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31/03/2012 16:33 CEST - Atp Miami

Nole Djokovic raggiunge Murray

TENNIS - Djokovic supera in due set Monaco, che nel secondo set ha dato tutto ed ha per lunghi tratti tenuto testa al n.1 del mondo. Sarà dunque Djokovic-Murray la finale. Da Miami, Vanni Gibertini

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Djokovic b. Monaco 6-0, 7-6(5)

Finisce in semifinale la splendida corsa di Juan Monaco in questo Sony Ericcson open, dove si deve inchinare al n.1 del mondo dopo una partita che nel secondo set è stata molto combattuta ed ha regalato buon tennis ed emozioni. Il livello di gioco non è stato all’altezza del match tra Djokovic e Ferrer di 24 ore prima, ma il numeroso pubblico accorso a Crandon Park in questo inizio di weekend ha avuto sicuramente di che divertirsi.
L’andamento del punteggio e, per certi versi, anche del gioco, ha ricalcato in maniera molto simile il quarto di finale di giovedì sera: primo set totalmente dominato da Djokovic, ed un secondo set nel quale il serbo ha avuto occasioni per ammazzare la partita, ma è stato costretto al tie-break da alcune sue incertezze e da un avversario mai domo, che però non ha trovato il guizzo finale per portare il match al terzo set.

Il primo parziale, come detto è una vera e propria mattanza: 6-0 in 27 minuti. Il computo dei punti recita un 24 a 8 per Nole, compresi tre servizi vincenti di Monaco e due doppi falli di Djokovic: negli scambi da fondo, non c’è veramente gara. L’argentino cerca di impostare la partita come aveva fatto Ferrer nel secondo set, ovvero sugli scambi ad alta velocità da fondo, ma Nole questa sera sbaglia meno, e Monaco non è Ferrer. Il pubblico sembra ammutolito nei primi quattro game, anche perché l’anello più basso è semivuoto con molti spettatori bloccati sulla Rickenbacker Causeway nel traffico del venerdì sera. Anche i numerosi tifosi argentini presenti soprattutto nei “popolari” sembrano tramortiti da una partenza così clinicamente brutale da parte del n.1 del mondo, e solamente sullo 0-4 intonano un coro da stadio per inneggiare il loro “Pico”.

Monaco cambia racchetta sullo 0-5, dopo che si era lamentato ripetutamente di diversi errori gratuiti. Visto che il confronto a pallate genera perdite consistenti, il tandilese prova a rallentare il ritmo per togliere un po’ di peso dalla palla e costringere Djokovic a spingere da solo se vuole andare in progressione, ma la sua irregolarità, soprattutto con il diritto, lo condanna spesso alla perdita dello scambio.

All’inizio del secondo set Monaco salva due palle break in apertura che hanno il sapore di mini-match point, ma anche grazie ad un game di risposta sub-standard da parte di Djokovic, rimane in linea di galleggiamento. Il break arriva comunque al quinto gioco, e quando il serbo si porta in vantaggio per 4-2 sono in pochi a scommettere sulle chance di Monaco di rientrare nel match, anche perché fino a quel momento Nole ha concesso solamente le briciole sui suoi turni di battuta (5 punti in 5 turni di battuta). Ma poco a poco il match inizia a girare, Djokovic non è più così mortifero sul suo servizio quando per tre volte consecutive si inguaia pesantemente: per tre volte consecutive va 0-30, e due di queste volte si trova persino 0-40. Nei primi due game si salva con grande maestria mettendo a segno vincenti da grande campione quale è, ma proprio quando serve per il match, sul 5-4, un doppio fallo ed un errore gratuito rimettono la partita in parità, nonostante fosse riuscito a risalire da 0-40.
Gli scambi ora sono mozzafiato, la stanchezza comincia a farsi sentire: il set dura ormai da quasi un’ora e venti minuti (alla fine sarà 1 ora e 37, uno dei più lunghi cui abbiamo mai assistito sul cemento), spesso è Monaco a finire prima l’ossigeno, ma l’argentino si batte come un leone, punge con la battuta e mette a segno uno dei suoi magnifici pallonetti che costringe Nole all’errore.
Si arriva al tie-break, che a differenza di quanto era accaduto nel quarto di finale Djokovic-Ferrer non è a senso unico, ma si combatte punto a punto. Il primo minibreak è per Nole sul 4-3; il serbo arriva a servire per il match sul 6-4 ma spedisce malamente un diritto in rete. Tuttavia sul punto successivo è Monaco a spedire lungo il diritto che dopo 2 ore e 3 minuti regala la finale a Djokovic.

Credo di aver giocato molto bene all’inizio della partita – ha detto il serbo immediatamente dopo la fine del match – giocando molto aggressivo, tirando i miei colpi, ma come era successo ieri non sono riuscito a chiudere la partita. Ho fatto errori gratuiti che l’hanno aiutato a tornare nel match, ma alla fine fortunatamente sono riuscito a chiudere in due set. Credo però che sia stata una bella partita e che la gente si sia divertita”.
Parlando della finale di domenica con Andy Murray, il campione uscente ammette che sarà una battaglia dura: “Andy è un grande giocatore, mi ha battuto nella finale di questo torneo nel 2009, è rimasto consistentemente nei primi quattro del mondo durante gli ultimi anni, e si trova molto bene su questi campi. Abbiamo un gioco abbastanza simile, siamo coetanei per cui siamo quasi cresciuti assieme e ci conosciamo molto bene. Credo sarà un bel match”.

Anche più di mezz’ora dopo la conclusione dell’incontro, Monaco non riesce a scrollarsi di dosso le brutte sensazioni del “bagel” subito nel primo set: “Lui è entrato in campo giocando davvero come il n.1, spazzandomi letteralmente via. Mi è costato moltissimo superare la perdita del set in quella maniera, ma nel secondo parziale credo che il match sia stato sostanzialmente pari, anche se lui alla fine ha giocato da grande campione in alcuni punti importanti. La sua palla va molto più veloce di quella della maggior parte degli altri, ha grandi doti difensive, rimanda tutto, si muove benissimo e riesce ad anticipare la palla come pochi”.
“Dal mio punto di vista sono molto contento della semifinale raggiunta in questo torneo, so che posso competere con i migliori. Il cammino per arrivare nei top 10 è lungo, ma non vedo più l’obiettivo così lontano come prima. Certo, mi manca ancora l’esperienza di giocare tante partite come questa, ma se riesco a rimanere in salute, la strada è quella giusta
”.

 

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Vanni Gibertini

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