e fino all’avvio del terzo millennio con le ragazze, non è più stato tale dopo.

Il tennis è profondamente cambiato. Non dico che sia cambiato in meglio. Sono cambiate le racchette. Tramontato il legno già all’epoca della Wilson T2000 di Connors e dell’Head Ashe Competition di Ash a metà anni Settanta, i materiali sono diventati sempre più performanti. I servizi che facevano paura, tipo quello di Colin Dibley o di Roscoe Tanner che battevano a 173 km orari, oggi vengono tranquillamente superati anche dalle ragazze. E non solamente dalle sorellone Williams che, con l’olandesona Brenda Schultz, sono state tra le prime a superare il muro dei 200 km l’ora.

Queste racchette fabbricate con fibre adatte alle missioni aerospaziali sono capaci di far partire palle-traccianti che paiono missili: Roddick, Karlovic, Isner, Olivetti (sì, c’è un francese ancora non troppo noto che si chiama così ed alto 2 metri e 02, 4 cm meno di Isner, 6 cm meno di Karlovic) sono capaci di servire cannon-balls a velocità superiori ai 250 km l’ora!

Il tennis è diventato power-tennis, giocare di tocco è diventato purtroppo sempre più improbo, quasi impossibile. Come fai a controllare bombe del genere, a giocare una smorzata se la palla ti arriva a 300 l’ora? E allora ragazzi dal fisico ancora non pienamente sviluppato non possono umanamente essere competitivi nei confronti di giocatori ipermuscolati. Gli juniores appunto.

Le donne hanno resistito di più, perché prima dell’avvento delle Williams, della Davenport (1m e 88) e delle russe alte quanto lei (la Sharapova, la Petrova), anche uno scricciolino d’un metro e sessantasei come Justine Henin, e prima di lei come Martina Hingis, poteva opporsi con il puro talento e la classe a giocatrici molto più nerborute e possenti.

Ma fra gli uomini no. Per questo dai tempi di Sampras, Agassi, Chang e Courier, non ci sono stati praticamente juniores in grado di competere ad alto livello. E non si dice con i top-ten, ma con i top 100!

Ricordo bene che qualche anno fa l’attuale n.1 del mondo, il serbo Novak Djokovic, fu l’unico teenager a chiudere l’anno nel ranking mondiale fra i primi 100 del mondo. Nato il 22 maggio 1987, chiuse il 2005 a n.83 Atp perché riuscì a giocare 22 partite nel circuito Atp, vincendo 11 partite e perdendone altrettante. All’età corrispondente a quella in cui Becker vinse Wimbledon, Djokovic era n.187. E Djokovic, come si intravide già allora e sappiamo tutti oggi, era certo un fenomeno.

Il suo coetaneo Andy Murray, più vecchio esattamente di una settimana (15 maggio 1987), all’età di Becker, cioè nel 2004, era n.517. Ciò anche se l’anno dopo passò in tromba davanti a Djokovic, chiudendo il 2005 a n.65 perché vinse 14 partite su 24 nel circuito Atp.

Del resto il segnale più evidente che i tempi sono cambiati dacchè la frase di Tommasi era più che giustificata, e che i tornei juniores sono ritornati ad essere importanti, cioè a rivelare nomi degni di imporsi poi sulla scena mondiale professionistica, lo dimostra la storia del giocatore che secondo molti è forse il più forte di tutti i tempi: Roger Federer, campione di 16 Slams (fra cui 6 Wimbledon), di 72 tornei fra cui 19 Masters 1000.

Aveva gli anni di Becker campione a Wimbledon, Roger Federer, quando vinse alla Cascine il torneo pasquale del CT Firenze nel 1998. E chiuse quell’anno, nonostante lo straordinario talento di cui tutti si resero subito conto, a n.302 del mondo!!! Becker aveva chiuso il suo 1985 a n. 6.

Capito la differenza? Eppure erano trascorsi solo 13 anni. Ma il tennis era già profondamente cambiato. E oggi lo è ancora di più.

Federer è stato, per l’albo d’oro del torneo di Firenze, il più prezioso fiore all’occhiello, un po’ come lo sono Capriati, Hingis, Mauresmo, Martinez fra le ragazze…con la nostra Sara Errani che nel 2004 qui perse in finale e oggi è la tennista azzurra che sta facendo i migliori risultati.

Oggi come oggi una dei più grossi “prospect” del tennis mondiale viene considerato il bulgaro Dimitrov, che si dice giochi un po’ come il Federer d’una volta - pagherebbe! - ma è nato il 16 maggio del 1991. Ha quindi già quasi 21 anni e ancora non è riuscito a entrare fra i primi 50 del mondo.

Insomma, questo lungo excursus dai tempi di Becker a oggi, per dire che un torneo junior oggi può davvero offrire agli appassionati una vetrina e un’anteprima su tennisti e tenniste che fra qualche anno potrebbero tranquillamente essere i primissimi del mondo. Improvvisatevi talent-scout e vedete un po’ se intravedete il Federer, la Mauresmo del futuro. Magari fossero italiani. Dopo 35 anni di buio, ve lo meritereste voi, me lo meriterei un pochino anch’io che ho dedicato una vita al tennis. Il mio sito, Ubitennis.com, invece di aver 4 milioni e mezzo di visite l’anno, ne avrebbe almeno il doppio!

Ubaldo Scanagatta

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